di Andrey Kolesnikov Secondo un recente sondaggio, l’avvelenamento, il ritorno in Russia e la successiva prigionia hanno solo aumentato la sfiducia e la disapprovazione del pubblico russo nei confronti di Aleksey Navalny, come dimostra un recente sondaggio. La spiegazione non potrebbe essere più banale: in questo caso l’ambasciatore porta pena. Con le sue indagini sugli alti funzionari e il film sul “palazzo di Putin”, Navalny ha presentato nuove prove della corruzione e del fallimento morale della leadership del Paese. Ma la maggioranza silenziosa, il russo medio, non vuole sapere e preferisce rimuovere le informazioni negative e compromettenti sul proprio Paese.
Agli occhi del russo medio questo fu anche il caso dell’aereo passeggeri delle Malaysia Airlines abbattuto sull’Ucraina nel 2014 (solo il 2% dei russi credeva che la Russia fosse responsabile) e dell’avvelenamento degli Skripal del 2018 (solo il 3% riteneva colpevoli le agenzie di intelligence russe). Ora si sta ripetendo con Navalny: il 55% degli intervistati non era propenso a credere che fosse stato avvelenato. Il russo medio non vuole credere al lato oscuro dell’autorità, alza un muro di sospetto e cerca di non pensarci. E coloro che continuano a presentare nuove prove diventano sempre più irritanti. Navalny ha pagato un prezzo incredibilmente alto per aumentare il suo indice di fiducia solo dell’1%, portandolo al 5%, prima che tornasse al 4%.
Il conformismo di massa è una delle garanzie del sistema di Putin, come di ogni regime autoritario. Le elezioni politiche in Russia sono più che altro un referendum che verifica il grado di conformità della maggioranza. Il russo medio dovrebbe andare alle urne e votare per un Presidente inamovibile, per il partito al governo e per i candidati sostenuti dal regime: è un rito che è stato affinato negli anni fino a diventare automatico. Sarebbe curioso quindi aspettarsi che il russo medio cambiasse il proprio comportamento per un film sul “palazzo di Putin”, o perché il leader dell’opposizione era stato avvelenato, o per il ritorno di quel leader in Russia, il suo arresto e il conseguente proteste di massa e resistenza civile.
Un terzo di coloro che hanno visto il film di Navalny sul “palazzo di Putin” o ne aveva sentito parlare è sicuro che il contenuto del film non sia vero, mentre il 38% ha scelto l’opzione “il contenuto sembra vero, ma è difficile valutare il credibilità delle accuse”. Solo il 17% è sicuro che il contenuto del film sia vero. Questo è il risultato di un video che ha ottenuto milioni di visualizzazioni.
Il numero di coloro che credono che i manifestanti siano scesi in piazza perché pagati è cresciuto di 16 punti percentuali rispetto al 2017, fino al 28% attuale. È importante che il russo medio si convinca che non succede mai niente. Ci deve sempre essere qualcuno dietro le quinte che complotta per danneggiare la patria. Il livello di sfiducia nei confronti delle proteste è particolarmente alto nelle grandi città (soprattutto Mosca e San Pietroburgo), e lo è in particolare modo per quelle legate a Navalny: le proteste a Khabarovsk dello scorso anno per l’arresto del governatore hanno suscitato molta più simpatia presso il russo medio delle proteste a sostegno di Navalny nel gennaio e febbraio di quest’anno.
Questo è un punto importante: le proteste senza un leader – o almeno quelle non associate al nome di uno specifico leader – attirano più simpatia nel russo medio rispetto alle proteste con una chiara etichetta politica, come quelle a sostegno di Navalny. Nel gennaio 2021, hanno prevalso un atteggiamento negativo (39%) e indifferenza (37%) nei confronti dei manifestanti, mentre un atteggiamento positivo è stato espresso solo dal 22% degli intervistati. Per fare un confronto, il 47% delle persone aveva un atteggiamento positivo nei confronti dei manifestanti a Khabarovsk e il 16% aveva un atteggiamento negativo.
Le proteste del 2021 sono, per loro natura, una continuazione delle proteste del 2011-2012, un movimento civico per la modernizzazione dello Stato e della società. Ma allo stesso tempo sono molto diverse. Nel 2011-2012 c’era una sensazione di euforia a seguito del disgelo di breve durata costruito dalla presidenza di Dmitry Medvedev, c’era l’aspettativa di un dialogo con le autorità e la certezza che la liberalizzazione e la democratizzazione erano inevitabili. Fino al maggio del 2012 non ci fu repressione da parte della polizia o della magistratura, quindi non c’era timore. Nel 2021 non ci sono illusioni o euforia. C’è, tuttavia, la chiara consapevolezza che la repressione è inevitabile e che le autorità non sono disposte a dialogare o a scendere a compromessi.
Ci sono grandi differenze anche rispetto all’era della perestrojka. Allora, c’era un’idea chiara e semplice – “Abbasso il comunismo” – e il russo medio coltivava l’illusione di un futuro democratico con un’economia di mercato che avrebbe portato il benessere. Ma anche allora la spinta alla democratizzazione arrivava dall’alto. Pochi anni dopo, apparve il leader che simboleggiava quel movimento verso la democrazia: Boris Eltsin. Il monopolio che Navalny esercita sull’opposizione politica, e ora anche su una parte significativa della società civile, ricorda in qualche modo Eltsin. Ma Eltsin faceva parte dell’élite e la sua attività non era considerata illegale. Navalny è stata emarginato dal processo politico, comprese le elezioni. La resistenza civile non è solo vietata, è anche stata criminalizzata dallo Stato.
Lo slogan “Abbasso Putin!” non è sufficiente a mobilitare la Russia. Il russo medio, anche quello insoddisfatto dell’attuale situazione, non è ancora pronto a sostenere l’opposizione, o addirittura a unirsi ai suoi ranghi. Il fatto è che i russi si sono abituati alle regole di un sistema politico autoritario. Potrebbero anche scoprire di essere perfettamente in grado di avvalersi degli strumenti democratici. Ma perché ciò accada, l’iniziativa deve venire dall’alto, come con Mikhail Gorbachev.
Per ora il russo medio è come un osservatore diffidente. Navalny sta spingendo i conformisti fuori dalla loro zona di comfort, cosa che a loro non piace. Tuttavia, dal 2018 (anche a causa della pandemia), il livello di approvazione di un simbolo di comfort come il presidente Putin è diminuito. Qualcosa ha spinto i conformisti a esprimere la loro insoddisfazione alle autorità, anche se questo processo non sempre è evidente.
Pubblicato da Carnegie Moscow Center – Prima puntata
Non sono un fan di Putin, mi pare che abbia sbagliato a modificare la costituzione per poter essere rieletto per altri 20 anni, ma trovo questo articolo molto parziale.
Il fatto che il russo medio non creda all’avvelenamento di Navalny è segno del suo buon senso, non della sia cecità nei confronti “del lato oscuro dell0autorità”. Credo che, se il governo russo volesse la morte di Navalny, Navalny sarebbe morto, per incompetenti che siano le spie russe.
Stessa cosa con gli Skripal. Ci sono mille e una ragione per non credere alla versione dei fatti data dal governo inglese. Certo, le due spie che arrivano a Londra, si sbronzano, si drogano e richiedono i servizi di una prostituta sembrano Gianni e Pinotto, ma non ho visto nessuna prova che li connetta agli Skripal.
Sul “Palazzo di Putin”, oltre che al servizio di Navalny, ho visto quello di un giornalista russo che dimostrava chiaramente che il palazzo era ancora in costruzione. Può darsi che Putin e i suoi siano personalmente corrotti – d’altra parte come fare a non crederlo quando i nostri leader, Biden, la Pelosi, Schumer, etc. lo sono – ma non ho visto ancora prove che lo dimostrino.
L’affermazione che “Navalny esercita un monopolio sull’opposizione politica e la società civile” mi pare smentita da tutto l’articolo, Navalny non rappresenta che una piccola minoranza del popolo russo. E Eltsin fu quello che fece cambiare la costituzione per rafforzare il ruolo della presidenza – ruolo di cui ora è Putin a trarre vantaggio. E l’opposizione in Russia è debole perché, forse, Putin è forte. Chi abbia vissuto il decennio degli anni 90, con l’impoverimento massiccio, l’umiliazione internazionale e la dissoluzione delle istituzioni non può che provare simpatia per chi è riuscito a porvi termine, cioè a Putin, per lo meno per ora.