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“DEFENDER”, IL SENSO DI UNA PROVOCAZIONE

Dopo le esercitazioni Defender Europe 2021, dopo il crescente spostamento a Est di truppe e sistemi d’arma offensivi e difensivi, dopo i continui finanziamenti alle opposizioni o sedicenti tali, dopo le campagne di stampa contro la Russia, dopo l’incidente del Golfo Pietro il Grande, siamo arrivati a un nuovo livello di bassezza. L’incidente di Sebastopoli vede protagonista il cacciatorpediniere “Defender” della marina britannica, unità di prim’ordine, di ultima generazione. Il giorno 23, pur partecipando a un’esercitazione congiunta con le forze ucraine, il “Defender” ha preso il largo e, con a bordo una squadra di marine ucraini e alcuni giornalisti inglesi, ha fatto rotta verso le acque russe. Il video girato da Jonathan Beale, giornalista della Bbc, ha svelato la premeditazione di tale azione. Non si è trattato di un incidente, la rotta presa dalla nave, come si nota in alcune immagini del video, era tracciata per attraversare le acque territoriali russe in aperta violazione di ogni trattato.

 

Non vi sono dubbi sul fatto che non sia stato un errore di strumentazione come accaduto il giorno prima. Anzi, proprio l’errore precedente costituisce una prova della premeditazione. Il giorno prima er accaduto questo: il sistema di rilevamento della posizione della nave era stato manomesso in modo che segnalasse una rotta verso Sebastopoli, mentre la nave in realtà si trovava ancora nel porto di Odessa. Questa azione, in aperta violazione delle leggi di navigazione internazionali, è un atto gravissimo: serviva infatti a confondere le idee degli operatori russi e a far loro credere che anche il segnale eventualmente ricevuto dal “Defender” il giorno dopo fosse una simulazione. Questo trucco ha causato un ritardo nel mettere in mare unità di dimensioni maggiori o pari a quelle del cacciatorpediniere, che potessero affrontare su un piano di parità l’unità inglese. In situazioni analoghe, unità di pari o maggiori dimensioni avrebbe potuto speronare e spingere fuori dalle acque territoriali la nave inglese. Ad affrontare il “Defender”, invece, si è portata una unità della guardia costiera di dimensioni decisamente inferiori, che ha potuto solo comunicare l’ordine di allontanarsi e attuare un fuoco di avvertimento senza colpire la nave inglese. Ad essa (il nome della nave russa non è noto) si sono presto uniti alcuni caccia SU-24 che, dopo alcuni sorvoli a volo radente, hanno sganciato 4 ordigni da 250 kg davanti alla nave, che ha iniziato una manovra a zig zag prima di abbandonare le acque territoriali.

La risposta del ministero della Marina inglese lascia ulteriormente perplessi. I britannici hanno negato che i russi avessero messo in atto determinate azioni per convincere l’unità britannica ad abbandonare la rotta. Hanno negato i sorvoli (una ventina), il fuoco di avvertimento della guardia costiera russa, il lancio degli ordigni da parte dei caccia SU-24. Peccato che a bordo i giornalisti della BBC stessero girando un servizio con cui ci hanno mostrato la rotta della nave programmata per attraversare le acque territoriali russe, e hanno registrato i rumori del sorvolo dei caccia. Lo stesso Beale ha parlato, senza dubbio di interpretazione, di rumore di fuoco proveniente dall’unità russa, che navigava a fianco di quella inglese.

 Il silenzio, e quindi il consenso, all’azione inglese da parte delle nostre istituzioni e degli altri paesi componenti la NATO, ci dice che quella messa in atto dal “Defender” non era un’iniziativa solo inglese, ma piuttosto un’azione concordata ai massimi livelli dei comandi NATO e quindi anche dei Governi che fanno parte dell’Alleanza. I russi sono stati molto chiari in proposito: la prossima volta non ci saranno avvertimenti. Come già avvenuto per l’incidente del Golfo di Pietro il Grande, nel Mar del Giappone, allo  sconfinamento di un cacciatorpediniere americano seguì l’ordine perentorio dei comandi russi di aprire il fuoco in caso di ulteriore sconfinamento e di inseguire e affondare l’unità autrice della violazione, secondo il diritto di inseguimento.

In questi giorni sono presenti nelle acque del Mar Nero diverse unità della NATO tra cui una nostra FREMM italiana, perché oggi cominciano le esercitazioni congiunte tra la NATO e la Marina Ucraina con contemporanea esercitazione di terra. A questo rischio si somma il fatto che le autorità ucraine abbiano assegnato per queste esercitazioni un tratto di mare che anche russi hanno indicato come territorio per loro esercitazione, in un evidente crescendo della crisi. Il rischio di ulteriori incidenti è, evidentemente, altissimo.

Stefano Orsi

fondatore e animatore del canale You Tube di analisi politiche e militari

 

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