Il ministero delle Finanze, diretto da Anton Siluanov, ha pubblicato il tradizionale rapporto sullo stato dell’economia russa, in questo caso per il periodo gennaio-agosto dell’anno in corso. Proviamo a esaminare qualche dato.
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Josep Borrell, alto rappresentante Ue per la politica estera e di difesa, ha ammesso che ormai l’Europa non sa più quali altre sanzioni imporre alla Russia. “Siamo agli ultimi gradini della scala”, ha detto con un’immagine efficace. Eppure, la stessa Europa che non ha esitato a ridurre drasticamente i rifornimenti dagli oleodotti e dai gasdotti russi, di fatto non ha imposto alcuna sanzione ai danni del gigantesco complesso nucleare russo. Un paradosso solo apparente: rinunciare al nucleare russo è molto, molto più difficile. E infatti, quando se ne discute nelle sedi Ue, ci sono Paesi come Francia, Bulgaria e Ungheria che immediatamente si oppongono, essendo per le loro centrali e per il loro sistema energetico conveniente mantenere il rapporto con Mosca.
di Tsvetana Paraskova Dopo una breve pausa nel periodo in cui sono entrati in vigore l’embargo dell’UE e il limite di prezzo del G7 sul greggio russo, le maggiori raffinerie statali cinesi hanno ripreso gli acquisti del greggio di punta della Russia Urals ben al di sotto del limite di 60 dollari a barile senza violare le sanzioni, hanno riferito fonti del settore a Reuters. I giganti statali della raffinazione petrolifera PetroChina e Sinopec sono tornati sul mercato per Urals e lo stanno acquistando a forti sconti tramite società commerciali che gestiscono i pagamenti agli esportatori di petrolio russi e organizzano i servizi di spedizione e assicurazione, secondo fonti di Reuters. In questo modo le principali raffinerie statali in Cina non violano i termini del meccanismo del prezzo massimo e non utilizzano nemmeno petroliere o assicurazioni occidentali, hanno aggiunto le fonti.
di Pietro Pinter Dopo la strigliata (in realtà un’ammissione di colpa) di Draghi al summit di Praga – “Abbiamo passato 7 mesi a…
di Dmitrij Dakuciaev e Nikolay Makeev La Ue ha un piano per sostituire il gas russo, ma in caso di cessazione delle forniture saranno necessarie misure di emergenza, ha affermato il commissario europeo per il Mercato interno Thierry Breton. IL Commissario ha anche elencato le alternative alle forniture di Mosca e ha fornito calcoli dei volumi di gas che possono essere sostituiti. Tuttavia, secondo i nostri esperti, questi conti non tornano: nella realtà di oggi, il gas russo è praticamente indispensabile ai Paesi del Vecchio Continente.
di Maria Michela D’Alessandro La storia si ripete, e questa volta riguarda tutti, compresi i nostri portafogli. Russia e Ucraina di nuovo una contro l’altra, mentre Europa e Stati Uniti non si limitano a guardare dagli spalti la partita, che qualcuno chiama già guerra. Non stiamo parlando di un possibile conflitto nell’Est dell’ex Repubblica sovietica, ma dell’effetto geopolitico su quello che si muove sotto i nostri piedi e viaggia nei gasdotti che tagliano il Vecchio continente. In Germania si va verso un aumento delle bollette del 60%, in Italia del 40% e in Polonia del 54%; secondo Fatih Birol, il direttore generale della Iea, l’Agenzia per l’energia dell’Ocse, a metà gennaio i depositi di metano della Ue erano pieni al 50%, quando normalmente in questi periodi erano al 70% della capacità. Birol attribuisce parte della colpa a Gazprom, la più grande compagnia russa che controlla il 16% delle riserve mondiali di gas, e il 70% di quelle in casa.
di Marsel Salikhov (Presidente dell’Istituto per l’Energia e la Finanza) Dopo aver raggiunto il record assoluto di 1.900 dollari per mille metri cubi all’inizio di ottobre, i prezzi dei futures sul gas sul mercato europeo sono scesi abbastanza rapidamente a circa mille dollari. Tuttavia, questo è ancora un livello molto alto. Il gas in Europa è ora significativamente più costoso del diesel e del propano, le alternative più costose in alcuni settori. La crisi del gas ha causato un’ondata di discussioni nello stile di “chi è la colpa” e “cosa fare”. Alcuni politici ed esperti europei tendono a vedere nella mano di Mosca la causa principale dell’attuale crisi. Allo stesso tempo, le principali speranze di un’ulteriore diminuzione dei prezzi sono associate a un aumento delle forniture da parte della Russia.