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Posts tagged as “putin”

FSB, IL MISTERO BESEDA

A soli 37 anni, Kyrylo Budanov è uno degli uomini più potenti dell’Ucraina. Almeno da quando, nell’agosto del 2020, il presidente Zelensky l’ha messo alla testa della Direzione dell’intelligence del ministero della Difesa. Non parla molto, Budanov, ma quando lo fa dice sempre cose interessanti. Una delle sue ultime dichiarazioni è arrivata in risposta alla domanda su quale, tra gli ufficiali russi, ritenesse il più pericoloso per l’Ucraina. In modo piuttosto sorprendente, Budanov ha fatto il nome del generale Sergej Beseda: “Ci ha sempre dato problemi, resta una persona per noi difficile”.

NATALITA’, UN BUCO NELLA RUSSIA

Il Governo russo si è preparato a un ulteriore calo del tasso di natalità, al livello più basso dall’inizio degli anni Novanta. Ciò risulta dai materiali per il progetto di bilancio del Fondo sociale della Russia (lo SFR, che amministra le indennità di maternità e i sussidi mensili per la nascita di un bambino). Secondo le previsioni della FIS, nel 2023 nasceranno nel Paese 1.245 milioni di persone, il minimo dal 1999 (allora ne nacquero 1.215 milioni). Nel 2024, la cifra diminuirà del 5,8%, a 1,172 milioni di persone. Questo sarà il minimo dall’inizio degli anni Novanta. Nei successivi due anni coperti dalle previsioni, i tassi di natalità continueranno a diminuire, ma il ritmo rallenterà. Nel 2025 dovrebbero nascere 1.153 milioni di persone e 1.143 milioni nl 2026.

GRANO, L’ALTRA GUERRA TRA RUSSIA E UCRAINA

La “battaglia del grano” tra Ucraina e Russia si arricchisce di sempre nuovi capitoli. Intanto prosegue, e anzi si acuisce, la contesa tra Unione Europea e Ucraina da un lato e alcuni Paesi europei dall’altro. Polonia, Ungheria, Slovacchia, Romania e Bulgaria avevano ottenuto dalla UE un embargo temporaneo (fino al 16 settembre) contro il grano ucraino, che invadeva i loro mercati a prezzi ridotti, provocando il risentimento dei coltivatori locali. Le pressioni diplomatiche hanno convinto Bulgaria e Romania a riaprire i confini, mentre Polonia, Ungheria e Slovacchia hanno chiesto alla UE un prolungamento dell’embargo almeno fino a fine anno. Non avendolo ottenuto, hanno deciso di attuarne uno da sole. L’Ucraina, colpita in un punto molto sensibile (l’agricoltura è, oggi, l’unico settore della sua economia che produce profitti) ha protestato, ha chiesto l’intervento dell’Organizzazione mondiale del Commercio e ha minacciato un contro-embargo su alcune produzioni polacche. Risultato: all’Assemblea generale dell’Onu, il presidente ucraino Zelensky e quello polacco Duda hanno annullato l’incontro che avevano programmato. E Duda, parlando all’Assemblea, ha paragonato l’Ucraina a una persona che sta per annegare e rischia di far annegare anche chi cerca di soccorrerla. Non proprio un bel paragone. Nello stesso tempo, a Varsavia, il vice ministro degli Esteri Shimon Shinkovsky, alludendo alle prossime elezioni politiche e all’inquietudine degli agricoltori polacchi, dichiarava all’agenzia Pap: “Vogliamo continuare a sostenere l’Ucraina ma per farlo abbiamo bisogno del consenso dei polacchi. Se non lo avremo, non potremo aiutare Kyiv come prima”. A buon intenditor…

IL PATTO STRATEGICO TRA RUSSIA E CINA

di Giuseppe Gagliano – Dal 2013, la Russia usa e sovente abusa della “guerra ibrida”. Annullando la distinzione tra tempo di pace e tempo di guerra, combinando hard e soft power, questo concetto strategico permette al Cremlino di testare le posture e le reazioni del campo occidentale. Come sappiamo questa dottrina strategica è stata teorizzata dal generale Valery Gerasimov, ma fa parte di una lunga tradizione. È nata da una dimensione particolare della strategia dell’Impero bizantino, e trova la sua prima bozza nella raccolta di conferenze del 1920 del generale Alexandr Svechin. Essa ha influenzato la dottrina Primakov, che ha guidato la politica estera russa per più di due decenni. Nato a Kiev, ministro degli Esteri e poi primo ministro dal 1996 al 1999 sotto il presidente Eltsin, Evgenji Primakov postula che un mondo unipolare dominato dagli Stati Uniti è inaccettabile e che la Russia deve fare da contrappeso all’egemonia degli Stati Uniti favorendo l’emergere, in un nuovo patto, di nuove potenze come la Cina o l’India.

PRIGOZHIN, O LA SCELTA TRA PUTIN E L’IGNOTO

Bisogna sempre stare molto attenti a ciò che si desidera, perché a volte i desideri si avverano. Così ieri, per qualche ora, l’Occidente ha provato il brivido di ciò che da anni evoca e auspica: un tentativo di eliminare Vladimir Putin o, almeno, di condizionare e riorientare il suo potere. Così anche Evgenyj Prigozhin, per lungo tempo descritto come un satana mercenario e sanguinoso al servizio del Cremlino (perché ora c’è il Prigozhin leader di soldati ma prima c’era il Prigozhin leader degli hacker), ha goduto di un quarto d’ora di celebrità e di stima dalle nostre parti. Il suo abbozzo di marcia su Mosca ha brevemente destato un certo tifo e qualcuno ha pure cercato di vendere il dietrofront finale come un atto di saggezza quando, palesemente, si è trattato di una resa: in nessun modo l’avrebbero lasciato arrivare alla capitale, e i suoi mezzi allineati in autostrada sarebbero stati un facile bersaglio per i caccia.

LA PREVALENZA DEL CRETINO

Anche a distanza di tanti anni, La prevalenza del cretino, l’immortale breviario che Fruttero e Lucentini pubblicarono nel 1985, resta una guida sicura per orientarsi nelle cose del mondo. Ancor più quando si tratta di libri e di intellettuali. La vicenda si svolge negli Usa. Masha Gessen, 56 anni, è un’intellettuale di passaporto russo e statunitense, nata a Mosca in una famiglia ebraica trasferitasi negli Usa all’inizio degli anni Sessanta. Lei ha lavorato a lungo in Russia come giornalista e, anche, come attivista dei diritti LGBT. Ha scritto libri sulla Russia, tutti ispirati a una critica radicale di Vladimir Putin e del putinismo. Siede anche nel consiglio direttivo del Pen America, notissima organizzazione per la difesa della cultura e della libertà di espressione, da cui però ieri si è dimessa.

PRIGOZHIN E LE AMBIZIONI DEL WAGNER

di Pietro Pinter       È passato un anno da quando constatavamo – dopo una parata del 9 maggio “tranquilla” a Mosca anche se per certi versi atipica – che la guerra sarebbe proseguita senza particolari scossoni o svolte, con le forze armate russe che lentamente espugnavano la “fortezza” di Azovstal, la roccaforte ucraina di Mariupol’, in uno degli ultimi successi militari che avrebbero avuto prima che la controffensiva ucraina, mesi dopo, riconquistasse quasi tutto l’oblast’ di Kharkov e metà di quello di Kherson, inclusa il capoluogo. Quest’anno però, oltre alle incognite sulla parata alimentate dal clamoroso attacco con droni al Cremlino, se ne aggiunge anche una potenzialmente più importante: come andrà a finire la faida tra il “capitano di ventura” Evgenyj Prigozhin, fondatore e comandante del Gruppo Wagner, e le alte sfere della ministero della Difesa russo?

SAKHAROV E GLI ALTRI CHE MANCANO

Che ne parlino coloro che detestano la Russia, non stupisce. Però diciamoci la verità: sono quelli che amano la Russia che dovrebbero più parlare e indignarsi per la chiusura del Centro Sakharov di Mosca, fondato nel 1996 dalla moglie Elena Bonner per onorare la memoria, e proseguire le attività, del marito Andrey Sakharov, il fisico che aveva partecipato alle sperimentazioni delle prime bombe atomiche sovietiche, poi era passato a contestare il nucleare per scopi bellici e infine, negli anni Settanta, aveva fondato il Comitato per i diritti civili che difendeva il diritto alla libertà di parola dei dissidenti e, più in generale, dei critici del regime sovietico. La chiusura del Centro avviene in base alle nuove disposizioni della legge sugli “agenti stranieri”, emendata nel dicembre scorso: è vietato a tali “agenti” ottenere in uso edifici di proprietà pubblica. Così il Comune di Mosca, proprietario dello stabile in Zemlyanoj Val che ospita il Centro e il Museo Sakharov, ha dato lo sfratto. Che ciò sia accaduto il 24 febbraio, anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina, è uno sfortunato ma lugubre caso.