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PERCHE’ IL COVID NON RIAVVICINA RUSSIA E UE

di Aleksander Baunov    Per molti anni si è pensato che se gli Stati Uniti si fossero allontanati dalla loro alleanza con l’Europa, ciò avrebbe portato l’Europa a riavvicinarsi alla Russia. Sembrava uno scenario puramente ipotetico. Poi Donald Trump è diventato presidente degli Stati Uniti e la teoria è stata messa alla prova. Il nazionalismo di Trump, il suo scetticismo sull’euro e la NATO, il suo sostegno alla Brexit e il ritiro unilaterale da accordi che invece erano apprezzati dai Paesi Ue – come quello di Parigi sul cambiamento climatico e quello sul nucleare iraniano – crearono rapidamente una frattura tra Europa e Stati Uniti. La pandemia e il comportamento di Trump durante le elezioni presidenziali del 2020 hanno solo peggiorato le cose. Per la prima volta in oltre mezzo secolo, l’Europa è stata costretta a prendere le distanze dalla leadership degli Stati Uniti.

Eppure la crisi globale causata dalla pandemia non ha portato a un riavvicinamento tra Ue e Russia, né ha spinto l’Europa a cercare un rapido sostituto per gli Stati Uniti screditati. Al contrario, l’Europa ha dimostrato di esistere non solo come un ramo del Grande Occidente o della Grande Eurasia, ma come una regione del mondo separata, indipendente e autosufficiente. Questo “isolamento europeo” (per citare il politologo Ivan Krastev) non include, tuttavia, la Russia. La pandemia è la prima crisi in più di un secolo in cui gli Stati Uniti non hanno svolto il ruolo di leader globale, o addirittura di leader del mondo capitalista. Non ha guidato l’Europa, non ha dato l’esempio. Trump ha aperto la strada a questa situazione con la sua posizione egoista, arrogante e antieuropea. Ma anche se gli Stati Uniti avessero tentato di rivendicare il ruolo di leader e arbitro, la Ue l’avrebbe rifiutato. Le immagini degli Stati Uniti che gli europei vedono sono spaventose. Il Paese più ricco del mondo, che spende il 17% del suo vertiginoso PIL per la sanità, cioè più dei Paesi più ricchi d’Europa, affronta la pandemia peggio di chiunque altro.

Analogamente agli Stati Uniti, la Russia è entrata nell’anno della pandemia già estraniata dalla Ue. Ma questo da solo non spiega l’incapacità della Russia e dell’Europa di riavvicinarsi di fronte alla crisi. Vicinanza geografica, confini condivisi e persino buone relazioni non sono stati sufficienti a unire i Paesi contro la crisi. Il mondo pandemico si è frantumato in tante bolle nazionali. E la crisi ha dimostrato ancora una volta che la bolla europea non include la Russia e che la Russia è autosufficiente senza l’Europa. Ciò non sarebbe stato diverso anche se il rapporto fosse stato più equo, o anche con una leadership più amichevole e filo-occidentale al Cremlino.

Durante la crisi, Russia e Ue non hanno fatto a gara per procacciarsi le mascherine o i ventilatori all’inizio. Più semplicemente, hanno rinunciato a coordinare le loro azioni. Hanno introdotto e revocato separatamente le misure di blocco, hanno aperto e chiuso i confini con Paesi diversi in tempi diversi, hanno sviluppato, testato e registrato i loro vaccini a prescindere l’una dall’altra. E ora implementano programmi di vaccinazione in parallelo. I tentativi iniziali della Russia di costruire un’alleanza con la Ue contro il Coronavirus – come l’invio di aiuti in Italia a marzo – sono falliti, proprio come le sue precedenti proposte (rifiutate) di alleanze contro altri nemici comuni come il terrorismo.

La lotta contro la pandemia si è sviluppata in modo diverso in Russia e in Europa. Dopo qualche esitazione iniziale e vedendo il fallimento del tradizionale Paese leader, gli Usa, nell’affrontare la crisi, la Ue ha scelto una versione più mite rispetto alla dura risposta della Cina. La Svezia, che all’inizio è andata per la sua strada, è stata subito svergognata e rimessa al suo posto. Anche la Russia, come il resto del mondo, ha provato in un primo momento a copiare (sempre in una forma più mite) l’approccio cinese, ma presto ha rifiutato quel modello. Ora, con molti Paesi europei al loro terzo lockdown, e che impongono coprifuoco e restrizioni sui viaggi interni, la Russia cerca una via di mezzo, senza ricadere nel negazionismo mostrato da Trump o dal presidente bielorusso Lukashenko. Ora l’attenzione è volta verso misure contenute, volte a proteggere le persone e applicate con sanzioni moderate, unite alla mobilitazione di tutte le capacità del sistema sanitario. Non ci sono lockdown e teatri e ristoranti rimangono aperti al pubblico.

L’atteggiamento diverso della Russia è rafforzato dal fatto che lo Stato russo si è dimostrato meno generoso di molti altri Stati europei nel distribuire denaro ai cittadini. Questo non è necessariamente un segnale negativo: le autorità russe hanno sviluppato capacità sanitarie e vaccinali sufficienti e stanno comunque aiutando le imprese proprio cercando di evitare nuovi lockdown. L’orientamento politico di un Governo, peraltro, non dipende dalla partecipazione alle politiche anti-virus dell’Europa. E nessun Paese lo dimostra meglio dell’Ucraina. Nonostante abbia fatto la sua scelta decisamente a favore dell’Europa, l’Ucraina è rimasta fuori dalla bolla europea ma non può più far parte della bolla russa.

La bolla dell’autonomia della Ue si è rivelata costruita su principi che in precedenza erano più difficili da discernere sotto la patina della globalizzazione. Da un lato, la pandemia ha dimostrato che lo Stato-nazione è molto vivo e vegeto in Europa. Sono i Governi nazionali che hanno introdotto blocchi, versato aiuti ai cittadini, realizzato programmi di vaccinazione. D’altra parte, dopo la crisi iniziale all’interno della Ue per la sua reazione lenta e le restrizioni alla tanto decantata libertà di movimento tra i Paesi, è diventato subito chiaro che da soli gli Stati europei non potevano più essere autosufficienti. Di conseguenza, anche se l’UE sembra indebolirsi, assistiamo a crescenti richieste tra gli europei di una maggiore cooperazione a livello continentale. Questa è una conseguenza diretta del periodo di isolamento europeo. Questo isolamento non ha incluso la Russia e definirà nel futuro il concetto europeo dei propri confini e della propria sostanza.

di Aleksander Baunov

Pubblicato in Carnegie Moscow Center

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