Press "Enter" to skip to content

TRATTATIVE RUSSIA-UCRAINA, ECCO CHI VOLLE BLOCCARLE

Le recenti rivelazioni della rivista americana Foreign Affairs non devono destare particolare sorpresa poiché gran parte di quanto affermato era stato già anticipato dall’ex analista dei servizi di sicurezza francesi Eric Denécé nel febbraio del 2023. Vediamo in breve di illustrare quali erano le considerazioni fatte da Denécé, direttore del Centro di ricerche sull’intelligence francese, sulle fallite trattative per fermare la guerra in Ucraina. E su chi porta la responsabilità di tale fallimento.


Le trattative tra Ucraina e Russia si sono aperti, nel marzo 2022, pochi giorni dopo l’inizio dell’offensiva russa, per iniziativa di Israele. In una lunga intervista rilasciata al canale Channel 12, il 4 febbraio 2023, l’ex primo ministro dello Stato ebraico, Naftali Bennett, rivelava numerosi dettagli sui retroscena di questa mediazione. Spiegava che Mosca e Kiev erano allora disposti a fare importanti concessioni e che una tregua sembrava possibile: “Ritengo che c’erano buone possibilità di arrivare a un cessate il fuoco”, ha detto, aggiungendo che Putin accettava di rinunciare alle richieste di “denazificazione” e disarmo dell’Ucraina, mentre Zelensky consentiva a non chiedere più l’adesione del suo Paese alla NATO. Inoltre, durante l’incontro con Vladimir Putin, Bennett chiese: “Intendete assassinare Zelensky?”. Putin allora rispose che non avrebbe tentato di far eliminare il suo omologo ucraino.

Prima di intraprendere questa iniziativa, Bennett aveva contattato Joe Biden, il suo segretario di Stato Antony Blinken e il suo consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan, così come il cancelliere tedesco Olaf Scholz per proporre di essere un “canale di comunicazione” tra Putin e Zelensky. Bennett aggiunse che la mediazione di Israele “è stata coordinata nei minimi dettagli con gli Stati Uniti, la Francia e la Germania”, che hanno infine preso le decisioni finali. Egli afferma infatti che le trattative sono stati interrotte dai Paesi occidentali che “hanno bloccato” il processo, anche se Bennett aveva “l’impressione che entrambi (Zelensky e Putin. n.d.r.) volessero un cessate il fuoco”.

Queste rivelazioni sono particolarmente importanti e permettono di capire che Zelensky non decideva nulla, accettando di vedersi dettare le decisioni dagli occidentali, e che sono stati questi ultimi a rifiutare la firma di un cessate il fuoco. Unico dubbio, Bennett sembra attribuire alla Francia e alla Germania un’importanza che non siamo sicuri abbiano avuto in questo conflitto, la cui spinta e direzione sono opera degli americani. I britannici sono naturalmente intervenuti anche in questa decisione. Secondo l’ex Primo Ministro di Israele, “Boris Johnson ha preconizzato misure più radicali. Macron e Scholz sono più pragmatici. E Biden ha sostenuto entrambe le posizioni”. Alla fine, osserva che hanno scelto la posizione più radicale, cioè quella dei britannici. Pertanto, non è stato possibile portare a buon fine le trattative a causa della “decisione dell’Occidente di continuare a colpire Putin”, di non negoziare e di inviare un messaggio agli altri Stati “canaglia nel mondo”, in particolare alla Cina per le sue intenzioni nei confronti di Taiwan, ha affermato Bennett.

Israele non è stato l’unico Stato a tentare una mediazione tra le due parti, anche la Turchia si è impegnata per mantenere il dialogo tra Mosca e Kiev. E dopo un difficile inizio di trattative, sembra che anche in questo caso i colloqui non fossero lontani dal concludersi. Il 20 marzo, il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, assicurava che la Russia e l’Ucraina sono “vicine a un accordo” e Ibrahim Kalin, il portavoce della presidenza turca, dichiarava in un’intervista al quotidiano Hurriyet che le due parti negoziavano su sei punti: la neutralità dell’Ucraina, il disarmo e le garanzie di sicurezza, la “denazificazione”, la rimozione degli ostacoli all’uso della lingua russa in Ucraina, lo status della regione separatista del Donbass e lo status della Crimea.

Il 29 marzo, le delegazioni russe e ucraine si incontrano a Istanbul per un nuovo round di trattative. Il Cremlino definisce allora i colloqui “significativi”. Lo stesso giorno, il vice ministro russo della Difesa, Aleksander Fomin, annuncia ufficialmente il ritiro, a partire dal 1° aprile, delle forze russe dalla regione di Kiev e dal Nord dell’Ucraina. Mosca presenta questo ritiro come un segno di buona volontà nel quadro dei colloqui con Kiev. Sempre il 29 marzo, Zelensky riconosce segnali “positivi” nei negoziati russo-ucraini in Turchia, ma dichiara che il suo Paese non ha intenzione di allentare i suoi sforzi militari.

Il 30 marzo, nonostante le riserve del campo occidentale, il negoziatore capo ucraino ritiene che le condizioni siano ora “sufficienti” per un incontro al vertice tra Putin e Zelensky. L’Ucraina si dice pronta ad adottare uno status neutrale in cambio di garanzie sulla sua sicurezza, una proposta in apparenza ben accolta da Mosca che conferma di voler ridurre la sua attività militare intorno a Kiev. Ma in serata, tutto cambia: il portavoce della presidenza russa, Dmitry Peskov, ritiene che le trattative non abbiano portato ad “alcun progresso”, senza che si sappia quale dei due campi sia all’origine di questo stallo.

Jeffrey Sachs ha recentemente rivelato il ruolo essenziale di Biden e del piccolo gruppo di neoconservatori che lo circondano – principalmente Victoria Nuland (sottosegretaria di Stato per gli Affari Politici), Jake Sullivan (consigliere per la Sicurezza Nazionale) e Antony Blinken (segretario di Stato) – in questa decisione gravida di conseguenze per il popolo ucraino. Egli afferma che russi e ucraini erano allora alla settima o ottava versione di un documento finale che le due parti dovevano firmare quando le trattative sono state improvvisamente interrotte da un cambiamento di posizione di Zelensky. Secondo Sachs, è la visita di Biden in Europa a partire dal 23 marzo – per partecipare a tre vertici internazionali alla NATO, al G7 e all’Unione Europea – poi in Polonia, il 26, che segna la fine dei negoziati e spiega il cambiamento di posizione di Zelensky. Da Varsavia, il presidente americano si è mostrato particolarmente intransigente nei confronti di Mosca e si è lanciato in violenti attacchi verbali contro Putin, definendolo un “macellaio”, dichiarando “non può rimanere al potere” e reiterando il suo sostegno indiscusso all’Ucraina.

I russi avrebbero allora capito che gli occidentali non volevano permettere loro di godere di una vittoria quasi acquisita e che avrebbero dovuto affrontare una lunga guerra, il che probabilmente non era nei loro piani iniziali. È per questo motivo che hanno preso la decisione di ritirare le loro forze dal Nord dell’Ucraina per ridistribuirle nel Donbass o si trattava davvero di un gesto di buona volontà nei confronti di Kiev nel quadro delle negoziazioni? Nessuno lo sa. Resta il fatto che, dopo che le trattative sotto l’egida israeliana e turca sono stati bloccati dagli occidentali, ogni dialogo è stato definitivamente interrotto quando Kiev ha accusato Mosca – a torto o a ragione – delle atrocità di Bucha.

Seymour Hersh è una figura di riferimento nel giornalismo investigativo americano. Vincitore del premio Pulitzer nel 1970, le numerose vicende che ha rivelato durante la sua carriera – dal massacro di My Lai nel 1968 alla vera modalità con cui è avvenuta l’eliminazione di Bin Laden e le vere ragioni della guerra in Siria – fanno di lui un uomo immensamente rispettato nei circoli mediatici e politici d’oltreoceano. La sua forza risiede nella disponibilità di fonti di grande qualità – attori impegnati al centro del conflitto o vicini ai centri decisionali – e i suoi articoli sono sempre fondati e molto seri. Questo giornalista esperto non si lascia mai andare a congetture gratuite. Pertanto, l’articolo che ha recentemente pubblicato merita tutta la nostra attenzione.

Hersh descrive precisamente l’operazione concepita e condotta dalla CIA, con l’aiuto della Norvegia, per sabotare i gasdotti Nord Stream 1 e 2. Nel giugno 2022, in occasione di un’esercitazione navale della NATO nel Mar Baltico, sommozzatori norvegesi hanno installato esplosivi sui gasdotti e li hanno dotati di un dispositivo di detonazione a distanza. Un aereo di pattugliamento marittimo norvegese ha attivato l’esplosione tre mesi dopo, il 26 settembre, rilasciando una boa acustica. Hersh dichiara che la decisione di sabotare i gasdotti, un vero atto di guerra, è stata presa in segreto dal presidente americano Joe Biden e dal suo entourage senza riferirlo al Congresso, per impedire a Mosca di guadagnare miliardi di dollari grazie alle vendite di gas naturale all’Europa.

Ovviamente, le autorità americane hanno denunciato l’articolo di Seymour Hersh. La portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, Adrienne Watson, lo ha definito una “completa finzione” e quella della CIA “completamente e totalmente falso”. Per parte sua, il ministero degli Esteri norvegese ha dichiarato: “Queste affermazioni sono false”. In tutta logica, la reazione delle autorità americane e norvegesi non poteva che essere una smentita. Ma non convince molto perché le informazioni fornite dal giornalista nel suo articolo sono particolarmente precise e plausibili, e si fatica a immaginare chi altro oltre a Washington avrebbe avuto interesse a questo sabotaggio, tanto più che un procuratore tedesco ha confermato recentemente che non c’erano prove contro la Russia in questo dossier.

Tutte queste informazioni conducono a una nuova comprensione degli eventi passati e delle responsabilità rispettive degli attori coinvolti in questo conflitto. Vediamo l’ora di fare alcune considerazioni di carattere generale.

– L’«operazione speciale» russa ha inizialmente raggiunto il suo obiettivo: far piegare il regime di Kiev. Nonostante i rovesci militari localizzati e le perdite non trascurabili, diventa possibile considerare che essa sia stata un successo nelle prime cinque settimane del conflitto, poiché ha costretto gli ucraini a negoziazioni immediate che sono state vicine a concludersi. Ciò mette in discussione le analisi di numerosi esperti e dei media occidentali che l’hanno frettolosamente definita un fallimento, o di coloro che hanno cercato di far credere – come la Polonia – che si trattasse di un’invasione dell’Ucraina… preludio a quella dell’Europa! Tutto cambia con il viaggio di Biden in Europa, alla fine di marzo 2022. Gli occidentali – cioè gli americani e i britannici – spingono Zelensky a proseguire la guerra che avrebbe potuto fermarsi rapidamente, certamente alle condizioni russe, le quali si limitavano allora alla neutralità dell’Ucraina, al Donbass e alla Crimea (allora non si parlava di Kharkiv, Kherson o Zaporizhzhia; queste nuove rivendicazioni di Mosca sono state formulate dopo il cambiamento di posizione ucraino).

– Ciò dimostra in modo indiscutibile che gli Stati Uniti sono i veri responsabili della prosecuzione della guerra con la complicità del governo Zelensky, che è solo una pedina nella loro strategia. L’eroe di Kiev, sostenuto dalle frange ultranazionaliste, non avrebbe esitato a sacrificare il proprio popolo e il futuro del proprio Paese per compiacere i suoi mentori occidentali. Così, dall’aprile 2022, assistiamo quindi a una vera guerra tra Stati Uniti e Russia combattuta per procura dagli ucraini, riaccesa da Washington per cercare di indebolire – senza successo – la Russia, e in cui gli Stati europei si sono lasciati trascinare per russofobia, conformismo o incredibile stupidità.

– Questa è una nuova illustrazione dell’insignificanza degli europei e della loro totale sottomissione a Washington a scapito dei loro stessi interessi. Se la Francia si vede relegata a un ruolo di comparsa in questa crisi, nonostante le contorsioni del suo Presidente, è soprattutto la Germania a pagare il prezzo più alto. Infatti, è stata vittima di un vero atto di guerra da parte del suo alleato e protettore americano con i sabotaggi dei gasdotti. Ma nonostante questa operazione abbia conseguenze disastrose per l’economia tedesca, né il Governo di Berlino, né i parlamentari, i media o la popolazione hanno reagito, sottomettendosi letteralmente a Washington che ha così raggiunto uno dei suoi obiettivi: separare definitivamente la Germania dalla Russia provocando una rottura irreversibile tra i due Stati e riducendo l’influenza crescente di Berlino in Europa e il suo peso economico all’interno del campo occidentale.

Questi eventi cambiano profondamente la nostra percezione del conflitto e delle responsabilità degli attori coinvolti. La doppia dimensione del piano machiavellico messo in atto dai neoconservatori americani emerge chiaramente:

rendere la pressione sul Donbass insopportabile per la Russia per spingerla a intervenire militarmente in Ucraina, screditarla a livello internazionale e separarla dall’Europa occidentale;
non permetterle di ottenere una vittoria dopo i successi iniziali e trascinarla in una lunga guerra per indebolirla a lungo termine.

Rifiutando le trattative a vantaggio di Mosca, che però avrebbero fermato la guerra nel marzo 2022, gli americani hanno prolungato e aggravato il conflitto. Tuttavia, la situazione si è evoluta in un modo che non avevano previsto, poiché avevano scommesso su un crollo economico della Russia. Ma il crollo non c’è stato, né la sconfitta dell’esercito russo sul campo né l’isolamento unanime di Mosca da parte della comunità internazionale. Peggio ancora, un nuovo sistema economico e finanziario si sta formando, tale da minacciare l’egemonia politica e monetaria di Washington.

CESTUDEC / OPIG

 

Tutte le notizie e l’attualità sul nostro canale Telegram

One Comment

  1. carlo geneletti carlo geneletti 12 Maggio 2024

    BRAVO!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.