E così, dopo il G7, si è conclusa anche la Conferenza di pace sull’Ucraina in Svizzera. Il tono è sempre quello “vincere, e vinceremo!” e in effetti il cosiddetto Occidente collettivo non pare avere troppi problemi a continuare ad armare e a finanziare la resistenza degli ucraini. I soli Stati Uniti hanno buttato sul piatto, proprio in queste ore, un altro miliardo e mezzo di dollari e tutti gli altri Paesi, chi più chi meno, fanno la loro parte.
Eppure è indiscutibile che dalla Svizzera è uscito un tono diverso nell’approccio sia al metodo del negoziato sia alla sostanza del negoziato. Vediamolo in qualche punto.
- In primo luogo si è capito che, per quanti sforzi si facciano, c’è una parte di mondo che l’Occidente non riesce più a convincere. Il comunicato finale (ne parlo qui sotto) non è stato firmato da Paesi come India, Messico, Arabia Saudita, Sudafrica, Brasile, Emirati Arabi Uniti e Thailandia. La Cina manco c’era, in Svizzera, quindi manca una bella fetta di mondo.
- La cosa notevole è che il comunicato finale è piuttosto morbido: non contiene le solite espressioni di condanna verso la Russia e avanza al Cremlino richieste moderate, come la restituzione all’Ucraina della centrale nucleare di Zaporozhye, lo scambio dei prigionieri e dei bambini deportati, la libera navigazione nel Mar Nero. Gesti di buona volontà, più che rinunce sostanziali. Se domani Putin acconsentisse non cambierebbe granché.
- Detto tra parentesi: poiché la grande stampa ci azzecca quasi mai, hanno invece firmato il comunicato Paesi come la Georgia (non era serva di Mosca, fino a ieri?), la Turchia, l’Ungheria e la Serbia. Buffo il mondo, no?
- E poi c’è la cosa più importante di tutte: non è stata spesa nemmeno una parola sul cosiddetto “piano Zelensky” quello che di fatto prevedeva la resa della Russia, proprio come il recentissimo “piano Putin” prevede la resa dell’Ucraina. Adesso si parla di un piano collettivamente elaborato, dopo altre conferenze di questo genere, sulla base della Carta dell’Onu. Vedremo che cosa prevederà.
- Lo stesso ministro degli Esteri ucraino Kuleba ha detto che l’Ucraina si rassegnerà a trattare con Putin ma che “non accetterà toni da ultimatum”. Cambio non da poco per un Governo che ha persino scritto in una legge che con Putin non si può né deve negoziare.
La pace non è alle porte, ci vorrà ancora molto ma un cambio di passo c’è. Speriamo che la Russia voglia approfittarne e si disponga a una trattativa vera, perché la cosa più importante oggi è fermare la guerra. Ed è quanto si può intuire da tutte queste considerazioni. Non era stato difficile prevedere che, non volendo intervenire con i propri soldati sul campo di battaglia, l’Occidente prima o poi sarebbe stato costretto a fare i conti con il possibile esaurimento delle risorse, umane e materiali, dell’Ucraina. Siamo arrivati a quel punto. Vediamo ora se al Cremlino alberga ancora un po’ di ragionevolezza.
Fulvio Scaglione
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