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PROPAGANDA RUSSA, L’OSSESSIONE

Ci chiediamo spesso a chi serva e quali scopi abbia l’ossessiva campagna contro la propaganda russa in Italia, contro le ingerenze russe che cercano di orientare la politica e l’opinione pubblica italiana in senso pro-Mosca e, nell’attuale contingenza, anti-Kiev. Un senso deve pure averlo, questa campagna di allerta perenne così esagerata rispetto alle dimensioni del problema. È ovvio che i russi fanno propaganda, ovunque e comunque possano. Allo scopo, per costruirsi un certo soft power e far passare la propria linea, avevano lanciato tutta una serie di mezzi di comunicazione, tradizionali e social, come Russia Today e Sputnik, tra l’altro ben distribuiti in giro per il mondo (ma bloccati dall’inizio dell’invasione russa). È ciò che fanno tutte le potenze, in buona o in cattiva fede. Ma l’esagerazione resta e proviamo a vederne qualche aspetto.

Per quanto riguarda la guerra in Ucraina, l’avvio di questa ossessione ha una data ufficiale, almeno per quanto riguarda la guerra in Ucraina: il 5 giugno 2022 (l’invasione russa è cominciata il 24 febbraio), quando il Corriere della Sera pubblica una pagina intera con il titolo “La rete di Putin in Italia”. I titoli sono titoli, si sa, fanno sintesi estrema. Ma “la rete di Putin in Italia” fa pensare (cosa che nell’articolo comunque non è detta, nemmeno per allusione) a qualcuno assoldato da Putin. Ma andiamo avanti. Uno dei protagonisti di questa “rete” sarebbe il professor Alessandro Orsini, l’unico ad aver poi ottenuto una vasta notorietà (e quindi, si presume, influenza) mediatica. Ma gli altri? Uno è il giornalista free lance Giorgio Bianchi, l’altro il suo collega Maurizio Vezzosi. Poi c’è Manlio Dinucci, giornalista e saggista, promotore del comitato “No guerra no Nato”. Per il momento mi fermo a questi nomi: dal 5 giugno 2022, data di uscita di quell’articolo, quante volte li avete visti comparire in Tv o pubblicare articoli sui giornali più diffusi? Li avete regolarmente ascoltati sui canali radio, di Stato o privati, che fanno decine di milioni di contatti ogni giorno? A noi non risulta. Esistono i social, ovvio. Allora: Giorgio Bianchi ha circa 39 mila follower su Facebook, Maurizio Vezzosi ne ha poco più di 10 mila. E infatti di questo stiamo parlando: migliaia contro milioni. E lasciamo perdere gli altri nomi indicati nella pagina del Corriere, dove nella “rete di Putin” viene inserito anche il dottor Claudio Giordanengo, specialista in Odontostomatologia, già candidato (non eletto) per la Lega Nord al Comune di Saluzzo (Cuneo).

Nel giugno del 2022 si fece molto riferimento, sui giornali, anche a un’indagine del Copasir sulle influenze illecite della propaganda russa in Italia. Indagine che, ovviamente, lanciava l’allarme ma di cui non si è saputo più nulla. Ma il caso del dottor Giordanengo e il riferimento alla Lega ci consentono di fare un passo avanti, perché nell’estate del 2022, in attesa del voto politico del 25 settembre, si levarono decine di preoccupati articoli su come la propaganda russa si apprestava a influenzare le elezioni. E sul fatto che di un eventuale Governo di destra avrebbero fatto parte due leader giudicati “putiniani”, ovvero Berlusconi e Salvini. Risultato: il Governo Meloni, in prima fila in Europa nel sostegno “senza se e senza ma” all’Ucraina, quest’anno per due volte (in febbraio e in maggio) ringraziato dallo stesso presidente Zelensky.

Veniamo ai giorni nostri. È stata ripresa con una certa enfasi, anche dalla stampa internazionale, la ricerca di Matteo Pugliese, un ricercatore italiano che ha provato a mappare la presenza sui media italiani dei propagandisti del Cremlino. Presenza, secondo alcuni, è un pallido eufemismo: il Guardian inglese, che si è occupato della la ricerca di Pugliese, scrive addirittura che “la propaganda del Cremlino permea (ripeto: permea) i media italiani”. Come tale l’articolo inglese è poi stato rilanciato sui media italiani. Ok. Chi ha provato a tradurre in numeri, ha rilasciato queste statistiche, relative alle Tv: 12 presenza pro-Russia su Rete 4, 8 su La 7, 1 su Rai 3. Totale: 21 interventi dal 24 febbraio 2022, ovvero 21 interventi in 18 mesi e mezzo di invasione e guerra. Se la calcolatrice non sbaglia, fa 1,1 interventi al mese. Questa è la propaganda del Cremlino che “permea” i media italiani, mentre il 99% dei commentatori, della stampa, dei canali Tv e delle radio è schierata con la causa ucraina? Senza contare il fatto che un ministro degli Esteri, una portavoce ufficiale del ministero degli Esteri e un ambasciatore non possono essere considerati dei “propagandisti”. Semmai i rappresentanti di un regime odioso, ma non dei propagandisti. E sempre ammettendo il fatto che non ci interessi sapere che cosa dica e quali argomenti usi il nostro nemico, cosa che secondo me dovrebbe invece interessarci assai. Obiezione: c’è anche la Rete! Vero. Ma se vogliamo fare un discorso serio, allora prendiamo in considerazione tutti gli studi. Anche quello, per esempio, realizzata in un Paese certo non filo russo come l’Australia, dall’Università di Adelaide, nei primi mesi della guerra, che assegnava alla propaganda ucraina, e non a quella russa, il primato in Rete. E calcolava che il 90,16% degli account bot-like fosse filo-ucraino.

Parliamo di propaganda ucraina non a caso. Esiste, lo sappiamo bene, com’è giusto che sia in un Paese impegnato in una lotta mortale per la sopravvivenza. E se pure ha deciso, per mille degnissime ragioni, di sposare la causa ucraina, chi si occupa di comunicazione dovrebbe riconoscerla come tale e, quando è il caso, fare la debita tara. In generale, invece, i media italiani, pensando forse di fare opera buona per il Paese invaso e contro quello invasore, manco ci provano. A spese, ovviamente, non del Cremlino, cui il parere della nostra stampa importa poco, ma dei lettori e dei cittadini italiani.

Vogliamo vedere come i grandi media italiani hanno trattato il dimissionamento del ministro della Difesa ucraino Oleksiy Reznikov, fino a qualche giorno fa capo di un ministero cruciale per le sorti del Paese ma bucherellato dagli scandali, partendo dalle forniture a prezzi gonfiati per arrivare al licenziamento in massa dei responsabili (corrotti) degli uffici di reclutamento a cui si è sentito costretto il presidente Zelens’kyj? Quanti giornali italiani hanno pubblicato, e commentato, la notizia che è stata drasticamente ridotta, in Ucraina, la lista delle malattie e dei problemi fisici che possono portare all’esenzione dal servizio militare, o che la Polonia sta meditando di espellere verso l’Ucraina i circa 20 mila uomini ucraini che sono sul suo territorio e che, evidentemente, non fanno il servizio militare? Non verrebbe da pensare che l’esercito ucraino sia a corto di personale?

Alla fine, si ha la sensazione che tutta quell’ossessione per la propaganda russa (a proposito: quei famosi hacker che fecero eleggere Trump e trionfare la Brexit, come mai non riescono a intercettare le mosse degli ucraini?) serva soprattutto a mimetizzare il processo degenerativo dell’informazione italiana. Sempre più approssimativa, sempre meno credibile. Soprattutto, sempre meno creduta.

Lettera da Mosca 

 

 

 

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