di Fulvio Scaglione Lettera da Mosca negli ultimi tempi si è occupata due volte di Sputnik V, il discusso (in Occidente) vaccino russo anti-Covid. Si veda qui e qui. L’intento degli interventi non era di stabilire se il vaccino russo funzionasse o meno: non siamo scienziati e non ci permetteremmo mai un simile abuso. Si voleva invece sottolineare che Sputnik V era stato fin dall’inizio dismesso e giudicato inaffidabile non tanto per ragioni medico-scientifiche ma piuttosto per ragioni geopolitiche. Era stato considerato un bluff propagandistico nazionalistico di Vladimir Putin, nulla più. Se alla base ci fossero state ragioni diverse, ci si sarebbe almeno premurati di prendere contatto con Mosca per saperne di più, per capire. Primo, perché i laboratori russi (ancor più quelli militari) non vanno presi sotto gamba. Secondo, perché se per combinazione il vaccino russo fosse stato promettente, c’era modo di salvare qualche (forse tante) vite in più.
Invece che cosa è successo? La giusta prudenza degli scienziati è stata accompagnata da una campagna politica che, semplicemente, voleva squalificare il vaccino russo perché russo. Perché dal regno del male non può venire nulla di buono. E perché, in quel momento, tutti si erano iscritti alla gara per il primo vaccino, e farsi beffare dalla Russia non piaceva a nessuno.
Più avanti, con la pandemia tornata a infuriare, con i problemi di approvvigionamento dei vaccini occidentali, con il timore di non riuscire a dare a tutti il vaccino, Sputnik V è diventato appetibile. Dodici Paesi lo hanno acquistato (tra gli altri Turchia, Pakistan, Argentina e Israele), la Germania ha preso contatti con la Russia per uno sviluppo comune del vaccino ecc. ecc. Ma anche questo non si poteva dire, qualcuno ha provato ad aggredirci in nome di uno stantio politically correct mascherato da scienza.
E adesso che succede? L’autorevole rivista scientifica The Lancet ha pubblicato i risultati della cosiddetta “fase III”, la fase conclusiva della sperimentazione clinica. E cosa salta fuori? Questo: Sputnik V ha un’efficacia contro il Covid del 91,6% (AstraZeneca 62,1%, Sinovac 50,4%, Sinopharm 79,3%); il vaccino russo offre una difesa del 100% rispetto alle manifestazioni più gravi del virus; nei volontari che hanno sperimentato questo vaccino il livello degli anticorpi è di 1,3-1,5 volte più alto di quello degli stessi guariti; il vaccino russo è più facile da usare, perché può essere conservato a una temperatura tra i 2 e gli 8 gradi. Ah già, dimenticavo: è anche meno caro di quasi tutti gli altri.
Che dire? Noi più nulla. Forse dovrebbero dire qualcosa ai malati e ai parenti dei morti quelli che ancora pochi giorni fa pontificavano sul vaccino russo pericoloso e da evitare a tutti i costi. Quando capiremo che il pregiudizio (anche quello politico, prezzolato o spontaneo) è il primo nemico dell’intelligenza, e in questo caso anche della salute, sarà sempre troppo tardi.
Fulvio Scaglione
Da tempo mi sono convinto che il razzismo, o una forma di suprematismo bianco informano di sé la politica estera dei paesi occidentali. Non siamo ancora usciti dal tempo del pericolo giallo e dell’invasione comunista. Non potrei spiegarmi altrimenti perché i nostri politici e i nostri giornalisti parlano con tale senso di superiorità di paesi come Russia e Cina. I giochi di Sochi? Un volgare spettacolo kitsch. La sentenza per frode contro Navalny? Un esempio di come la politica determina la giustizia — notare che nessun giornalista che io abbia letto ha mai discusso la natura della condanna di Navalny.
Insomma, a me sembra che noi europei siamo profondamente razzisti, anche se non ce ne rendiamo conto.