di Fulvio Scaglione Rostislav Ishchenko, ucraino di nascita e russo d’adozione, è uno dei politologi più puntuti di Russia. Molto ascoltato, spesso intervistato da radio, Tv e giornali, ha il pregio di parlar chiaro e diretto. Questa intervista, che racconta il punto di vista di Mosca sulle questioni internazionali, sugli Usa e sulla Ue tra gli altri, lo conferma in pieno.
Come valuta i primi contatti tra l’amministrazione Biden e il Cremlino? Toni duri da un lato (per esempio il “caso Navalny”), dall’altro l’accordo sul controllo degli armamenti …
“Negli Usa, con Joe Biden, di fatto è tornata al potere l’amministrazione Obama. Non sorprende quindi che il nuovo Presidente, essendosi proposto di “correggere gli errori di Trump”, abbia deciso di non eliminare tutti i trattati sul controllo degli armamenti e di conservare il Trattato START-3 che a suo tempo, tra l’altro, era stato firmato proprio da Obama. E poi gli Usa hanno accumulato un forte ritardo rispetto alla Russia nel settore delle armi strategiche non nucleari. I limiti alla dotazione di armi nucleari che, attraverso i trattati, sono stati accettati sia dalla Russia sia dagli Usa, consentono a Washington di sperare in una sorta di parità strategica. Ma a lungo (e anche a medio) termine queste speranze non hanno fondamento, non sopravviveranno ai quattro anni della presidenza Biden. Per quanto riguarda più in generale i rapporti tra Usa e Russia, Washington ha perso la possibilità di esercitare una vera pressione sulla Russia già ai tempi di Trump. Nel 2019 il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, in una comunicazione al Congresso, riconobbe che l’introduzione di altre sanzioni contro la Russia era priva di senso, poiché quelle già imposte avevano portato a un risultato opposto alle attese, cioè avevano spinto l’economia russa a diventare autosufficiente. Della questione militare abbiamo già detto, e l’opposizione filo-occidentale all’interno della Russia è marginale e non è sostenuta dalla stragrande maggioranza della popolazione. Allo stesso tempo, Biden non può abbandonare la tradizionale retorica americana sulla Russia. Questo è diventato un elemento della politica interna degli Usa, non più di quella estera. Nel mondo ormai quasi nessuno crede che l’egemonia americana possa tornare ai fasti di un tempo. Ma è necessario che almeno gli americani ci credano. In conclusione: la Casa Bianca dirà molte cose ma nessuno al Cremlino starà a sentire”.
I toni duri nei confronti della Russia servono a Biden solo a distinguersi da Donald Trump o rispondono a una reale convinzione politica?
“Non vedo, sotto questo aspetto, grandi differenze tra Trump e Biden. Certo, Trump diceva di voler andare d’accordo con la Russia ma alle sue condizioni, che erano inaccettabili per il Cremlino. In realtà, le dichiarazioni e le decisioni di Trump sulle questioni più sensibili per la Russia (come, ad esempio, il gasdotto Nord Stream 2) sono state molto più dure e aggressive di quelle dell’amministrazione Obama”.
In caso di inasprimento dei rapporti, quale sarà il terreno di confronto? La Siria, dove gli Usa hanno appena aumentato la presenza militare? L’Artico? Il mercato del gas e del petrolio?
“Penso che gli Usa cercheranno di tornare in Medio Oriente. Il dominio del Medio Oriente permette di controllare la maggior parte delle rotte commerciali che uniscono l’Asia all’Europa. E conservare la tutela sull’Europa per gli Stati Uniti è indispensabile per sopravvivere come attore globale decisivo e non ridursi al ruolo di leader dell’America del Nord. È chiaro che questo tipo di strategia implica anche il controllo delle rotte marittime nei mari del Nord, la via alternativa per collegare l’Europa all’Asia. A oggi, però, gli Stati Uniti non hanno i mezzi tecnici (mancano, per esempio, di rompighiaccio e di navi adatte alle rotte artiche) per condurre una politica attiva nell’Artico, e non hanno le risorse né la base tecnologica per ridurre in fretta il divario. Quindi penso che prima gli Stati Uniti si concentreranno sul Medio Oriente, senza il quale la lotta per l’Artico perde ogni significato. E poi, se riusciranno a consolidare le loro posizioni, cercheranno di diventare più attivi anche nell’Artico”.
Come valuta le relazioni tra Russia e UE? L’esito infelice della visita a Mosca di Josep Borrell, alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, ha fatto scalpore…
“Per dirla in breve: la Russia non farà alcuno sforzo per convincere la UE a costruire normali relazioni. Mosca ha delle alternative alla cooperazione economica e politica con l’Unione Europea ed è pronta a interrompere i rapporti con la UE (non con i singoli Paesi della Ue), anche se non farà la prima mossa. La palla ora è nel campo dell’Europa. Può prendere qualsiasi decisione, ma la Russia deciderà la politica estera e le relazioni commerciali ed economiche partendo dal proprio interesse, senza badare alle opinioni altrui, senza scusarsi con nessuno”.
Qual è, secondo lei, l’immagine dell’UE al Cremlino?
“L’UE è considerata un partner inaffidabile, capace di crollare in qualsiasi momento sotto la pressione degli Stati Uniti e per questo ad agire in contrasto con i propri interessi e a violare i propri obblighi”.
Quali sono le possibilità di integrazione dell’Ucraina nella UE e nella NATO?
“Il buon senso direbbe: nessuna. La UE e la NATO ottengono dall’Ucraina tutto ciò che vogliono anche senza l’adesione, perché dovrebbero gravarsi di obblighi formali? Tuttavia, negli ultimi tempi, i circoli di governo degli Stati Uniti e della UE sono sempre meno guidati dal pragmatismo e sempre più da ciò che conta per le loro esigenze politiche interne. C’è dunque una possibilità che gli Stati Uniti possano provare un certo gusto a far entrare l’Ucraina nella Nato. L’Alleanza Atlantica, però, ha già molti problemi, diversi suoi membri (Turchia, Francia, Grecia) si minacciano con le armi. L’Ucraina porterebbe con sé questioni complesse e forse irrisolvibili”.
Ucraina, Bielorussia, Armenia-Azerbaigian … per la Russia sembra sempre più difficile difendere i propri interessi nel cosiddetto “estero vicino”. È una fase critica o è un processo irreversibile?
“Nel Caucaso la Russia difende i propri interessi in modo abbastanza efficace e sicuro. A Occidente (Ucraina, Moldavia, Baltici) invece, le possibilità per la Russia sono limitate dagli interessi delle élite locali che sognano di far parte dell’Occidente. Gli spazi politici di qualunque forza il cui programma implichi un riavvicinamento, anche solo economico, con la Russia vengono subito limitati, la diplomazia e i servizi di intelligence occidentali fanno il resto. Il risultato è deprimente: questi Paesi si stanno autodistruggendo. Pertanto, la penetrazione dell’Occidente non danneggia tanto la Russia quanto il potenziale locale. E lascia l’Occidente stesso con una malinconica alternativa: o prende su di sé per intero il destino di questi Paesi (l’Ucraina oggi può provvedere a non più di un terzo del proprio budget), o ammette il fallimento della propria politica. La Russia deve solo aspettare il momento in cui i popoli di questi Paesi, delusi dalla “scelta europea”, costringeranno i loro politici a cambiare rotta”.
E la Bielorussia?
“Qui c’è un problema con Lukashenko, che ha creato un sistema politico-economico che non può sopravvivere senza un costante aiuto dall’esterno. Per molto tempo il trucco ha funzionato, perché la Russia era debole, aveva bisogno di qualche alleato verso Ovest e così si adattava a sostenere l’economia bielorussa. Poi, però, la situazione geopolitica è cambiata e Lukashenko è stato costretto a scegliere: sostenere tutte le iniziative di Mosca o perdere il suo supporto. Lui ha cercato di spaventare Mosca con una virata verso Occidente, Mosca non ha tremato e Lukashenko si è ritrovato con la rivolta in casa. Ora Lukashenko non piace più né alla Russia né all’Occidente, e la sua politica raccoglie le critiche di una parte sempre crescente della popolazione. Però non vuole andarsene e in due decenni e mezzo di potere assoluto ha cancellato ogni ipotesi di leader alternativi. La Bielorussia è in un vicolo cieco e le cose possono davvero finire male”.
Quale ruolo svolgeranno Paesi come i Baltici, la Polonia e la stessa Ucraina con la nuova amministrazione americana?
“Il loro ruolo in relazione a Mosca sarà più aggressivo di quanto la stessa amministrazione Biden vorrebbe. Le capitali dell’Europa orientale hanno capito da tempo come influenzare i Governi americani giocando la carta dell’aggressività russa. Gli Stati Uniti sono diventati ostaggio della loro disastrosa politica per l’Europa orientale, concepita solo come un mezzo per esercitare pressione sulla Russia. Mosca non ha dovuto fare altro che prender le distanze da certi Governi dell’Europa orientale, privarli delle entrate generate dal transito delle merci russe e bloccare loro l’ingresso sul mercato russo. Ora l’onere di mantenere l’Europa orientale ricade tutto sugli Usa e sulla Ue. E la Russia può aspettare con calma”.
La recente riforma costituzionale in Russia. I più, in Europa, credono che sia stata tagliata su misura sul desiderio di Putin di rimanere al potere per tutta la vita. Pochi, e io tra quelli, pensano invece che tale riforma sia una risposta alla paura di una seconda perestrojka. Cioè, a un processo di riforme necessario ma che potrebbe anche sfuggire di mano.
“Penso che Putin non volesse fare il Presidente nemmeno per un mandato, e che se ne avesse avuto la possibilità, si sarebbe ritirato da tempo a vita privata. Ma sente la responsabilità e non vuole abbandonare la sua squadra, i suoi elettori e i suoi concittadini in un momento così critico. Il sistema politico russo ha acquisito ormai una discreta solidità, ma non è ancora del tutto capace di autoregolarsi e quindi autoriprodursi. La riforma costituzionale ha stabilizzato il potere di Putin, ha calmato la società, ha disciplinato l’apparato statale. E, in generale, ha creato le condizioni per ulteriori efficaci attività di riforma”.
di Fulvio Scaglione
articolo pubblicato da L’Eco di Bergamo del 20/2/2021
analisi ineccepibile.
Mi colpisce l’ultima frase, sulla poca propensione di Putin a mantenere il potere. Mi piacerebbe capire sulla base di che ragione l’autore fa una simile affermazione.
Della Russia – e comunque di politica estera — gli italiani sanno poco, ma nelle mie conversazioni, in cui cerco di convincere i miei interlocutori che la Russia non è la dittatura zarista che si evince dai nostri giornali, spunta sempre la frasetta sul cambiamento della costituzione, ad opera di Putin, e con il solo scopo di perpetuarsi al potere. Mi piacerebbe sapere come ribattere.