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Posts tagged as “duma”

MINORANZE ETNICHE, LA RISERVA DEL CREMLINO

di Pietro Pinter     La presenza ai vertici politici – nella fattispecie al ministero della Difesa, con Sergey Shoigu e alla vicepresidenza della Duma con Sholban Kara Ooh – di due nativi della piccola Repubblica di Tuva, uno dei soggetti federali più poveri della Federazione Russa, ci porta a fare alcune considerazioni sul ruolo delle minoranze etniche nell’architettura dello Stato russo. L’impero russo è notevolmente ridotto rispetto ai fasti zaristi e sovietici. Sembrano ormai lontani, anche se non lo sono, i tempi in cui l’Asia Centrale, i Paesi baltici, l’Europa orientale e il Caucaso facevano parte di un’unica entità politica, con centro a Mosca, imperniata sull’heartland e sul popolo russi.

Russia Unita in una Russia meno unita

E insomma, anche questa volta Russia Unita l’ha sfangata e potrà continuare a controllare la Duma.  Diamo un’occhiata ai dati, senza le isterie degli pseudoesperti che, quando si tratta di Russia, spuntano come i funghi. Mica c’è stata tanta differenza, rispetto alle elezioni del 2016. Allora (2016) affluenza al 47,88%, Russia unita al 54,18% e il Partito Comunista al 13,34%. Oggi (con il 99,77% dei voti scrutinati), Russia Unita al 49,84% e i comunisti al 18,95, con l’affluenza intorno al 52%. Chi parla oggi di buona affluenza dimentica che quella del 2016 fu la più bassa della storia, in Russia. E chi sottolinea che Russia Unita è andata in crisi, dimentica quanto contasse nel 2016 l’effetto traino della crisi in Ucraina e Crimea. E trascura il fatto che il 5% guadagnato dal Partito Comunista in questo voto è in gran parte dovuto a un trasferimento di consensi da Russia Unita. Assai più radicale del partito di Putin, per esempio nei rapporti con l’Occidente, quello di Zyuganov rappresenta la contestazione (da destra) istituzionale. Gli scontenti votano Partito Comunista sapendo che, in ogni caso, Zyuganov alla Duma voterà con Putin. E dubito molto, come scrive anche Marco Bordoni nel suo articolo, che il leader dei comunisti metterà a rischio l’attuale buona sorte per trasformarsi in un oppositore vero.

PIU’ COMUNISTI DI COSI’ SOLO CON ELTSIN

di Marco Bordoni    L’analisi della vigilia è sostanzialmente confermata dai risultati quasi finali: queste elezioni non potevano essere, e non sono state, una svolta per la Russia. Come sono andate? Vediamolo nel dettaglio: Russia Unita perde qualche punto e qualche seggio rispetto alla tornata del 2016 ma la grande maggioranza dei media, della burocrazia e della politica fa bene o male quello che deve, ovvero porta il Paese profondo a votare Russia Unita.  Il Partito Comunista ottiene il miglior risultato degli ultimi vent’anni anni (oltre il 20% sooo alle politiche del 1995 e del 1999, n.d.r) e questa (chiamiamola così) vittoria, avrà sicuramente molti padri. I liberali diranno che è merito di Navaly, e del suo progetto di Voto Intelligente, che invitava i simpatizzanti del blogger a sostenere 137 candidati comunisti.

Il voto e l’ossessione di Putin

È noto a tutti che Vladimir Putin non è arrivato in grandissimo spolvero al voto (si tratta di rinnovare i 450 seggi della Duma ed eleggere 12 governatori regionali) che la Russia ha affrontato in questi giorni. Gli indizi del nervosismo del Presidente sono evidenti, dalla misteriosa “vacanza” di quattro giorni trascorsa con il ministro della Difesa Shoigu in una località segreta della Siberia all’autoisolamento deciso dopo che, secondo le informazioni ufficiali, molti membri del suo staff sono risultati affetti da Covid. Curioso sistema di difesa (e il vaccino? e i tamponi? e i controlli?) che fa il paio con la vaccinazione, che Putin fece senza mostrarsi e senza rivelare con quale vaccino. E poi ci sono i segnali di qualche smottamento nella cosiddetta “verticale del potere”, cioè in quella struttura centralizzata di gestione del Paese che è stata forse il più vero e significativo successo di Putin. Prima del voto sono stati innumerevoli gli alti funzionari che, nelle diverse regioni, sono stati silurati con la classica accusa di corruzione. E ci sono personaggi fino a ieri importanti che paiono caduti in profonda disgrazia: per esempio Dmitrij Medvedev, già premier e Presidente, in teoria capo del partito putiniano Russia Unita ma del tutto assente dalla campagna elettorale.

LA RUSSIA VOTA, MA PER CHE COSA?

di Marco Bordoni   Il 5 febbraio 1997 George Kennan, ispiratore della “dottrina Truman” e della politica di “contenimento” dell’Unione Sovietica nel secondo dopo guerra, firmò per il New York Times un pezzo dal titolo “Un errore fatale” per prendere posizione sul progetto di allargamento a Est della NATO “fino ai confini russi”. La contrarietà dello statista era, in sintesi, così motivata: “Possiamo attenderci che una decisione simile infiammerebbe le tendenze anti occidentali e militariste dell’opinione pubblica russa; che abbia un effetto nocivo sullo sviluppo della democrazia russa; che riporti il clima da guerra fredda nelle relazioni Est-Ovest, e che spinga la politica estera russa in direzione decisamente sgradite”.  Come noto gli avvertimenti di Kennan furono ignorati e la NATO, che pure aveva assolto la sua funzione storica, non solo non venne liquidata, ma venne progressivamente estesa, con l’esplicito disegno di costruire ai danni della Russia un sistema giugulatorio di relazioni talmente sbilanciato da precludere a Mosca qualsiasi ambizione all’indipendenza decisionale (e qui la citazione di un altro eminente statista USA, Zbigniew Brzezinski, si impone).

OPPOSIZIONE? LA ORGANIZZA IL CREMLINO

di Giuseppe Gagliano    In Russia un’ondata di repressione si abbatte sulla cosiddetta opposizione non di sistema, termine che designa tutte le organizzazioni che non sono ufficialmente riconosciute come partiti politici e che, di conseguenza, sono tenute fuori dalla competizione elettorale. Alcuni media emblematici dei circoli del dissenso liberale e democratico, molto impegnati contro Vladimir Putin – come la rivista studentesca Doxa o, ancora più emblematico, il canale di notizie online Meduza – si trovano nel mirino della giustizia, sotto l’influenza della legislazione contro l’estremismo (la legge federale volta a “combattere le attività estremiste”, adottata nel 2002, è stata modificata e rafforzata nel 2008 e nel 2015) o quella che disciplina l’attività delle organizzazioni che ricevono finanziamenti esteri. Questa legge, adottata nel 2012 (rafforzata nel 2020 sul modello della legge americana FARA, Foreign Agents Registration Act, 1938), richiede alle ONG che ricevono finanziamenti dall’estero di registrarsi soprattutto su Internet, a rischio di essere soggette a restrizioni della propria attività o di essere multati.

LA DUMA ALL’ATTACCO DI MCDONALD’S

Oltre a Nestlé e Coca-Cola, è necessario “fare i conti” anche con McDonald’s, che influisce negativamente sulla cultura alimentare dei russi. Lo sostiene Gennady Onishchenko, primo vice presidente della Commissione per l’istruzione e la scienza della Duma. Secondo Onishchenko, inoltre, che la Russia dovrebbe gradualmente abbandonare l’uso di contenitori di plastica, passando a materiali biodegradabili. “Per quanto riguarda Nestlé”, dice, “non è che devi prendere e metterla al bando. Si può però fare loro questa proposta: o cambi la tua politica o semplicemente ti cacciamo dal nostro mercato. Dopo tutto, questi non sono prodotti essenziali. E poi dobbiamo occuparci anche di McDonalds. Questo fast food in poco tempo ha praticamente distrutto una cultura alimentare vecchia di secoli. Oggi, grazie a McDonald’s, il pasto asciutto, tipo le patatine mangiate alla fermata dell’autobus, è considerato quasi la norma”.