Secondo fonti del Governo della Georgia, sono già 80 mila i russi, bielorussi e ucraini che vivono nel Paese, che ha in totale 4 milioni di abitanti. I russi arrivati dalla fine di febbraio, cioè dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, sarebbero circa 30 mila. Degli 80 mila recenti immigrati, circa 20-25 mila sarebbero specialisti del settore informatico, parte del flusso che porta migliaia e migliaia di programmatori e tecnici a riversarsi in Paesi come Armenia, Kazakhstan, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Israele. Il fenomeno non è sfuggito agli Usa, che cercano di attrarli rendendo meno difficili le procedure per l’ottenimento del visto.
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di Ted Galen Carpenter L’amministrazione Biden sta facendo di tutto per assicurare al Governo ucraino che gli Stati Uniti e la NATO sono pronti a spallaggiare Kiev nel confronto crescente con i separatisti sostenuti dalla Russia e con la stessa Russia. Un comunicato stampa della Casa Bianca del 2 aprile ha confermato che nella sua telefonata al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Joe Biden “ha ribadito il fermo sostegno degli Stati Uniti alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina di fronte alla continua aggressione russa nel Donbas e in Crimea”. Altri esponenti di alto livello dell’Amministrazione, tra cui il segretario alla Difesa Lloyd Austin e il Segretario di Stato Antony Blinken, hanno fatto lo stesso.
Spiacenti, la Storia, come pure questa storia, non è cominciata in Ucraina nel 2014. Certo, è comodo per certa propaganda americana ed europea datare il deterioramento delle relazioni tra Occidente e Russia alla crisi di Maidan, la cacciata di Viktor Yanukovich, la riannessione da parte di Mosca della Crimea, la guerra nel Donbass. È ovviamente impossibile sottovalutare l’impatto di questi eventi, anche in termini di violazione di consuetudini consolidate e di trattati internazionali. Ma pensare che tutto sia partito da Maidan, che sia per la Crimea o il Donbass che si arriva al “Putin assassino” del presidente Joe Biden, come pretende la vulgata che viene ripetuta senza sosta, è semplicemente ridicolo.
Giusto trent’anni fa, il 17 marzo del 1991, l’URSS chiedeva ai propri cittadini, tramite referendum, se era ancora desiderata o no, se doveva continuare a vivere o morire. Era il Vsesojuznyj referendum o sochranenii SSSR, il Referendum dell’intera Urss sulla conservazione dell’URSS, già dal nome un assurdo storico mica male.