di Giuseppe Gagliano In Russia un’ondata di repressione si abbatte sulla cosiddetta opposizione non di sistema, termine che designa tutte le organizzazioni che non sono ufficialmente riconosciute come partiti politici e che, di conseguenza, sono tenute fuori dalla competizione elettorale. Alcuni media emblematici dei circoli del dissenso liberale e democratico, molto impegnati contro Vladimir Putin – come la rivista studentesca Doxa o, ancora più emblematico, il canale di notizie online Meduza – si trovano nel mirino della giustizia, sotto l’influenza della legislazione contro l’estremismo (la legge federale volta a “combattere le attività estremiste”, adottata nel 2002, è stata modificata e rafforzata nel 2008 e nel 2015) o quella che disciplina l’attività delle organizzazioni che ricevono finanziamenti esteri. Questa legge, adottata nel 2012 (rafforzata nel 2020 sul modello della legge americana FARA, Foreign Agents Registration Act, 1938), richiede alle ONG che ricevono finanziamenti dall’estero di registrarsi soprattutto su Internet, a rischio di essere soggette a restrizioni della propria attività o di essere multati.
Tutto indica che le autorità si sono impegnate, in vista delle elezioni legislative del 19 settembre 2021, a rivedere la gestione politica del Paese, finora basata sul dominio senza condizioni o quasi del partito Russia Unita (che ha dal 2004 una comoda maggioranza di due terzi nella Duma) con l’obiettivo di allargare la base di appoggio al potere a partiti fino ad ora considerati parte dell’opposizione sistemica, ovvero il Partito Comunista (KPRF), LDPR (il partito del famoso piantagrane Vladimir Zhirinovsky) e Russia Giusta. Anticipando l’incapacità del partito Russia Unita, alla luce dei ricorrenti sondaggi, di riconquistare una maggioranza ampia come nelle precedenti elezioni, il Governo cercherebbe di cooptare, almeno in parte, l’opposizione sistemica.
Di conseguenza, la repressione condotta nei confronti dell’opposizione non sistemica non dovrebbe essere analizzata semplicemente come il segno di una svolta più autoritaria ma come un’importante evoluzione del sistema politico, la cui legittimità non sarebbe più basata su un partito ultra maggioritario e dominante, ma sulla coalizione informale di tutti i partiti del sistema, uniti attorno a un “consenso patriottico” sulla difesa della politica di potere e della sovranità della Russia contro tutti coloro che, da dentro e da fuori, vorrebbero rimettere in discussione questi principi.
A sette anni dalla “primavera russa” del 2014, momento di forte coesione tra i russi e i loro leader prodotto dall’annessione e dalla riunificazione della Crimea con la Russia, il Governo ha un grande bisogno di rafforzare e rinnovare la propria legittimità. Il fervore patriottico provocato dalla “piccola vittoria” della Russia in Crimea (vittoria strappata all’Ucraina e, di conseguenza, all’Occidente) ha lasciato il posto al malcontento sociale. L’opinione pubblica russa è stanca di sentir parlare solo di “Ucraina e Siria” su tutte le reti, a scapito dei temi che più la preoccupano: il potere d’acquisto che diminuisce, l’inflazione che sale, l’occupazione che ristagna, l’assistenza sociale che è insufficiente…
Il passaggio del coronavirus ha solo amplificato nella popolazione la sensazione di subire gli effetti di una profonda crisi sociale ed economica. Nel suo discorso alle Camere, il 21 aprile, Vladimir Putin ha chiesto una mobilitazione generale, sia contro la crisi economica post-Covid sia contro l’ostilità occidentale, poste sullo stesso piano. Il Presidente russo ha annunciato l’adozione di numerose misure volte a rilanciare l’economia la cui crescita, senza essere spenta come quella dei Paesi europei, è stagnante dal 2014. Citiamo due dati significativi: nel 2020, il reddito disponibile dei russi è risultato inferiore del 10,6% rispetto a a quello del 2014, mentre la quota delle prestazioni sociali nella struttura del reddito familiare è arrivata al 21% (era il 18,6% nel 2014). Alcune delle misure allora annnunciate da Putin sono simboliche, come l’obbligo per i grandi gruppi di investire di più o la concessione di crediti pubblici per le infrastrutture. Ci sono anche molte misure sociali, a favore delle famiglie più modeste e precarie, a volte non prive di intenti politici: così, a fine agosto, alla vigilia delle elezioni legislative, verrà corrisposta un’indennità scolastica di 10.000 rubli (110 euro) per alunno. ..
Tre giorni dopo il discorso presidenziale, il XVIII Congresso della KPRF, il primo dei partiti di opposizione sistemica rappresentati alla Duma (42 seggi su 450, davanti a LDPR, 40, e Russia Giusta, 23; Russia Unita ne detiene 335) , ha offerto a parlamentari e dirigenti comunisti l’opportunità di competere nel criticare queste misure, “incapaci di risolvere i problemi socio-economici fondamentali”. Concludendo il congresso di un partito che guida da 28 anni, Gennadyj Ziuganov ha sottolineato che Vladimir Putin, certamente consapevole della portata della crisi, è ostaggio della sua oligarchia. È tempo, ha esclamato, di porre fine al baccanale capitalista e di ripristinare la pianificazione.
Tuttavia, allo stesso tempo, Ziuganov si è schierato con Putin senza riserve sulla politica estera e di sicurezza, e ha scagliato altre frecce contro Navalny, che starebbe solo cercando di diffondere il caos in Russia per favorire le forze del globalismo. Per Ziuganov era imperativo soprattutto riaffermare la lealtà della KPRF al Cremlino, dopo che un certo numero di funzionari eletti e funzionari del partito a livello regionale hanno sostenuto apertamente i manifestanti pro-Navalny e lo hanno difeso lo stesso Navalny al momento del suo processo.
In questa prospettiva, il Governo deve affrontare l’opposizione sistemica e rafforzare, all’interno dei partiti la posizione dei dirigenti e dei leader più “fedeli”. Citiamo il caso, emblematico, dell’integrazione (lo scorso febbraio) del movimento dello scrittore nazionalista Zakhar Prilepine, grande voce della “primavera russa”, araldo del sostegno alle forze separatiste del Donbass, con la formazione di opposizione Russia Giusta, manovra della quale è difficilmente discutibile che sia stata pilotata “dall’alto” e che sia intesa a rafforzare l’ala “sinistra patriottica” delle forze politiche fedeli al Cremlino. Il potere intende in questo modo controbilanciare una protesta sociale che si sta diffondendo nel Paese e ne mina la legittimità. Perché il movimento di Navalny è l’albero che nasconde la foresta di tante altre mobilitazioni, più ancorate al campo sociale, localizzate, sporadiche e apolitiche, come la protesta contro le truffe immobiliari, il “movimento dei cassonetti”, le ricorrenti proteste contro la riforma delle pensioni, la protesta contro la cacciata del governatore eletto della regione di Khabarovsk… La richiesta di giustizia sociale è tanto più pressante in quanto la crisi ha ulteriormente aumentato la dipendenza di un numero sempre crescente di russi dallo Stato, che paga pensioni, sussidi e assistenza sociale.
Questa strategia, decisa per salvare la maggioranza parlamentare, avrà successo? Per il momento, accontentiamoci di segnalarne alcuni limiti. Favorito dall’ostilità del blocco occidentale nei confronti della Russia in quasi tutti i campi, l’appello al sostegno della Patria minacciata rimane un argomento efficace. Usato troppo, però, potrebbe finire per logorarsi, soprattutto quando la classe di governo “patriottica” acquista immobili di lusso o porta all’estero le proprie fortune. Anche il voto sugli emendamenti alla Costituzione, che ora consente a Vladimir Putin di rimanere alla presidenza per due mandati dopo il 2024, è un’arma a doppio taglio: se la popolarità di Putin, che resta alta, dovesse crollare, indebolirebbe l’istituzione presidenziale e “la verticale dell’energia”.
Infine, la cooptazione dell’opposizione sistemica all’interno del “partito di potere” priverebbe quest’ultimo di una leva essenziale di opposizione leale, trasformando un regime a partito dominante in un regime quasi monopartitico che si ritroverebbe solo di fronte a un’opposizione esterna al sistema che, in queste condizioni, non può che rafforzarsi.
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