di Giuseppe Gagliano L’ 8 febbraio la Commissione per la sicurezza nazionale, la difesa e l’intelligence del Parlamento ucraino ha completato l’esame di numerosi emendamenti alla Legge sui fondamenti della resistenza nazionale. La legge proposta dal presidente Volodymyr Zelensky era stata adottata dal Parlamento nel luglio dello scorso anno ed era entrata in vigore il 1° gennaio di quest’anno. La Commissione è stato informata a lungo sulla situazione militare nell’Est del Paese dal servizio di intelligence esterno dell’Ucraina, la SZRU ; dall’intelligence militare, il GUR; dalla la guardia di frontiera, il DPSU ; e dal servizio di intelligence interno, la SBU, il 2 febbraio. Ivan Bakanov, dall’agosto 2019 direttore dell’SBU, ha partecipato di persona ai lavori, aggiornando i parlamentari sulla riforma della SBU attualmente in corso, una delle maggiori sfide della presidenza di Zelensky.
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di Roberto Favazzo Dopo diversi mesi di scetticismo da parte dell’Ucraina, la visita del presidente francese Emmanuel Macron al suo omologo Volodymyr Zelensky ha segnato il ritorno della Francia in prima linea. Da parte ucraina, le questioni sono gestite da Andriy Yermak con il supporto del nuovo arrivato nell’ufficio del presidente, Rostyslav Shurma. Il veloce viaggio di Emmanuel Macron a Kiev sembra segnare un cambio di direzione da parte del Presidente francese, che, fino ad ora, aveva rimandato la visita a Kiev. Tuttavia, la crisi russo-americana sull’Ucraina gli ha fatto cambiare idea a poco a poco. Il 26 gennaio una delegazione ucraina ha visitato Parigi; il viaggio ha fatto seguito alla partecipazione di Andriy Yermak, capo dell’amministrazione presidenziale ucraina, la Bankova, a una sessione del Formato Normandia con Russia e Germania. Guidata dal ministro dell’Economia Yulia Svyridenko, la delegazione ha cercato di rinnovare i legami commerciali tra Francia e Ucraina, danneggiati dalle dimissioni del ministro dell’Interno Arsen Avakov, che era stato il punto di contatto preferito del complesso militare-industriale francese.
C’è uno strano gioco delle parti, nella crisi ucraina che è in corso dal 2014 ma è stata scoperta, sembra, tutta d’un colpo nelle ultime settimane. La Russia chiede agli Usa e alla Nato cose palesemente impossibili da ottenere, per esempio che a Ucraina e Georgia sia comunque negato l’ingresso nella Nato. Ma quale alleanza (non solo quella Atlantica) sbarrerebbe le porte a nuovi potenziali aderenti? E quale potenza, non solo gli Usa che peraltro della Nato sono i signori, discriminerebbe tra alleati, dicendo tu e tu sì, tu e tu no? Il sospetto è che al Cremlino abbiano in mente altro e, come ha scritto Fyodor Lukyanov in un articolo che abbiamo rilanciato, il gioco di Mosca consista proprio nel farsi dire un bel no, per procedere con altre misure o per chiedere altro.
di Sascha Glaeser Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha recentemente incontrato il suo omologo ucraino Dmytro Kuleba a Washington e ha dichiarato che l’impegno degli Stati Uniti per la sicurezza e l’integrità territoriale dell’Ucraina è “ferreo”. L’incontro tra i due politici è avvenuto mentre Mosca posizionava 90 mila soldati vicino al confine ucraino, portando molti a temere che un’invasione russa su larga scala dell’Ucraina potesse essere imminente. L’Ucraina è impantanata in una guerra con la Russia e i separatisti sostenuti dalla Russia nella regione orientale del Donbas dal 2014. I commenti di Blinken sono solo l’ultimo esempio di un alto funzionario dell’amministrazione Biden che non riesce ad accettare la realtà geopolitica sul terreno.
di Olga Rudenko e Oleg Sukhov Il 13 luglio il ministro dell’Interno Arsen Avakov ha presentato una lettera di dimissioni. Ora deve essere approvata dal parlamento. La lettera di dimissioni è stata pubblicata sul sito del ministero dell’Interno. Avakov è rimasto al potere dal febbraio 2014. Ha servito sotto due presidenti e quattro primi ministri, comandando un esercito di 200 mila uomini delle forze dell’ordine. Spesso è stato descritto come il “secondo in comando” dell’Ucraina dopo il presidente Volodymyr Zelensky.
di Marco Bordoni È iniziato tutto ai primi di marzo, quando in rete sono apparsi video che ritraevano convogli militari dell’Ucraina (ad esempio qui,…
di Dan Peleschuk Da quando è entrato in carica nel 2019, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è stato spesso accusato di essere una marionetta schiava degli interessi degli oligarchi, un populista che non vuole o non può sa contrastare l’influenza russa che lacera il suo Paese. Quindi il suo recente giro di vite sui media filo-russi è stato una sorpresa per tutti. Il 2 febbraio, con pochi tratti di penna, Zelenskyj ha firmato i decreti che hanno bloccato tre televisioni filo-russe in Ucraina. La mossa era stata proposta dal Consiglio ucraino per la sicurezza e la difesa nazionale. Zelensky ha proseguito l’epurazione mediatica con un tweet in cui diceva che “l’informazione oggi è un’arma potente come i carri armati o i missili”.
Il presidente ucraino Zelensky è deciso a sciogliere la Corte Costituzionale che ha bocciato alcune delle norme anticorruzione recentemente approvate. Una Corte, dice Zelensky, “che crea il caos per denaro”. Una questione spinosa che scuote lo Stato ucraino dalle fondamenta. Ecco perché.