Nell’ordinario impazzimento quotidiano, può anche succedere questo: che un altissimo esponente del Governo Usa vada in un Paese in guerra, che ha preso l’America come primo degli alleati e modello, a cantare quanto possa essere brutta l’America. È successo a Kiev, dove il segretario di Stato Antony Blinken, in jeans di prammatica, ha suonato con la band ucraina 19.19 il pezzo di Neil Young “Rocking in the free world”.
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di Éric Denécé – Quando considerano la guerra in Ucraina, la maggior parte degli analisti, a mio avviso, parte da presupposti errati che credo siano stati instillati dagli Stati Uniti e dall’Ucraina e che è necessario smontare, perché sono all’origine di una visione falsa della realtà di questo conflitto e quindi del suo esito probabile. Non si tratta, ribadiamolo ancora una volta, di difendere le posizioni della Russia ma di ricordare alcuni fatti e di prendere coscienza della narrazione elaborata dagli americani e della disinformazione di cui siamo vittime in Europa, e in particolare in Francia, da ormai due anni, da quando è cominciata l’invasione. Ecco tali presupposti.
Valery Zaluzhny è nato l’8 luglio 1973 nella città di Novograd-Volynsky (ora Zvyagel), nella regione di Zhitomir, al tempo Repubblica socialista sovietica dell’Ucraina. Il futuro comandante in capo delle forze armate ucraine studiò alla scuola cittadina n. 9. Insieme ai genitori Fyodor e Klavdia Zaluzhny e al fratello minore Arthur, vivevano “in un monolocale vicino alla stazione”. “Ci sono due unità militari nelle vicinanze, suo padre era un militare, fin dall’infanzia vedeva militari intorno a lui, amava giocare con i soldatini sul banco, disegnava i soldati durante la ricreazione”, ha poi raccontato alla BBC Tatjana Shatulskaya-Peleshok, sua insegnante delle elementari.
di Pietro Pinter – Quando la propaganda diventa inconciliabile con la realtà, una resa dei conti prima o poi arriva. La testa di qualcuno – sia esso il vero responsabile o un capro espiatorio – deve rotolare davanti all’opinione pubblica, per permettere di “ricominciare da capo” con un’immagine ripulita. Far saltare teste però significa anche minare gli equilibri politici, cosa particolarmente pericolosa in un Paese in guerra. È successo in Russia l’anno scorso, quando i vertici militari hanno scontato il fallimento nel Nord dell’Ucraina, a Kharkov e sulla riva destra del Dnepr, della “operazione militare speciale”, venendo esautorati dal “partito della guerra” guidato da Prigozhin, con gli esiti noti a tutti. Adesso sta succedendo a Kiev. L’epica di un’Ucraina destinata a vincere in breve tempo dopo aver assorbito l’urto iniziale dell’invasione – in una marcia trionfale verso il Mar d’Azov e i confini del 1991 – è andata definitivamente in frantumi con l’offensiva estiva da poco conclusa.
di Vladimir Rozanskij (AsiaNews) – Kiev – Un gruppo di oltre 300 sacerdoti della Chiesa ortodossa ucraina (Upz), ancora formalmente legata al patriarcato di Mosca, ha inviato una lettera al metropolita Onufryj (Berezovskyj) di Kiev, capo della giurisdizione ucraina, esprimendo la propria costernazione dopo la distruzione della cattedrale della Trasfigurazione di Odessa, una delle maggiori chiese Upz di tutto il Paese. “Non vogliamo soffrire né per la Russia, né per Putin e neppure per Kirill”, si legge nell’appello, in cui si chiede di troncare immediatamente e in via definitiva le relazioni con la Chiesa moscovita.
di Pietro Pinter Mentre la controffensiva ucraina ancora si limita a qualche avanzata nelle campagne occidentali della città di Bakhmut, dove gli uomini del Gruppo Wagner ad un ritmo glaciale sgomberano “l’ultimo chilometro quadrato rimasto” in mano alle forze armate ucraine, le azioni più eclatanti in Ucraina avvengono sul fronte della guerra aerea. Il 14 maggio, l’aviazione russa ha colpito un bersaglio nell’oblast di Khmelnitsky, in Ucraina occidentale, causando quella che da molti è stata definita la più grande esplosione dall’inizio della guerra. Il noti analisti militari russi di Rybar sostengono che sia stato colpito un deposito di munizioni, altri ritengono addirittura che siano saltate le famose munizioni
all’uranio impoverito fornite dal Regno Unito, osservando un aumento nella radiottività di fondo della zona, poi rilevato nei giorni successivi anche in Polonia. Secondo gli ucraini, si è trattato invece di un attacco contro un deposito di carburante. È solo uno di molti episodi analoghi delle ultime settimane, in cui i russi sono riusciti a colpire obiettivi di valore –
depositi di munizioni e/o carburante, a giudicare dalle esplosioni – nelle retrovie ucraine: accade anche a Pavlograd, a Nykolaev, a Odessa e a Ternopil.
di Stefano Caprio Asia News Dal 29 marzo, secondo le disposizioni del ministero della Cultura di Kiev, sono in corso le operazioni di sgombero della Lavra delle Grotte di Kiev, il monastero originario di tutta la spiritualità della Rus’ di Kiev e della Chiesa ortodossa sua erede. Alcuni monaci hanno già lasciato gli edifici, soprattutto quelli occupati da attività commerciali, con tanto di macchinari e strumenti di ogni genere, ma la dirigenza della comunità insiste a voler rimanere. Per la Lavra si sono mobilitati tutti i capi dell’Ortodossia russa e non solo, a partire dal patriarca di Mosca Kirill, e anche molti gerarchi di altre Chiese ortodosse sparse per il mondo. In Ucraina si verifica una grande concentrazione di metropoliti, arcivescovi, archimandriti e igumeni, sia della giurisdizione moscovita sia di quella autocefala e greco-cattolica, tutti intenzionati ad affermare il proprio diritto a rappresentare i fedeli che si accalcano davanti alle porte del monastero, della chiesa principale e delle varie cappelle.
Interessante ricostruzione del quotidiano svizzero Neue Zürcher Zeitung, che fa riferimento a fonti interne ai circoli politici tedeschi. A metà gennaio, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden avrebbe incaricato il capo della CIA, William Burns, di visitare Kiev e Mosca e valutare la loro disponibilità ai negoziati. Una missione portata a termine, anche se poi i media occidentali hanno parlato solo dell’incontro con il presidente ucraino Zelensky. Secondo le indiscrezioni, Burns avrebbe proposto a Kiev e Mosca un piano basato sull’idea “territori in cambio di pace”. Secondo questo piano, la Russia terrebbe circa il 20% del territorio dell’Ucraina ma porrebbe fine alla guerra. Entrambi i Paesi hanno rifiutato. L’Ucraina non vuole territori, mentre la Russia crede che alla lunga riuscirà a vincere la guerra e magari ad occupare ancora più territori.
di Marco Bordoni La guerra scatenata dalla Russia in Ucraina è terribile, siamo d’ accordo. Invadere un Paese sovrano è la più grave violazione del diritto internazionale, anche quando si accampano giustificazioni più o meno plausibili come il diritto all’autodifesa e quello all’ingerenza umanitaria. Invitiamo i Russi a farsi un’esame di coscienza e, già che ci siamo, facciamolo pure noi: ci siamo indignati altrettanto quando i “nostri” hanno invaso Yugoslavia, Afganistan, Iraq e Libia e bombardato alla chetichella un’altra manciata di Paesi, creando un mondo in cui conta solo la forza e dando a Vladimir Putin una lezione che quello, da studente sveglio e voglioso di apprendere qual è, si è diligentemente annotata?