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I MILITARI NELLA SOCIETA’, DA LENIN A PUTIN

di Giuseppe Gagliano – La profonda militarizzazione della società russa, radicata nella storia sovietica e perpetuata nella Federazione Russa, ha plasmato non solo la struttura interna del Paese ma anche il suo approccio verso le politiche estere e i conflitti internazionali. L’evoluzione del ruolo dei militari e dei siloviki (gli uomini degli apparati militari e di sicurezza), da attori chiave nella governance interna a protagonisti sullo scenario politico, ha influenzato direttamente la postura della Russia nei confronti dell’Ucraina. La crisi attuale tra Russia e Ucraina può essere vista come la manifestazione esterna di questa lunga tradizione di militarizzazione e di attivismo politico delle forze armate. La decisione di intraprendere azioni militari contro l’Ucraina riflette non solo considerazioni geopolitiche ma anche l’influenza duratura delle strutture militari e di sicurezza nella definizione delle priorità nazionali della Russia, evidenziando come le dinamiche interne possano avere ripercussioni significative sulla stabilità regionale e globale.


La struttura della società sovietica era intrinsecamente modellata su principi militari, mirando al controllo della popolazione e all’efficienza produttiva, riflettendo un approccio tipico delle organizzazioni armate. Le radici di questa strutturazione risalgono alla storia dell’URSS, con il Partito Bolscevico di Lenin che incarnava l’ideale di un gruppo di rivoluzionari dediti completamente alla conquista del potere, governati da una ferrea disciplina militare. Successivamente alla rivoluzione del 1917, l’etica partitica promuoveva il sacrificio personale totale per gli obiettivi collettivi, paragonabile all’obbedienza incondizionata di un militare verso i comandi superiori.

Le cellule del Partito, diffuse in ogni settore della vita sociale – dalle fabbriche alle scuole, passando per l’esercito – enfatizzavano il lavoro collettivo organizzato in “brigate” o “squadre d’assalto”. Anche il lessico politico si ispirava alla terminologia militare, con espressioni quali “fronte pioniere” e “mobilizzazione delle riserve”, e il mondo del lavoro adottava simbologie e decorazioni simili a quelle dell’ambiente militare. L’esercito sovietico fungeva da principale agente di socializzazione e “sovietizzazione” per l’ampio mosaico etnico dell’Unione, essendo quasi il 70% dei giovani coinvolti nel servizio militare negli anni Ottanta. Prima di arruolarsi o di entrare nelle accademie militari, i giovani venivano preparati da organizzazioni come la DOSAAF e il Komsomol, che replicavano la struttura e la disciplina dell’esercito, svolgendo un ruolo cruciale nella formazione militare e nella difesa nazionale.

L’impatto dell’esercito e delle forze di sicurezza, collettivamente note come siloviki, si estende ben oltre la loro presenza visibile nel tessuto sociale e politico della Federazione Russa, perpetuando una tradizione dell’era sovietica. Questi individui mantengono il diritto, condiviso con tutti i cittadini russi, di impegnarsi attivamente nella vita politica, partecipando ai partiti e candidandosi a cariche elettive. Questa inclusione risale al periodo sovietico, quando il loro status non precludeva la partecipazione ai massimi livelli decisionali, come il Congresso dei deputati del popolo e il Politburo dove, per tradizione rimasta in vigore fino all’era Gorbaciov, il ministro della Difesa era incluso come membro a pieno titolo. Durante gli anni Ottanta, le forze armate erano ben rappresentate all’interno dei principali organi di governo e del Partito Comunista, con una significativa percentuale di ufficiali e sottufficiali che erano anche membri del partito, segnalando una profonda politicizzazione dell’istituzione militare.

All’inizio degli anni Novanta l’arena politica russa vide l’ingresso significativo di figure militari, sollecitate dai principali attori politici dell’epoca, Gorbaciov ed Eltsin, per fungere da mediatori nelle loro dispute. Questa fase segnò l’inizio di una nuova dinamica di potere, con Eltsin che ricompensava i siloviki per il loro supporto nei tumultuosi eventi del 1993, inserendo figure militari in posizioni chiave dello stato. A differenza dell’URSS, dove l’influenza dei militari era controbilanciata da quella del KGB e del Partito, nella Russia post-sovietica, essa si concentrò attorno alla figura del Presidente. Eltsin cercò di mitigare questa influenza rafforzando le “strutture di forza” alternative e mantenendo un equilibrio tra l’esercito e le altre forze di sicurezza, sotto la vigilanza dei servizi successori del KGB. Contemporaneamente, con la dissoluzione dell’URSS, alcuni militari assunsero ruoli di spicco nella formazione dei nuovi partiti politici e nell’economia, capitalizzando le competenze e le conoscenze acquisite durante il periodo sovietico.

di Giuseppe Gagliano

presidente del Centro Studi Strategici Carlo De Cristoforis (CESTUDEC)

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