L’11 novembre, Russia e Bielorussia hanno risolto la questione del debito bielorusso per il gas fornito dalla Russia nel 2020 e hanno iniziato a discutere le condizioni per le forniture per il 2021. Non importa quali conti abbiano fatto sulla carta. Se erano soldi del Fondo eurasiatico per la stabilizzazione e lo sviluppo controllato dalla Russia o no. Il fatto è che la Bielorussia ha estinto il debito poco dopo aver ricevuto un prestito di 500 milioni di dollari dal Fondo stesso. Gazprom ha dichiarato che il debito è stato saldato per intero, anche se in precedenza c’era stata qualche questione sul mancato pagamento degli interessi di mora. Così è crollata anche la versione di Minsk, che sosteneva che la causa della discordia stava nella scarsa capacità calorica del gas fornito dalla Russia.
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di Marco Bordoni Il 2 giugno del 1996, quando Vladimir Yakovlev batté a sorpresa il sindaco in carica Anatoly Sobchak nelle elezioni municipali di San Pietroburgo, il quarantaquattrenne Vladimir Putin, vicecapo dell’amministrazione comunale, si trovò in un momento difficile della sua carriera. Per la seconda volta, dopo l’uscita dal KGB nel 1990, il futuro Presidente si trovava su un binario morto: “Cosa fare?”, avrebbe ricordato più tardi: “In realtà, non c’era un posto dove lavorare. Ad essere sincero, ho anche pensato: magari vado lavorare con un taxi”. La salvezza venne da Anatoliy Chubais.
di Fulvio Scaglione – E così Joe Biden ha invitato Svetlana Tikhanovskaja, la dissidente bielorussa che dall’esilio in Lituania si è autoproclamata vincitrice delle elezioni presidenziali e unica rappresentante del proprio Paese, alla cerimonia con cui, il 20 gennaio, farà l’ingresso alla Casa Bianca da Presidente. La cosa ha importanza soprattutto per ciò che fa presagire. Ovvero, una rinnovata pressione sulla Russia all’interno del cosiddetto “vicino estero”, quello che il Cremlino vorrebbe conservare come spazio riservato di influenza. Non è che la presidenza Trump, tra sanzioni crescenti e operazioni Nato ai confini, sia stata tenera con il Cremlino. Ma è facile prevedere che l’agenda clintobamiana di Biden punterà molto su diritti civili e democrazia per mettere in difficoltà la Russia, già descritta come “la più grande minaccia” alla sicurezza degli Stati Uniti. Altrettanto facile è prevedere l’altro pedale che la nuova amministrazione americana si troverà a pigiare, con l’aiuto di un consistente pacchetto di Stati della Ue: il gas russo, le forniture energetiche dalla Russia all’Europa.
di Fjodor Lukjanov – Quando si tratta di grandi progetti energetici da sviluppare in cooperazione tra la Russia e il resto d’Europa, la componente commerciale dell’impresa viene sempre oscurata dalle preoccupazioni geopolitiche. Nel 1981, l’amministrazione Reagan impose sanzioni all’Unione Sovietica per impedirle di costruire il principale gasdotto Urengoy-Pomary-Uzhgorod, progettato per trasportare il gas russo verso l’Europa occidentale. Quarant’anni dopo la storia si ripete, poiché sia il Congresso sia la Casa Bianca si sono impegnati a impedire il completamento del gasdotto Nord Stream 2.
La pandemia di Coronavirus ha offerto alla Russia terreno propizio per riavvicinare gli Stati Uniti. Mosca e Washington si sono cambiati assistenza medica, hanno raggiunto un accordo sul petrolio e hanno rilasciato una dichiarazione congiunta per commemorare la loro partnership durante la Seconda Guerra Mondiale. Mentre una nuova guerra fredda sembra emergere tra gli Stati Uniti e la Cina, è forse in atto una resurrezione della diplomazia triangolare cara a Henry Kissinger?
di Steven Pifer – Ci è voluto del tempo per contare le schede, ma l’elettorato americano ha espresso il suo giudizio. Potranno anche esserci sfide legali e uno o due riconteggi, ma il prossimo 20 gennaio Joe Biden diventerà il 46 ° presidente degli Stati Uniti. Questo risultato dispiacerà ad alcuni a Mosca. Il Governo russo, in particolare i servizi di sicurezza, ha lavorato per sostenere l’elezione del presidente Trump nel 2016 e anche quest’anno. Non è difficile capire perché. Trump ha diviso gli americani, indebolito le alleanze degli Stati Uniti e offuscato la reputazione americana all’estero. Chi siede al Cremlino di che cosa dovrebbe lamentarsi?
Nella nottata di ieri Putin, il presidente azero Aliyev e il premier armeno Pashinyan hanno firmato un accordo che, per la prima volta dall’inizio del conflitto nel Caucaso, ha (salvo imprevisti) serie possibilità di funzionare. La guerra ha piegato da subito a favore degli azeri, che, forti del sostegno turco, hanno rosicchiato, settimana dopo settimana, le regioni del loro territorio a ridosso del confine iraniano occupate dagli armeni negli anni Novanta per poi entrare, negli ultimi giorni, nel Nagorno Kharabakh vero e proprio, arrivando domenica scorsa a conquistare (o liberare, secondo il loro punto di vista) la città di Shusha, seconda per importanza della regione e ultimo bastione prima della capitale Stepanakert.
di Andrej Kortunov – Nelle analisi di politica estera degli americani, Russia e Cina sono da tempo diventate le principali minacce geopolitiche per gli Stati Uniti. Spesso non viene fatta alcuna distinzione tra i due Paesi. Sono elencati magari insieme con Iran, Corea del Nord, Siria, Venezuela e altre fonti di preoccupazione per Washington. Nel complesso, le linee strategiche del “doppio contenimento” sono le stesse sia per Mosca sia per Pechino. Ci sono tuttavia politici ed esperti più acuti che provano a mettere in rilievo non solo le somiglianze ma anche le differenze tra i due avversari strategici dell’America. Anche Joe Biden si è pronunciato e ha detto che la Russia è oggi il principale nemico degli Stati Uniti, mentre la Cina è il principale concorrente.
Il presidente eletto degli Stati Uniti, Joseph Biden, ha visitato più volte l’URSS e la Russia nel corso della sua carriera politica, durata ormai quasi mezzo secolo. Le sue valutazioni sulla politica sovietica e russa sono cambiate con il tempo: se alla fine degli anni Settanta sosteneva la necessità di stringere contatti con Mosca, negli ultimi anni al contrario ha chiesto sanzioni e azioni assai dure contro il Cremlino. Il servizio russo della BBC ha raccolto le dichiarazioni più sorprendenti di Joe Biden sulla Russia negli ultimi quarant’anni.
Il presidente ucraino Zelensky è deciso a sciogliere la Corte Costituzionale che ha bocciato alcune delle norme anticorruzione recentemente approvate. Una Corte, dice Zelensky, “che crea il caos per denaro”. Una questione spinosa che scuote lo Stato ucraino dalle fondamenta. Ecco perché.