di Giuseppe Gagliano – La profonda militarizzazione della società russa, radicata nella storia sovietica e perpetuata nella Federazione Russa, ha plasmato non solo la struttura interna del Paese ma anche il suo approccio verso le politiche estere e i conflitti internazionali. L’evoluzione del ruolo dei militari e dei siloviki (gli uomini degli apparati militari e di sicurezza), da attori chiave nella governance interna a protagonisti sullo scenario politico, ha influenzato direttamente la postura della Russia nei confronti dell’Ucraina. La crisi attuale tra Russia e Ucraina può essere vista come la manifestazione esterna di questa lunga tradizione di militarizzazione e di attivismo politico delle forze armate. La decisione di intraprendere azioni militari contro l’Ucraina riflette non solo considerazioni geopolitiche ma anche l’influenza duratura delle strutture militari e di sicurezza nella definizione delle priorità nazionali della Russia, evidenziando come le dinamiche interne possano avere ripercussioni significative sulla stabilità regionale e globale.
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di Pietro Pinter È ricorrente tra gli analisti e i giornalisti descrivere l’Ucraina come “un Vietnam” della Russia, una lunga guerra di logoramento da cui Mosca uscirà sconfitta e a pezzi. Quello con il Vietnam non è però, secondo noi, il paragone più appropriato. Per la Russia, l’Ucraina è, e sarà sempre di più, quello che il Pakistan rappresenta per l’India. E non solo perché in Ucraina si combatte una guerra quasi del tutto regolare, dove l’elemento insurrezionale è poco importante. La risposta sta nella radice stessa del conflitto.
di Pietro Pinter Chi è Aleksandr Vyacheslavovich Kurenkov, e perché dovrebbe interessarci? Nato nel 1972, nella regione di Mosca, emerge oggi come un uomo in cui Vladimir Putin ripone assoluta fiducia, il che potrebbe, insieme alla sua età e al suo pedigree da silovik, metterlo nella condizione di essere un potenziale successore. Kurenkov ha iniziato la sua carriera nell’FSB, il servizio di sicurezza interna della Federazione Russa, per poi diventare un ufficiale del Servizio di Protezione Federale (SPF), corpo il cui compito è la protezione fisica
delle più importanti cariche russe. In questo ambito diventa la guardia del corpo di Viktor Zubkov, ai tempi (2007-2008) primo ministro sotto Putin (ora segretario del Consiglio di Amministrazione di Gazprom) e in seguito vice primo ministro, quando Medvedev assunse la presidenza e Putin assunse la carica di primo ministro. Ai tempi della guerra in Georgia.
di Andrey Kolesnikov Secondo un recente sondaggio, l’avvelenamento, il ritorno in Russia e la successiva prigionia hanno solo aumentato la sfiducia e la disapprovazione del pubblico russo nei confronti di Aleksey Navalny, come dimostra un recente sondaggio. La spiegazione non potrebbe essere più banale: in questo caso l’ambasciatore porta pena. Con le sue indagini sugli alti funzionari e il film sul “palazzo di Putin”, Navalny ha presentato nuove prove della corruzione e del fallimento morale della leadership del Paese. Ma la maggioranza silenziosa, il russo medio, non vuole sapere e preferisce rimuovere le informazioni negative e compromettenti sul proprio Paese.
Giusto trent’anni fa, il 17 marzo del 1991, l’URSS chiedeva ai propri cittadini, tramite referendum, se era ancora desiderata o no, se doveva continuare a vivere o morire. Era il Vsesojuznyj referendum o sochranenii SSSR, il Referendum dell’intera Urss sulla conservazione dell’URSS, già dal nome un assurdo storico mica male.
Tra Russia e Lituania può scoppiare una grave crisi diplomatica. Tutto a causa di un tenente e dei fatti del 13 gennaio 1991. Nel marzo del 1990, infatti, il Parlamento lituano aveva proclamato l’indipendenza. Dopo vari tentativi di bloccare il processo e far rientrare la crisi, Mikhail Gorbaciov rivolse (10 gennaio 1991) un ultimatum affinché Vilnius riconoscesse la sovranità sovietica, minacciando un intervento militare. Nei giorni successivi la popolazione lituana cominciò a raccogliersi intorno alla sede della televisione e del Parlamento finché il 13 gennaio le truppe e i corpi speciali sovietici, appoggiati da mezzi corazzati, passarono all’attacco. Nelle operazioni per disperdere la folla morirono 13 persone e altre 140 furono ferite. Uno dei carri armati sovietici era comandato, appunto, dal ventiduenne tenente Yuriy Mel’.