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I CITTADINI RUSSI, LO STATO E NOI

di Fulvio Scaglione   Lettera da Mosca negli ultimi tempi ha più volte ospitato analisi sul momento della Russia e sul possibile contrasto tra la stabilità macroeconomica perseguita dal Cremlino e la possibilità di ridare slancio all’economia russa e avviarla a un più rapido e deciso sviluppo. Potete leggere un paio di esempi qui e qui. Sono ragionamenti legittimi, soprattutto se applicati a un Paese in cui il reddito reale dei cittadini è calato di oltre il 10% negli ultimi sette anni. Un Paese ricchissimo di materie prime che ormai è ufficialmente in stagnazione.

Detto questo, arrivano poi certi dati a ricordarci che Vladimir Putin e i suoi forse conoscono i russi meglio di noi, nel bene e nel male. Un recente sondaggio del Levada Center (si veda la foto), il più autorevole centro russo per lo studio dell’opinione pubblica, chiede ai cittadini russi quale pensano debba essere la relazione tra loro e lo Stato. E rileva quanto segue: cioè, che i cittadini russi allo Stato chiedono soprattutto protezione e sicurezza. Così, almeno, traduciamo noi il largo consenso (68%) alla risposta “Lo Stato deve prendersi cura dei suoi cittadini o offrire loro la possibilità di un decente livello di vita”. Molto meno apprezzata la risposta “Lo Stato deve stabilire delle regole generali e far sì che vengano rispettate” (24%). Quasi marginale (6%) la quota di coloro che hanno scelto la risposta “Lo Stato deve interferire il meno possibile con la vita dei cittadini”.

Si conferma, quindi, ciò che gli osservatori più smagati (quindi non quelli dei media occidentali) vanno osservando. E cioè che il patto sociale rappresentato dal putinismo (io vi proteggo, voi mi votate) fatica sempre più ma ancora regge. E che l’autoritarismo del Cremlino (per esempio nei confronti di Aleksey Navalny e del suo movimento) viene da moltissimi cittadini russi catalogato nel settore “protezione” e non in quello repressione. Protezione dall’instabilità, dalla confusione, dall’incertezza del futuro, dalle novità. Giusto o sbagliato che sia. A molti di noi non piace, e non ci piace nemmeno l’idea di uno Stato protettore che si fa gli affari nostri. Il problema, come sempre, è che “noi” non siamo “loro”. La Storia non è acqua fresca e nel Dna dei cittadini russi ci sono filamenti completamente diversi dai nostri.

È anche interessante notare, proprio a questo proposito, la gradazione “culturale” delle risposte. I cittadini russi tengono a debita distanza un atteggiamento che potremmo definire europeo, quello della risposta due (che ottiene il 24%): lo Stato deve essere presente ma soprattutto come regolare, come arbitro, non come protagonista della vita sociale. E respingono quello che invece sarebbe un atteggiamento americano (6%): lo Stato stia alla larga dalle nostre vite. Come si vede, quindi, il confronto geopolitico è anche (soprattutto) un confronto culturale, per non dire antropologico.

Fulvio Scaglione

 

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