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Giù le mani da Olga Misik, per il bene della Russia

Il caso di Olga Misik, 19 anni, condannata a due anni e un mese di “restrizione della libertà personale” per atti di vandalismo, è passato sotto relativo silenzio. Ovvio, lei non ha la potenza di fuoco di Navalny, non riesce a mobilitare i benintenzionati e i malintenzionati russi e occidentali. Eppure, secondo me, il “caso Misik” è molto, molto più interessante e grave del caso Navalny. E provo a dire perché.

Olga è diventata famosa due anni fa quando, durante una manifestazione pro-Navalny, si era seduta a terra e si era messa a leggere la Costituzione russa ai poliziotti in assetto antisommossa. Qualche giorno fa, come si diceva, la Misik è stata condannata insieme con altri due attivisti per “atti di vandalismo”: durante l’ennesima manifestazione, nell’agosto dell’anno scorso, i tre avevano imbrattato con vernice rossa e un poster la garitta della Procura Generale. Danno complessivo, come stimato dal Tribunale che ha emesso la condanna: 47 euro. La questione di Olga fa il paio con le decine di chiamate in commissariato e multe inflitte, prima delle manifestazioni dei mesi scorsi, agli adolescenti che su Tik Tok e gli altri social invitavano amici e follower a partecipare. E rivela un grosso ritardo culturale del “regime” nei confronti dei “giovani”, che va nemmeno troppo lentamente trasformandosi in un ritardo politico pericoloso.

Le virgolette sono d’obbligo in entrambi i casi. Perché è complicato definire il sistema di potere che ruota intorno a Vladimir Putin, che è un misto di consenso (Saviani di tutto il mondo unitevi e poi rassegnatevi, perché il consenso per Putin esiste, eccome) e di autocrazia. Ma è difficilissimo, oggi, raccontare che cosa sono i giovani russi, che rappresentano comunque circa il 9-10% della popolazione totale. Lo ha già sottolineato benissimo, in queste pagine, Luigi De Biase. Di loro, in realtà, sappiamo poco di quel molto che, invece, bisognerebbe conoscere.

Per come emerge dalle ricerche sociologiche russe (questa, per esempio), il ritratto dei giovani russi è quasi schizofrenico. Si definiscono facilmente patriottici (al 62%, secondo uno studio Mikhailov&Partnrs del 2019) ma hanno una conoscenza molto sommaria della storia patria. Lo rilevano plurime ricerche, con aspetti anche paradossali. Nel 2018 il Levada Center condusse un sondaggio sulla figura di Stalin. Benché i giovani fossero i meno inclini ad apprezzarne o riabilitarne la figura, quasi il 40% di loro si trovava in difficoltà, al punto da non riuscire a decidere tra “concordo” o “non concordo”, di fronte alla domanda-provocazione: “Stalin era un leader saggio che condusse il Paese alla potenza e alla prosperità?”.

Patriottici i giovani russi, si diceva. Ma allora perché in percentuale sempre maggiore dichiarano di voler lasciare la Russia? Nel 2007, il Fondo per la Pubblica Opinione censì, nella classe d’età 18-30, un 23% che voleva trasferirsi all’estero. Nel 2011, per la stessa ricerca, la percentuale era salita al 28% e nel 2013 al 37%. Nel febbraio del 2019 la percentuale aveva raggiunto, secondo un sondaggio Levada Center, un sonoro 41%. Dato affidabile, perché affiancato, più o meno nello stesso periodo, dal quasi altrettanto significativo 34% rilevato da un’altra ricerca.

E poi ovviamente Internet, i social, i mezzi alternativi di comunicazione. Più del 50% guarda raramente o mai la televisione. Con tanti saluti all’eventuale propaganda del Cremlino.

Insomma: il problema non è impedire alle Olga Misik di oggi e di domani di partecipare alle manifestazioni o di compiere quei minuscoli sabotaggi all’ordine stabilito (dagli adulti) che gli adolescenti di tutto il mondo tendono a compiere. Il problema, semmai, è trasmettere loro la convinzione di poter partecipare al bene del proprio Paese, di poter essere una forza trainante nella società di appartenenza. Queste “condanne esemplari” contro Internet o contro i ragazzi non servono a nulla, sono come una baionetta piantata in un’onda. Servono, semmai, a trasformare uno spartiacque generazionale in una profonda divisione prima politica e poi antropologica.

Perché Olga Misik e i ragazzi come lei non sono Navalny, con la figlia a Stanford (avete idea di quanti costi studiare in quell’Università? Ma già, lei ha vinto una corsa di studio…), i finanziamenti puntuali in bitcoin, i servizi segreti che l’aiutano a beffare l’Fsb e i suoi agenti. La Misik e gli altri sono giovani russi che esprimono un’esigenza del tutto naturale. Perché è normale che i russi meno giovani apprezzino la stabilità e l’ordine, visto quello che hanno passato con Gorbaciov e Eltsin. Ma è altrettanto naturale che i russi giovani, cresciuti nei cosiddetti “anni d’oro” del putinismo, quando il Paese era stabile e cresceva, chiedano ora novità e cambiamento.

Giù le mani da Olga Misik, per favore. Per il bene della Russia.

Fulvio Scaglione 

 

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One Comment

  1. Vlad62 Vlad62 13 Maggio 2021

    Sono quasi sempre d’accordo con Scaglione, ma questa volta non mi convince. Lui parte dal presupposto che Olga Misik sia una genuina oppositrice spontanea, mentre a me sembra la tipica attivista professionale formata dalle solite famigerate ONG. Tutta la scenetta della lettura della costituzione ai poliziotti è chiaramente preparata a tavolino e la regia è di prim’ordine. Niente di spontaneo, la solita propaganda prefabbricata. Quanto allo spartiacque generazionale, quando noi avevamo la loro età sognavamo di fare Cuba o la Cina di Mao in Italia. Poi siamo cresciuti e abbiamo capito che Mao era meglio lasciarlo in Cina. Questi sono mocciosi di buona famiglia che non sanno nulla della vita reale. Diventeranno adulti e capiranno che la realtà è più complessa del bianco o nero che vedi a 18 anni. Come cantava Guccini “a vent’anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell’età”

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