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Posts tagged as “eltsin”

I MILITARI NELLA SOCIETA’, DA LENIN A PUTIN

di Giuseppe Gagliano – La profonda militarizzazione della società russa, radicata nella storia sovietica e perpetuata nella Federazione Russa, ha plasmato non solo la struttura interna del Paese ma anche il suo approccio verso le politiche estere e i conflitti internazionali. L’evoluzione del ruolo dei militari e dei siloviki (gli uomini degli apparati militari e di sicurezza), da attori chiave nella governance interna a protagonisti sullo scenario politico, ha influenzato direttamente la postura della Russia nei confronti dell’Ucraina. La crisi attuale tra Russia e Ucraina può essere vista come la manifestazione esterna di questa lunga tradizione di militarizzazione e di attivismo politico delle forze armate. La decisione di intraprendere azioni militari contro l’Ucraina riflette non solo considerazioni geopolitiche ma anche l’influenza duratura delle strutture militari e di sicurezza nella definizione delle priorità nazionali della Russia, evidenziando come le dinamiche interne possano avere ripercussioni significative sulla stabilità regionale e globale.

RUSSIA COME INDIA, UCRAINA COME PAKISTAN

di Pietro Pinter     È ricorrente tra gli analisti e i giornalisti descrivere l’Ucraina come “un Vietnam” della Russia, una lunga guerra di logoramento da cui Mosca uscirà sconfitta e a pezzi. Quello con il Vietnam non è però, secondo noi, il paragone più appropriato. Per la Russia, l’Ucraina è, e sarà sempre di più, quello che il Pakistan rappresenta per l’India. E non solo perché in Ucraina si combatte una guerra quasi del tutto regolare, dove l’elemento insurrezionale è poco importanteLa risposta sta nella radice stessa del conflitto.

ADDIO MERKEL, AVVERSARIA RISPETTATA

di Dmitri Trenin        I sedici anni di Angela Merkel come cancelliera tedesca hanno plasmato il posto e il ruolo di Berlino in Europa e nel mondo del XXI secolo. La sua eredità vivrà a lungo dopo che si avrà abbndonato la leadership. Pur essendo saldamente radicata nell’Unione Europea, la Germania è diventata il suo vero, anche se non assoluto, leader. Il pacifico paladino di una versione europea soft del liberalismo. L’aperto sostegno a certi valori, tuttavia, non si traduce in interventismo. Né impedisce alla Germania di perseguire i propri interessi commerciali o di condurre una politica estera pragmatica, entro i limiti del quadro UE/NATO. La leadership della Merkel è stata quasi sempre stabile e affidabile e le sue politiche in gran parte prevedibili. È vero, né la Germania all’interno dell’UE né l’UE all’interno del sistema guidato dagli Stati Uniti hanno raggiunto l’autonomia strategica, ma questo non era certo l’obiettivo della Merkel. Vista da Mosca, l’eredità della Merkel può essere riassunta come segue: riconferma dell’orientamento atlantista della Germania; raggiungimento di una posizione di primus inter pares all’interno dell’Unione Europea; presa di distanza dalla Russia pur mantenendosi in contatto con essa.

Russi conformisti o saggi? Parliamone

Lettera da Mosca resta fedele ai suoi intenti, primo fra tutti quello di pubblicare materiali non banali sulla Russia, a prescindere dall’orientamento ideologico e dalla provenienza. Per provare a capire prima di giudicare. E per uscire da quella brutta sceneggiatura hollywoodiana, genere “Ti spiezzo in due”, che è nella maggior parte dei casi l’informazione corrente sulla Russia. Per questo abbiamo pubblicato i due interessanti articoli ( qui e qui) di Andrey Kolesnikov, prestigioso osservatore della società e della politica russa. In essi l’autore spiega perché il consenso per Navalny non cresce, anzi, pare addirittura calare. E perché la maggioranza (più o meno silenziosa) dei russi continua a stare dalla parte di Vladimir Putin e del Cremlino.

PERCHÈ IL RUSSO MEDIO NON SEGUE NAVALNY (1)

di Andrey Kolesnikov      Secondo un recente sondaggio, l’avvelenamento, il ritorno in Russia e la successiva prigionia hanno solo aumentato la sfiducia e la disapprovazione del pubblico russo nei confronti di Aleksey Navalny, come dimostra un recente sondaggio. La spiegazione non potrebbe essere più banale: in questo caso l’ambasciatore porta pena. Con le sue indagini sugli alti funzionari e il film sul “palazzo di Putin”, Navalny ha presentato nuove prove della corruzione e del fallimento morale della leadership del Paese. Ma la maggioranza silenziosa, il russo medio, non vuole sapere e preferisce rimuovere le informazioni negative e compromettenti sul proprio Paese.

BYE BYE CHUBAIS, RESIDUO DELL’ERA LIBERALE

di Marco Bordoni  Il 2 giugno del 1996, quando Vladimir Yakovlev batté a sorpresa il sindaco in carica Anatoly Sobchak nelle elezioni municipali di San Pietroburgo, il quarantaquattrenne Vladimir Putin, vicecapo dell’amministrazione comunale, si trovò in un momento difficile della sua carriera. Per la seconda volta, dopo l’uscita dal KGB nel 1990, il futuro Presidente si trovava su un binario morto: “Cosa fare?”, avrebbe ricordato più tardi: “In realtà, non c’era un posto dove lavorare. Ad essere sincero, ho anche pensato: magari vado lavorare con un taxi”. La salvezza venne da Anatoliy Chubais.

L’URSS FINIVA NELLA DACIA DI BELOVEZHA

Succedeva l’8 dicembre del 1991, in una dacia nella foresta di Belovezha, in Bielorussia. Boris Eltsin per la Repubblica russa, Leonid Kravchuk per quella ucraina e Stanislav Shushkevic per quella bielorussa proclamavano la fine dell’Unione Sovietica “come entità giuridica e politica”. Ma in realtà succede ogni giorno, perché la fine dell’URSS non è mai finita.