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Posts published in “Editoriali”

Reati in aumento nel 2020. E in Rete…

Irina Volk, portavoce del ministero degli Interni della Federazione Russa, ha diffuso alcune statistiche sulla criminalità in Russia nel periodo gennaio-novembre 2020. Nel Paese si è avuto in quel periodo un leggero aumento dei reati, pari all’1,2%, con un dato più preoccupante per i crimini, cresciuti del 17,4%. L’aumento è stato registrato in 50 degli 85 soggetti della Federazione, con la punta più negativa nella città a statuto speciale di Sebastopoli, dove i reati sono cresciuti del 40%.

Kirill: “Negare il Covid è come perdere la fede”

È andato giù piatto, il patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill, nel prendersela con i negazionisti del Covid-19. E lo ha fatto dal pulpito della cattedrale di Cristo Salvatore, a Mosca. Ovvero dal luogo che è un tempio della fede ortodossa ma anche dell’orgoglio nazionale, essendo stata ricostruita negli anni Novanta laddove sorgeva quella costruita nell’Ottocento per ringraziare il Signore della vittoria su Napoleone nel 1812.

COSI’ I MOVIMENTI DI PUTIN FINIVANO IN CHAT

Qualche giorno fa abbiamo dato conto, in queste pagine, della trascuratezza di molti ufficiali dei servizi segreti russi rispetto alle norme di sicurezza per le comunicazioni. Trascuratezza emersa in modo clamoroso nel “caso Navalnyj”. A giudicare da una recente inchiesta di BBC Russia, si tratta di un’abitudine consolidata a molti livelli. Pare infatti che anche Valerij Nikolaevic Ermakov, colonnello della Polizia e soprattutto direttore del Centro speciale per la sicurezza dei movimenti su strada (qui CSSMS) del ministero degli Interni, sia finito nei guai. Ma prima di dire perché, chiariamo di che cosa si occupa il Centro da lui diretto.

COVID, LA RUSSIA HA MENTITO? FORSE SI’, FORSE NO

di Fulvio Scaglione  Avvertenza: qui si parla male di noi e anche della Russia. Comunque… Il notizione di fine anno è stato questo: la Russia ha mentito, ha truccato i dati sui morti da Covid. Rosstat, l’istituto federale di statistica, ha reso noto che le vittime del virus sarebbero 186 mila, contro le 56 mila di cui si parlava fino a pochi giorni fa. Il triplo, insomma. Dando poi retta ai calcoli di Aleksej Raksha, demografo di Rosstat invitato a dimettersi nell’estate scorsa, i morti da Covid sarebbero addirittura 240 mila. Lui dice che nel 2020 ci sono stati in Russia 300 mila morti più che nel 2019 e che (non si sa bene in base a quale ragionamento) l’80% di questi morti in più sono dovuti al virus. Raksha aggiunge che la truffa statistica sarebbe stata organizzata per favorire la propaganda putiniana per il referendum costituzionale, in un primo tempo previsto per il 22 aprile e poi, proprio a causa del Covid, spostato al 25 giugno.

Dagli hacker onnipotenti agli avvelenatori fessi

di Fulvio Scaglione  Di quale Russia stiamo parlando? D’ora in poi bisognerà premettere questa domanda a qualunque cosa si voglia dire o scrivere. Perché è chiaro che la Russia degli hacker onnipotenti, quelli che penetrano come fosse burro anche i segreti del Pentagono o dell’agenzia atomica degli Usa (i quali proprio indietro come tecnologia non sono, e poi sono anni che la menano con ‘sti hacker, avranno pur preso qualche precauzione), non s’accoppia bene con quella degli avvelenatori fessi. Ma fessi assai, visto che non riescono a far fuori né un vecchio doppiogiochista inutile e ininfluente come Skripalun furbone come Navalnyj, ci mettono la firma (l’uso del noviciok, una specie di neon con la scritta “è stato il Cremlino”) e se non basta la raccontano pure al telefono.

Ljubov’, testimone della vittoria

È morta all’età di 100 anni a Gomel’, in Bielorussia, Ljubov’ Alekseevna Netupskaja. Era stata la prima testimone di un evento storico: la vittoria contro il nazismo, la resa senza condizioni della Germania hitleriana, firmata nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1945 a Berlino, nel quartier generale del comandante delle truppe sovietiche, maresciallo Georgij Zhukov, dal feldmaresciallo Wilhelm Keitel.

L’URSS FINIVA NELLA DACIA DI BELOVEZHA

Succedeva l’8 dicembre del 1991, in una dacia nella foresta di Belovezha, in Bielorussia. Boris Eltsin per la Repubblica russa, Leonid Kravchuk per quella ucraina e Stanislav Shushkevic per quella bielorussa proclamavano la fine dell’Unione Sovietica “come entità giuridica e politica”. Ma in realtà succede ogni giorno, perché la fine dell’URSS non è mai finita.