di Giuseppe Gagliano L’Agenzia di stampa russa Tass ha sottolineato alcuni dati di grande rilievo relativi alle importazioni europee di gas russo e, in particolar modo, relativi alla multinazionale russa Gazprom. In primo luogo, nel primo trimestre del 2021 l’Europa ha importato 65 miliardi di metri cubi di gas, un dato questo altissimo rispetto al passato, dovuto all’abbassamento delle temperature di gran parte dei Paesi europei. Infatti, proprio a seguito del fenomeno meteorologico, la multinazionale russa ha implementato le forniture di gas al 32% per la Germania, al 77% per la Francia e per il nostro Paese fino al 100% a dimostrazione di quanto sia rilevante per l’Italia il legame con la Russia in un settore così delicato e strategico qual è quello energetico.
Posts published in “Politica”
di Ted Galen Carpenter L’amministrazione Biden sta facendo di tutto per assicurare al Governo ucraino che gli Stati Uniti e la NATO sono pronti a spallaggiare Kiev nel confronto crescente con i separatisti sostenuti dalla Russia e con la stessa Russia. Un comunicato stampa della Casa Bianca del 2 aprile ha confermato che nella sua telefonata al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Joe Biden “ha ribadito il fermo sostegno degli Stati Uniti alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina di fronte alla continua aggressione russa nel Donbas e in Crimea”. Altri esponenti di alto livello dell’Amministrazione, tra cui il segretario alla Difesa Lloyd Austin e il Segretario di Stato Antony Blinken, hanno fatto lo stesso.
di Luigi De Biase Più passano le ore e più è evidente che l’arresto con l’accusa di tradimento del capitano di fregata Walter Biot e l’espulsione di due militari russi accreditati presso l’ambasciata a Roma sia da intendere come un segnale eloquente di lealtà che il Governo italiano ha deciso di lanciare ai partner della Nato, un segnale che rischia, tuttavia, di avere pesanti conseguenze sulle relazioni con il Cremlino. E’ scritto nei dettagli di questa vicenda, che i principali quotidiani raccontano da due giorni in modo piuttosto omogeneo. Un ufficiale di marina con quattro figli, quattro cani e una casa ancora da pagare disposto a passare documenti riservati a servizi stranieri per una ricompensa tutto sommato modesta. Un agente russo ammorbidito dalla vita romana al punto da seguire una routine per gli incontri con una fonte di informazioni. E un discorso in Parlamento, quello del ministro degli Esteri, Di Maio, con toni di massimo severità rispetto a eventi che sembrano oggi avere un peso relativo, in attesa di sapere quali documenti Biot abbia fornito ai russi.
di Ferghane Azihari Al momento della stesura di questo articolo, gli israeliani hanno somministrato 112 dosi di vaccino ogni 100 persone e stanno riaprendo la maggior parte delle attività. Seguono Emirati Arabi Uniti, Regno Unito, Cile e Stati Uniti, che hanno rispettivamente somministrato 75, 44, 43 e 36 dosi. La Ue e la Francia sembrano proprio un buco nero tra i Paesi sviluppati, con 13 e 12 dosi. Non è necessario avere un dottorato in epidemiologia per notare il fallimento del Vecchio Continente. La campagna di vaccinazione non è un’escursione che possiamo fare al ritmo che più ci aggrada. È uno sprint che condanna i Paesi più lenti a registrare le morti biologiche, sociali ed economiche di persone che avrebbero potuto essere salvate se questa corsa fosse stata presa sul serio.
di Ivan Tkacëv Il 18 marzo 2021 sono entrate in vigore nuove sanzioni americane a causa dell’avvelenamento del leader dell’opposizione Aleksey Navalny con l’uso, come credono i Governi occidentali, della sostanza militare Novichok, bandita a livello internazionale. Le sanzioni di varie agenzie, tra cui il Dipartimento di Stato e il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, sono state annunciate il 2 marzo per entrare in vigore dopo quindici giorni, come di norma. Il ministero degli Esteri russo ha definito le azioni degli Stati Uniti un tentativo di interferire negli affari interni, usando come pretesto “la deliberata provocazione di un presunto avvelenamento di Navalny con una sorta di stanza chimica militare”.
di Giuseppe Gagliano L’Asia Centrale, oggi composta da cinque Stati indipendenti (Kazakistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Turkmenistan e Tagikistan), è la regione meno studiata al mondo, per molti anni regolarmente dimenticata e poi riscoperta. Situata nel cuore dell’Eurasia, all’incrocio delle antiche Vie della Seta, collega la Cina al Mediterraneo, l’India alla Siberia. Popolata da circa 70 milioni di abitanti, confinante con Cina e India, comprendenti rispettivamente più di un miliardo di abitanti, è ancora oggi, a trent’anni dalla fine dell’Urss, una terra unica. Unicità che deriva dalla sua storia moderna, iniziata con il passaggio sotto il dominio coloniale russo nel XIX secolo e la successiva inclusione nel sistema sovietico, protrattasi per settant’anni anni. Le culture locali prevalentemente musulmane sunnite, con poche isole sciite e cristiane (ortodossi e protestanti, ebrei locali e ashkenaziti), sono state mantenute nonostante la forte russificazione e la secolarizzazione nel XX° secolo, che hanno messo in discussione la loro identità all’indomani dell’indipendenza nel 1992.
di Fyodor Lukyanov – Il “sì” di Joe Biden alla domanda di un intervistatore sul fatto che Vladimir Putin sia un assassino suona oltraggioso anche sullo sfondo dei pessimi rapporti tra Washington e Mosca, che sono in caduta libera da molto tempo. Quella risposta è stata accolta con un’ampia gamma di reazioni in Russia. Alcuni dicono che il presidente americano non è del tutto in grado di capire le domande che gli vengono poste, mentre altri suggeriscono che sia stato Biden a dichiarare guerra a Putin.
L’intervista in cui il presidente Usa Joe Biden dà del “killer” al presidente russo Vladimir Putin è stata rapidamente archiviata nell’imbarazzo generale. A parte qualche sparuto entusiasta, i media occidentali hanno preferito glissare. D’altra parte Biden era il noto gaffeur dell’amministrazione Obama, adesso ha pure un’età, perché insistere?
di Henry Olsen Il recente annuncio che Cina e Russia intendono cooperare per costruire una stazione di ricerca sulla Luna è inquietante. Sebbene gli effetti immediati siano minimi, è ancora un altro segno che Mosca e Pechino si stanno avvicinando a un’alleanza di fatto contro l’Occidente. In sé e per sé la stazione di ricerca lunare nutre poca importanza e non comporta minacce immediate. Nessuno dei due Paesi ha la capacità di costruire una simile struttura. E gli stessi progetti suggeriscono che non potrebbe essere costruita fino a un qualche anno dopo il 2030, con un’attività umana significativa e duratura ancora più lontana nel futuro. Gli americani non devono pensare di doversi presto confrontare con qualche segretissimo laser cinese o altre armi collocate sulla Luna.