Secondo Rosfinmonitoring, l’Agenzia della Federazione Russa per il controllo finanziario, oltre 100 miliardi di rubli sono stati sottratti in maniera truffaldina alle casse pubbliche durante il 2020. Rubati nei più diversi modi e, in questo anno terribile, spesso nel modo più odioso: con finti progetti di aiuto alle aree e alle persone colpite dal Coronavirus e con la relativa bustarella al controllore di turno. Cento miliardi di rubli corrispondono, più o meno, a 1 miliardo e 110 milioni di euro. Ovvero, la somma che nel giugno di quest’anno il Governo russo ha diviso tra le regioni russe per combattere, appunto, la pandemia di Covid 19.
Si può girare intorno alla questione fin che si vuole, ma la corruzione resta una delle tare fondamentali della società russa. Nel 2016 le ricerche nei cinque continenti portarono Transparency International a concludere che, nel mondo, un cittadino su quattro (25%) era costretto a pagare una bustarella per ottenere dall’amministrazione pubblica del proprio Paese un servizio che in ogni caso gli spettava. A quell’epoca, il famigerato “tasso di bustarella” in Russia era già molto oltre la media mondiale, al 34%. In buona compagnia, con l’Ucraina al 38%, la Romania e il Kazakhstan al 29%, il Tagikistan al 50%, la Moldavia al 42%. Ma sempre in una posizione indegna per un grande Paese come la Russia.
Non è che le cose non siano in parte cambiate, in questi anni. Oggi, per le stesse rilevazioni, il “tasso di bustarella” è calato al 27% ma la Russia resta al 137° posto sui 180 Paesi censiti dal punto di vista della pubblica onestà ed efficienza e il suo punteggio generale è di 28 su 100. La Germania, per fare un solo esempio, arriva a 80. Insomma, per dirla con Gogol’ che scrisse il suo capolavoro nel lontano 1836, è sempre tempo di invocare un “Ispettore generale”. Ma per ora, a quanto pare, si vede in giro solo Chlestakov.
Non solo. Continua lo stillicidio di personaggi importanti che, troppo innamorati della bustarella, finiscono col conoscere le patria galere. L’ultimo caso è quello di Mikhail Men’, ex ministro per l’Edilizia, ex governatore (2005-2013) della regione di Ivanovo e attualmente, pensa un pò, consigliere della Corte dei Conti. L’hanno arrestato perché avrebbe intascato una tangente da 7,5 milioni di euro quand’era governatore. Da notare che il suo predecessore a Ivanovo, il governatore Pavel Konkov, era stato arrestato l’anno scorso con un’accusa analoga. Men’, tra l’altro, è figlio di Aleksandr Men’, il sacerdote ortodosso ch’era considerato il “padre spirituale” del dissenso in epoca sovietica e che fu assassinato nel 1990. I tempi cambiano, dunque. Ma non abbastanza.
Fulvio Scaglione
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