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Posts tagged as “putin”

IL CREMLINO E IL PARTITO DELLA GUERRA

di Pietro Pinter     A giugno, l’avanzata russa decisa dal Cremlino  vide il suo ultimo importante successo territoriale fino ad oggi: la presa dell’agglomerato urbano Severodonetsk/Lysychansk e la chiusura della sacca di Zolotye, operazione che mise termine all’offensiva nell’oblast di Lugansk, che passava interamente sotto il controllo dei separatisti. Dopo un’estate di effettivo stallo, però, è iniziata la tanto attesa controffensiva ucraina, al netto di alcune false partenze nell’oblast’ di Kherson. A metà settembre il brusco risveglio per le truppe russe: le forze armate ucraine dilagano a Kupyansk, e quelle russe ordinano una rapida ritirata dall’intero oblast’, per ripararsi dietro il fiume Oskhol. L’avanzata ucraina però non si ferma, e il 1° ottobre gli ucraini entrano nella strategica città di Krasny Lyman, che la guarnigione russa prova a difendere fino a essere quasi circondata.

BIDEN E TRUMP, MALEDETTI PACIFISTI!

L’ondata di bombardamenti russi sulle città ucraine, a cominciare dalla capitale Kiev, ha avuto un duplice significato. Da un lato, è la vendetta per l’attentato ucraino contro il Ponte di Crimea, struttura essenziale per “legare” la Crimea riannessa nel 2014 alla Russia continentale. Dall’altro, è la risposta che Vladimir Putin offre ai tanti (con i soliti Kadyrov e Prigozhin in prima fila) che in Russia ormai criticano l’impostazione della “operazione militare speciale”, chiedono un cambio radicale al vertice delle forze armate (le dimissioni del ministro della difesa Shoigu e del capo di stato maggiore Gerasimov) e premono per una guerra vera, totale, dichiarata o no che sia. D’altra parte, avevamo avvertito un mese fa: l’alternativa più probabile a Putin non è un nuovo Gorbaciov, o l’avvento di un Governo di pacifisti, ma semmai un falco più irragionevole e guerrafondaio di lui.

NORD STREAM: CONTRORDINE COMPAGNI!

La rivoluzione non è un pranzo di gala, diceva Mao. E tanto meno lo è una guerra. Se vai in guerra lo devi sapere. Ma noi non siamo in guerra, almeno teoricamente, e non abbiamo fatto nulla per meritarci questa stampa da Minculpop, che si è consegnata mani e piedi alla propaganda e vive di pessime veline. Prendiamo l’ultimo caso, il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 nel Mar Baltico. È stato ovviamente un sabotaggio: i sismografi degli svedesi hanno subito registrato le esplosioni e non esiste che si producano 4 falle nello stesso tempo in due gasdotti diversi. Ovviamente, la “stampa di qualità” parla subito, addirittura pochi minuti dopo i fatti, di un complotto della Russia. Con il corollario indispensabile che, se ne dubiti, se un alleato di Putin. È l’ennesimo, ridicolo contrordine compagni a cui dovremmo ubbidire.

RUSSIA, LE FORME DELLA GUERRA

di Pietro Pinter     “WOLLT IHR DEN TOTALEN KRIEG?”. Queste parole furono pronunciate dal ministro della  Propaganda del Reich, Joseph Goebbels, nel celeberrimo discorso dello Sportpalast. Siamo nel 1943, e ormai da un anno le sorti della seconda guerra mondiale stanno volgendo a  sfavore delle potenze dell’Asse. I sovietici hanno contrattaccato a Stalingrado, mettendo fine  all’offensiva tedesca che sembrava inarrestabile. Nel pacifico, gli USA si sono ripresi dalle batoste iniziali sconfiggendo la flotta imperiale giapponese alle Midway, per poi riconquistare  faticosamente Guadalcanal. In Nord Africa, con l’Operazione Torch, viene preso il controllo dei  possedimenti africani della Francia di Vichy. Ci si prepara allo sbarco nel continente che avverrà di  lì a pochi mesi. Per la prima volta, con quel discorso, i vertici del Terzo Reich ammettono davanti al popolo tedesco la realtà delle cose, e lo fanno per chiedere un cambio di passo, un maggiore impegno da parte dei tedeschi nel sostenere la causa bellica. Chiedono loro la guerra totale (e la avranno). 

REFERENDUM, L’ARMA TOTALE DEL CREMLINO

Chi temeva che dal discorso di Vladimir Putin uscisse una dichiarazione ufficiale di guerra all’Ucraina, ora deve preoccuparsi ancora di più. Non per la mobilitazione parziale annunciata dal Presidente e quantificata in 300 mila uomini (“Con concreta esperienza militare e secondo le specializzazioni richieste dai comandi delle forze armate”) dal ministro della Difesa Shoigu, ma per la decisione di cui questa mobilitazione è solo la conseguenza. Ovvero, la decisione di far svolgere nella Repubblica di Donetsk, in quella di Lugansk e nei territori “liberati” delle regioni di Kherson e Zaporozhye i referendum per l’annessione alla Russia.

QUALCUNO PIU’ A DESTRA DI PUTIN

Della sanguinosa sconfitta che le truppe russe hanno subito sul campo di battaglia nella regione di Khar’kiv non sono ancora chiare le dimensioni (l’avanzata ucraina procede, i russi per ora non sono riusciti a stabilizzare il fronte) ma la sostanza sì: era la prima vera grande battaglia campale e i russi l’hanno persa. Ed è già certo l’effetto: la clamorosa delegittimazione di un’intera classe dirigente, in un processo che dal basso risale fino al Cremlino e investe lo stesso Vladimir Putin.

GUERRA IN RETE, VINCE L’UCRAINA

Non c’è mai voluto molto per farsi dare, con disprezzo, del “putiniano”. A me è bastato scrivere, in anni passati, che Vladimir Putin godeva in patria di un consenso reale (oltre, ovviamente, a quello costruito dal sistema), cosa che era lapalissiana già allora ma che col tempo è apparsa evidente. E che la Russia, nel confronto con l’Occidente e con gli Usa in particolare, aveva dei torti ma non tutti i torti. Ovviamente con il 24 febbraio tutto è cambiato. Ma l’ossessione per i putiniani, per la propaganda del Cremlino, per l’azione di quinte, seste e settime colonne della causa russa no. Anzi, è cresciuta in misura esponenziale. La cosa non cessa di stupirmi. Tutta la stampa nazionale e internazionale è compattamente schierata con l’Ucraina. Idem per le Tv, statali o private. La Rete: sono su Twitter e cerco di seguire il più possibile, ma la proporzione dei tweet che visualizzo è di uno a dieci almeno. Uno filorusso per dieci filoucraini.

SE PUTIN CI GUARDA NEGLI OCCHI

di Marco Bordoni     “Russia, dove stai volando, dà una risposta! Non dà risposta.” diceva a suo tempo Gogol. Non è proprio così. La risposta la dà eccome. Certo, non è una risposta che ci piace, quella di Putin. Ma il fatto che non siamo disponibili a considerarla seriamente non la rende meno chiara. Capire le intenzioni dei Russi è facile. Basta ascoltarli ed osservarli con attenzione. “Sappiamo che la disintegrazione del nostro stato è una possibilità e ne stiamo discutendo apertamente”, dice Sergej Karaganov, presidente del Consiglio di Difesa e Politica estera russo, e prosegue: “gli obiettivi [dei nostri avversari] sono cambiati: prima erano la deterrenza e il contenimento, ora il collasso della Federazione”. Il primo dato è, quindi, che le elite russe sono consapevoli della natura esistenziale dello scontro in atto.

IL RAPPORTO AMNESTY E I TRE PORCELLINI

Il rapporto di Amnesty International che ha fatto tanto infuriare i trinariciuti nostrani alla fin fine è un quasi banale esercizio di giornalismo, quel giornalismo che così tanto manca alla narrazione della guerra nata dall’invasione russa dell’Ucraina. A differenza di quanto sostiene il presidente Zelensky, nel Rapporto non c’è alcun tentativo di “spostare le responsabilità” né di mettere sullo stesso piano in contendenti. Nel Rapporto, per esempio, si parla esplicitamente dell’uso di bombe a grappolo (vietate dal diritto internazionale) da parte della Russia, ed è solo un esempio.

ZELENSKY, ADDIO AL CERCHIO MAGICO

“Ho decido di rimuovere dall’incarico il procuratore generale (Iryna Venediktova, n.d.r.) e il capo del servizio di sicurezza SBU (Igor Bakanov, n.d.r.) dell’Ucraina. Fino a oggi sono stati registrati 651 procedimenti penali per alto tradimento a carico di collaboratori della Procura degli organismi d’indagine e di altre forze dell’ordine. In 198 casi le persone interessate sono state raggiunte da un avviso di garanzia. In particolare, 60 collaboratori della Procura e dell’SBU sono rimasti nei territori occupati e lavorano contro il nostro Stato”. Quindi è questa, nelle parole dello stesso presidente Zelensky, la colpa che la Venediktova e Bakanov devono scontare. I due sono ora nel limbo, tra l’accusa di incapacità e quella di complicità in tradimento.