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UCRAINA, LA GUERRA SI VINCE NELL’ARIA

di Pietro Pinter    Mentre la controffensiva ucraina ancora si limita a qualche avanzata nelle campagne occidentali della città di Bakhmut, dove gli uomini del Gruppo Wagner ad un ritmo glaciale sgomberano “l’ultimo chilometro quadrato rimasto” in mano alle forze armate ucraine, le azioni più eclatanti in Ucraina avvengono sul fronte della guerra aerea. Il 14 maggio, l’aviazione russa ha colpito un bersaglio nell’oblast di Khmelnitsky, in Ucraina occidentale, causando quella che da molti è stata definita la più grande esplosione dall’inizio della guerra. Il noti analisti militari russi di Rybar sostengono che sia stato colpito un deposito di munizioni, altri ritengono addirittura che siano saltate le famose munizioni
all’uranio impoverito fornite dal Regno Unito, osservando un aumento nella radiottività di fondo della zona, poi rilevato nei giorni successivi anche in Polonia. Secondo gli ucraini, si è trattato invece di un attacco contro un deposito di carburante. È solo uno di molti episodi analoghi delle ultime settimane, in cui i russi sono riusciti a colpire obiettivi di valore –
depositi di munizioni e/o carburante, a giudicare dalle esplosioni – nelle retrovie ucraine: accade anche a Pavlograd, a Nykolaev, a Odessa e a Ternopil.


Il 13 maggio, giorno precedente, era invece stato la giornata più nera per le forze aeree russe: due elicotteri Mi-8, un jet Su-34 e un jet Su-35 sono stati abbattuti nello spazio aereo russo sopra l’oblast’ di Bryansk, causando in totale la morte di 9 membri degli equipaggi. Un’imboscata della difesa anti-aerea ucraina che ha preso di sorpresa il contingente russo di
ritorno da una missione, e che probabilmente si sentiva già al sicuro, in un modo senza precedenti. La difesa aerea ucraina è posizionata in modo diverso rispetto ai mesi precedenti, molto più vicina alle prime linee. Lo si evince anche da una serie di video, affiorati in rete a partire dalla fine di aprile, raffiguranti l’attacco di droni Lancet russi contro i sistemi anti-aerei ucraini: S-300, Strela, Gepard. Il drone Lancet ha un raggio di appena 40km, pressappoco quello dell’artiglieria, e in precedenza difficilmente si sarebbe potuto imbattere in sistemi che normalmente vengono tenuti nelle retrovie.

Kiev deve schierare la contraerea vicino alla linea del fronte, se vuole sperare di poter condurre un’offensiva di successo: un’offensiva su larga scala contro posizioni preparate da mesi potrebbe avere successo se lo spazio aereo fosse conteso, di certo non sotto uno spazio aereo completamente controllato dall’aviazione russa, cosa che accadrebbe altrimenti. Ma ha un ulteriore problema: una forte carenza di munizioni (non più in produzione fuori dalla
Russia) per la sua contraerea di produzione sovietica, questione evidenziata già a marzo nei documenti riservati del Pentagono trapelati in rete,  poi confermati come veritieri. Armamenti non sostituibili in toto con i sistemi forniti dai Paesi NATO, troppo pochi, troppo lunghi da produrre e con poche munizioni. Si tratta di sistemi qualitativamente buoni, come il PAC-3 americano (che secondo gli ucraini, con il sindaco di Kiev Klitscho che pubblica un video dei resti del missile, sarebbe riuscito ad intercettare un missile ipersonico Khinzal il 6 maggio) l’IRIS-T tedesco e il SAMP-T italo-francese, adatti a proteggere obiettivi strategici
nelle retrovie, o forse – dicono alcuni analisti – a colpire velivoli russi in “imboscate” come quella di Bryansk, ma non ad essere dispiegati in modo massiccio vicino alla linea del fronte, a sostegno di operazioni offensive su larga scala.

L’erosione della capacità contraerea ucraina permette alla Russia sia di utilizzare l’aviazione tattica in modo più aggressivo in funzione di supporto aereo alle truppe di terra – ad esempio con le bombe FAB-500, sia di puntare a obiettivi nelle retrovie prima probabilmente ritenuti “inaccessibili” a causa di una contraerea pesantemente stratificata. Obiettivi che sono anche aumentati in numero e importanza, vista la necessaria concentrazione di forze da parte
dell’Ucraina in vista di una possibile offensiva. Il 16 maggio il caso più clamoroso: un attacco aereo russo contro una batteria di PAC-3 americani schierati presso l’aeroporto Zhuliany di Kiev. I video pubblicati da 6 blogger ucraini poi arrestati dalle autorità mostrano il lancio di un’intera salva di missili MIM-104 da parte della batteria antiaerea, e in seguito un esplosione presso il sito di lancio. Nei giorni successivi è stato chiarito, sia da parte del ministero della Difesa russo, sia da parte di funzionari americani, che era stata colpita una batteria Patriot, primo caso in assoluto in Ucraina. Secondo i russi, proprio con un missile Khinzal.

Mentre le operazioni terrestri proseguono ancora a piccoli passi, quelle aeree giungono nella loro fase forse più decisiva dall’inizio della guerra: l’Ucraina si trova nella difficile condizione di dover impiegare una contraerea sempre più degradata in prima linea, se vuole avere la possibilità di riconquistare del territorio prima di un congelamento del fronte. La Russia dovrà invece esporre la sua forza aerea (meno degradata dal conflitto rispetto a quella terrestre, ci confermano i documenti americani, ma comunque anch’essa con i suoi limiti) in modo molto aggressivo, rischiando di perdere mezzi preziosi, per rendere impossibili all’Ucraina operazioni offensive, in continuità con la campagna di stabilizzazione del fronte iniziata in autunno dal generale Surovikin, con la ritirata oltre il Dnepr, la mobilitazione e l’inizio di massicce campagne missilistiche contro le retrovie ucraine. E se possibile guadagnare nuovamente la capacità di avanzare sul terreno, cosa che – salvo la lunghissima offensiva dei Wagner su Bakhmut e Soledar – non è riuscita a fare in modo significativo dall’estate del 2022.

di Pietro Pinter

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