Press "Enter" to skip to content

PRIMA TREMATE E POI STRILLATE

Tremate tremate ecc. ecc. Ieri, dopo nove mesi della guerra crudele seguita all’invasione russa dell’Ucraina del 24 febbraio, sono successe le seguenti cose. 1. La Russia ha lanciato il più massiccio attacco missilistico del conflitto, sparando un centinaio di missili su decine di obiettivi (in larga parte infrastrutture energetiche) in quasi tutte le regioni dell’Ucraina, da Khar’kiv a Kiev a L’viv  2. Nel tentativo di intercettare i missili, la contraerea ucraina ha ottenuto qualche buon risultato ma anche pesanti effetti collaterali: a Kiev, un missile russo danneggiato dai colpi si è abbattuto su un condominio, facendo morti; un altro missile ucraino, invece, è caduto in territorio polacco uccidendo due civili  3. Essendo la Polonia un Paese Nato, e prima che la realtà dei fatti saltasse fuori, mentre tutti davano per scontato che si fosse trattato di un errore o di un atto deliberato di Mosca (tutte le prime pagine dei giornali inglesi, tutte, nessuna esclusa, oggi riportano questa tesi), il mondo ha vissuto ore di panico: i meccanismi della Nato sono entrati in azione, le guarnigioni sono state messe in stato di allerta, l’allargamento del conflitto Russia-Ucraina a una vera guerra mondiale è sembrato ormai prossimo.   4. Tutto questo è finito, la tensione è calata. Ma la guerra prosegue feroce come prima.

Tremate, tremate. Dopo una giornata così, una persona di normale buon senso che cosa si aspetterebbe dalla politica? Come minimo, la presa d’atto che non si può andare avanti così. Che il rischio di un disastro ancora più ampio è grandissimo e imprevedibile. Perché le guerre si sa come cominciano ma non come finiscono. E i missili si sa da dove partono ma non sempre dove arrivano. Le conseguenze del conflitto sono ormai drammatiche, anche se cerchiamo di mettere la testa sotto la sabbia. Per la Russia, che è ormai diventata il secondo Paese al mondo, dopo la Corea del Nord, per dipendenza dalle relazioni economiche con la Cina. Per l’Europa, ridotta a pietire gas liquido presso gli Stati Uniti che intanto ce lo fanno pagare quattro volte il prezzo del loro mercato interno. Per l’Ucraina che, come ha detto il generale Mark Milley (capo degli stati maggiori riuniti delle forze armate Usa), ha tra 15 e 30 milioni di profughi e rifugiati, danni strutturali enormi e ha perso, tra morti e feriti, almeno 100 mila uomini. In più, come l’attacco missilistico ha dimostrato, la Russia non ha intenzione di cedere e ha ancora molti strumenti per prolungare la guerra e far del male all’Ucraina.

E invece? In Italia,  ci sono politici che ancora si fanno beffe della necessità di immaginare una proposta per fermare il conflitto. Che propugnano la guerra come unico strumento, e parlano di una vittoria che, come il generale Milley ha spiegato dopo che lo avevano già spiegato molti “pacifisti”, è impossibile per l’Ucraina come per la Russia. Che sottovalutano la torsione cui è sottoposto il continente Europa, tra un’Europa dell’Ovest sempre più succube degli Usa e una Russia che va alla deriva verso un Oriente solo fintamente accogliente. Stiamo vivendo un dramma epocale e questi giocano ai soldatini. E sono gli stessi che un giorno sì e uno no sottolineano il “pericolo Russia”, un Paese a loro dire capace di affamare l’Africa con il blocco dei prodotti agricoli, opprimere i popoli più diversi con la dittatura e la guerra, minacciare l’Europa con il ricatto energetico e il mondo con l’incubo di un conflitto nucleare. Tremano, ma appena hanno finito di tremare strillano che bisogna impugnare le armi. Come ieri: per una notte hanno tremato all’idea che si potesse scatenare una guerra tra Russia e Nato per interposta Polonia, poi hanno ricominciato a fare i gradassi.

L’unica cosa chiara, invece, è che l’Occidente e la Cina dovrebbero mettere tutto il loro peso non scommettendo su una vittoria che per chiunque, nella migliore delle ipotesi, sarebbe una vittoria di Pirro ma puntando a un cessate il fuoco. Per poi cominciare a discutere di un’ipotesi di pace, ben sapendo che si dovrà comunque partire da questa base: Crimea, Dinetsk e Lugansk alla Russia, tutto il resto all’Ucraina. Partire da lì per finire chissà dove, ma intanto smettendo di sparare.

Lettera da Mosca

 

 

 

Tutte le notizie e l’attualità sul nostro canale Telegram

Be First to Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.