Press "Enter" to skip to content

Posts tagged as “Lavrov”

TRANSIZIONE: LE IPOTESI SUL DOPO PUTIN

di Pietro Pinter      Vladimir Putin in ottobre compirà 70 anni e, anche a prescindere da come finirà la guerra, non sarà Presidente o Primo Ministro per sempre. Le recenti riforme costituzionali gli permetterebbero di farsi rieleggere per altri due mandati, fino al 2036, ma sembra probabile che una transizione avvenga prima di quella data. Guardando all’ultimo secolo e passa della storia russa, è difficile trovare un esempio della transizione di potere che Putin vorrebbe idealmente portare a compimento. Una transizione in cui possa ritirarsi a vita privata o a un ruolo cerimoniale mentre è ancora popolare e in grado di scegliere un successore che porti avanti il suo corso politico. Gli ultimi leader russi, o sono morti in carica – Lenin, Stalin, Brezhnev, Andropov, Chernenko – o sono stati sfiduciati, rovesciati o cacciati – Nicola II, Kruschev, Gorbachov, Eltsin. Il modello più simile a una transizione ideale dal punto di vista del leader è quello di Eltsin, che però si dimise con la fiducia del popolo russo intorno al 2% e probabilmente ebbe poca influenza sugli sviluppi successivi. Putin dovrà quindi costruire un suo modello, sfidando le costanti della storia russa che non sono molto più clementi, se si va indietro nel tempo.

IL DRAMMA DI NON CONOSCERE VORONEZH

di Fulvio Scaglione       La performance straordinaria della ministra degli Esteri inglese Liz Truss, che davanti all’omologo russo Lavrov ha mostrato di non sapere che Rostov e Voronezh sono due città russe, è stata oggetto di prese in giro e commenti sarcastici. Ma è un dramma, anzi, è forse “il” dramma vero, il primo che dovremmo affrontare. La realtà è proprio questa: la grande maggioranza di coloro che a vario titolo si occupano della Russia non conosce la Russia. Non parla la lingua, quindi non attinge alle fonti originali e, com’è normale che succeda, si abbevera ai centri di studio (quando va bene) e di propaganda( più spesso) che negli Usa sono numerosi come i funghi. Non viaggia nel Paese. Anche qui, quando va bene gironzola a Mosca o (meno spesso) a San Pietroburgo, frequenta solo l’intelligencija liberale e filo-occidentale che è più che lieta di trovare negli stranieri gli interlocutori che le mancano in patria, dove è isolata dall’alto (cioè da chi comanda) ma anche quasi ignorata dal basso (cioè da chi, nel suo parere, dovrebbe essere governato in modo diverso).Questi intelligenty sono persone colte, generose (si pensi al lavoro splendido fatto negli anni da quelli di Memorial’), quasi sempre più che rispettabili, spesso portatrici di idee ragionevoli e condivisibili. Purtroppo, non rappresentano, nemmeno da lontano, i sentimenti della maggioranza dei russi.

CYBER ACCORDI TRA RUSSIA E IRAN

di Roberto Favazzo    La collaborazione tra Iran e Russia si concretizza anche nel settore della guerra cyber come dimostra il fatto che all’inizio di quest’anno, i ministri degli Esteri dei due Paesi, Mohammad Javad Zarif e Sergei Lavrov, si sono incontrati a Mosca per firmare un accordo di cooperazione sulla sicurezza informatica, che consiste in una migliore condivisione dell’intelligence.

LA RUSSIA VOTA, MA PER CHE COSA?

di Marco Bordoni   Il 5 febbraio 1997 George Kennan, ispiratore della “dottrina Truman” e della politica di “contenimento” dell’Unione Sovietica nel secondo dopo guerra, firmò per il New York Times un pezzo dal titolo “Un errore fatale” per prendere posizione sul progetto di allargamento a Est della NATO “fino ai confini russi”. La contrarietà dello statista era, in sintesi, così motivata: “Possiamo attenderci che una decisione simile infiammerebbe le tendenze anti occidentali e militariste dell’opinione pubblica russa; che abbia un effetto nocivo sullo sviluppo della democrazia russa; che riporti il clima da guerra fredda nelle relazioni Est-Ovest, e che spinga la politica estera russa in direzione decisamente sgradite”.  Come noto gli avvertimenti di Kennan furono ignorati e la NATO, che pure aveva assolto la sua funzione storica, non solo non venne liquidata, ma venne progressivamente estesa, con l’esplicito disegno di costruire ai danni della Russia un sistema giugulatorio di relazioni talmente sbilanciato da precludere a Mosca qualsiasi ambizione all’indipendenza decisionale (e qui la citazione di un altro eminente statista USA, Zbigniew Brzezinski, si impone).

ARMENIA, IL VOTO SULLE FERITE DELLA GUERRA

di Maurizio Vezzosi da Erevan (Armenia) – Arrivata alle elezioni politiche, l’Armenia si trova a fare i conti con una situazione assai complessa: la piccola Repubblica ex sovietica è andata al voto in un clima di forte risentimento nei confronti della propria classe politica e al tempo stesso di disillusione. La sconfitta nella guerra dello scorso autunno con il vicino Azerbaijan ha lasciato ferite profonde a livello sociale, politico ed economico. L’affermazione azera nella regione del Karabakh ha provocato la perdita del controllo di centrali idroelettriche e di vaste aree di territorio agricolo particolarmente fertile, oltre che importanti sotto un profilo simbolico e culturale.

RUSSIA 9/5: I GIOVANI E I LORO VALORI

di Luigi De Biase     A pochi giorni dalle celebrazioni del 9 Maggio, il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha deciso di fornire il suo contributo alla dottrina nazionale del patriottismo parlando a lungo con l’agenzia di stampa Ria Novosti. In quella occasione ha cercato di chiarire l’opinione sua e di buona parte dell’establishment politico su un punto importante per la vita quotidiana di milioni di concittadini: il rapporto fra i russi e l’Occidente. Chi ritiene fondamentale assumere i valori degli Stati Uniti, ha detto Lavrov, dovrebbe tenere a mente prima di tutto la storica formula del presidente americano Kennedy secondo cui non bisogna pensare a quel che il Paese può fare per l’individuo, ma piuttosto a quel che l’individuo può fare per il Paese.

CARO OCCIDENTE, GLI ANNI 90 SONO FINITI

di Fyodor Lukyanov    Negli anni Novanta, quando la Russia contemporanea risorse dalle ceneri dell’Unione Sovietica, l’Occidente era quanto di meglio ci fosse, l’unico modello accettabile. I tempi però sono cambiati, la situazione oggi è radicalmente diversa. Un buon esempio è il modo in cui la Russia ha risposto alle critiche sul “caso Navalny”. In precedenza, di fronte a situazioni simili, come quella di Yukos (un gigante petrolifero crollato e acquisito in modo fraudolento dagli oligarchi negli anni Novanta), delle Pussy Riot o qualsiasi altra, Mosca cercava di giustificare le proprie azioni usando le stesse argomentazioni e gli stessi principi dei suoi critici occidentali, anche anche se a volte i funzionari russi erano troppo duri ed emotivi. Adesso è diverso. I commenti critici dell’Occidente vengono ignorati o ridicolizzati. La Russia è cambiata, e la spiegazione di questo va cercata nel mutamento dell’equilibrio globale.

NAVALNYJ VUOL DIRE FIDUCIA

Un sondaggio di Romir, società russa d’indagine dell’opinione pubblica, ha censito i personaggi pubblici ai quali i russi sono più disposti a dare fiducia. Al primo posto Vladimir Putin, ovvio. Al secondo Sergej Lavrov, il ministro degli Esteri che scavalca il leader nazionalista Vladimir Zhirinovskij, scivolato così al terzo posto. Al quarto, sorpresa sorpresa, il blogger e oppositore Aleksej Navalnyj, fresco reduce di un tentativo di avvelenamento di cui accusa direttamente Putin.