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VISTO DA MOSCA: SE IL CATTIVO È LA CINA

Nelle elezioni presidenziali americane del 2016, la Russia fu scelta come capro espiatorio per giustificare la sconfitta subita dal candidato del Partito Democratico. Mosca fu accusata di aver interferito nell’esito del voto attraverso la diffusione di false informazioni. Dopo le elezioni fu anche avviata un’indagine giudiziaria che peraltro si concluse senza portare prove della manipolazioneNonostante ciò, nel 2017 e nel 2018 gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni economiche contro entità russe. Ciò ha portato all’ulteriore inasprimento di rapporti già minati dalla crisi ucraina nel 2014. Come atto di rappresaglia per la presunta ingerenza di Mosca, il Congresso degli Stati Uniti ha varato nuove sanzioni economiche. La Russia era così diventata il cattivo per eccellenza, quello da rimproverare per qualunque disgrazia, che fosse l’avvelenamento dell’ex spia Sergei Skripal nel 2018 o i presunti bombardamenti russi sui civili innocenti nella parte Est di Aleppo. La Russia era colpevole di tutto, anche quando mancavano le prove.

Nel 2017 gli Stati Uniti e la Russia hanno incrociato le spade in un duro confronto politico, con la chiusura dei rispettivi consolati e il taglio del personale diplomatico. Da allora, entrambi i Paesi si sono allontanati l’uno dall’altro, in un processo culminato nella recente cancellazione di diversi accordi sul controllo degli armamenti (il Trattato INF sulle armi nucleari a medio raggio,Open Skies).

Allo stesso modo, negli ultimi tempi gli Stati Uniti hanno molto alzato i toni con la Cina e le questioni più controverse nel rapporto con Pechino sono state portate al centro della campagna elettorale. Entrambi i candidati, Joe Biden e Donald Trump, si presentano ai loro sostenitori facendo a gara nel mostrarsi il leader con l’atteggiamento più grintoso nei confronti dell’uovo cattivo, cioè Pechino. È ovvio che la Cina sia il bersaglio delle critiche del Presidente in carica, Donald Trump, che si batte per un secondo mandato. È difficile per lui trovare un altro appiglio, visto che non è riuscito a dare una risposta efficace alla pandemia che ha messo l’economia americana  a rischio di una profonda recessione, con prospettive cupe nel lungo termine. La Russia, da sola, non è più un cattivo che basti a giustificare i problemi interni agli Usa o a giustificare le inefficienze dei loro politici. La retorica sulla Russia ha occupato i media americani per così tanto tempo che alla fine ha perso gran parte del suo fascino.

Seguendo la stessa tattica a suo tempo elaborata per la Russia, gli Stati Uniti sono ricorsi a una campagna di massima pressione contro la Cina. Nel 2018 è scoppiata una guerra commerciale su vasta scala, seguita da sanzioni introdotte contro l’industria più vitale per l’ascesa globale della Cina: il settore hi-tech. Huawei e ZTE sono stati eliminati dal mercato americano. Gli Stati Uniti hanno anche applicato lo strumento delle sanzioni, da loro così spesso utilizzato, senza più limitarlo ai giganti hi-tech. Anche i funzionari cinesi nello Xinjiang e gli stranieri che fanno affari a Hong Kong sono stati soggetti a varie restrizioni. Al momento attuale, il pendolo si è spostato dall’agenda economica alla geopolitica e all’ideologia, il che costituisce una novità per la politica statunitense nei confronti della Cina. In ogni caso,Cina e Russia erano state etichettate come “potenze rivali … che cercano di sfidare i valori americani” già nel 2017, nella strategia per la sicurezza nazionale enunciata da Donald Trump.

Nel gennaio 2020, il Segretario di Stato Mike Pompeo ha definito il Partito Comunista Cinese la “minaccia centrale dei nostri tempi”. Il cattivo per antonomasia. La Russia, per parte sua, era già stata descritta come uno “Stato malvagio” durante la campagna per le presidenziali del 2016. Nel luglio 2020, Pompeo ha invitato il popolo cinese a contribuire a “cambiare il comportamento” del loro Governo. In questo modo, ha descritto il Partito Comunista Cinese come un’entità di natura ideologica, comunque separata rispetto ai cittadini della Cina.

Al fine di inasprire la critica, i politici americani hanno smesso di rivolgersi a Xi Jinping come “presidente”, chiamandolo invece “segretario generale”. Il che vorrebbe privare Xi della legittimità politica che viene riconosciuta a un leader eletto, riducendo anche lui al ruolo di cattivo. Un altro segnale minaccioso è la proposta di recuperare l’idea di vietare ai membri del PCC l’ingresso negli Stati Uniti, il che significherebbe l’inizio di una fase attiva di confronto ideologico. Com’era successo con la Russia nel 2017, oggi anche Stati Uniti e Cina si scambiano provvedimenti punitivi contro le rispettive missioni diplomatiche. E dal punto di vista geostrategico, a metà luglio gli Stati Uniti hanno definito “illegali” le pretese della Cina nel Mar Cinese Meridionale e hanno chiarito che il rafforzamento della loro politica in quell’area è diretto proprio a bloccare l’atteggiamento aggressivo (cattivo) della Cina.

Né gli Usa né la Cina, peraltro, vogliono restare prigionieri di un meccanismo di ripicche. Gli Stati Uniti hanno già convocato gli alleati per formare un gruppo di Paesi democratici per opporsi ai piani del Partito Comunista Cinese. La Francia e la Gran Bretagna si sono recentemente piegate alle pressioni esercitate dagli Stati Uniti per convincere gli alleati a stare alla larga dalla tecnologia 5G cinese. Anche la Cina, però, rinvigorisce i contatti con i suoi partner collaudati, in primo luogo la Russia. Nonostante un minuscolo calo nel commercio bilaterale a causa della pandemia di Covid-19 (meno 4% rispetto al 2019), la cooperazione politica si è ulteriormente sviluppata. All’inizio di luglio, Cina e Russia hanno mostrato uno stretto coordinamento nelle organizzazioni internazionali di alto livello, ponendo per esempio all’Onu il veto all’estensione degli aiuti transfrontalieri in Siria. Durante una telefonata a Vladimir Putin, l’8 luglio, il presidente Xi ha promesso di intensificare il coordinamento con la Russia a livello internazionale, a partire appunto dalle Nazioni Unite.

Russia e Cina mantengono attualmente una stretta e regolare cooperazione. Secondo l’ambasciatore russo in Cina, Andrej Denisov, finora i Presidenti hanno tenuto quattro conversazioni telefoniche e stanno lavorando alla preparazione di una visita di stato in Cina di Vladimir Putin, nonché alla partecipazione di Xi Jinping alla riunione dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai e al Forum dei Paesi BRICS, che si svolgeranno in Russia in date ancor da perfezionare.

Si può notare una nuova tendenza nella cooperazione Cina-Russia nella sfera del coordinamento delle azioni bilaterali per contrastare la pressione ideologica occidentale. Il 24 luglio i portavoce dei ministeri degli Affari Esteri hanno tenuto una videoconferenza sull’agenda dell’informazione. Le parti hanno accusato le potenze occidentali di cercare di interferire negli affari interni di Cina e Russia diffondendo notizie false e ponendo restrizioni al lavoro dei giornalisti. I tentativi degli Stati Uniti di isolare la Cina non forniscono a Pechino altra scelta che cercare un’ulteriore espansione della cooperazione con Stati che la pensano allo stesso modo, sia che si tratti della Russia o di qualsiasi altro Paese aperto alla cooperazione con Pechino.

di Danil Bochkov

Pubblicato dal Russian International Affairs Council

Danil Bochkov si sta specializzando al Mgimo di Mosca, dove ha già conseguito la laurea in East Asia Regional Studies.

 

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