di Pietro Pinter Mentre continua ad infuriare la guerra in Ucraina, una regione in costante ebollizione, il Vicino Oriente, riceve grandi attenzioni da Mosca, che sta cercando sia di “mettere al sicuro” le sue posizioni sia di ridurre l’influenza angloamericana in una zona del mondo cruciale per i suoi interessi. Il primo e più importante quadrante in cui Mosca opera è quello siriano. In Siria, da anni la Russia sta cercando di facilitare la normalizzazione dei rapporti tra Damasco e i suoi vicini regionali, ponendosi come protettrice dell’integrità territoriale del Pese ma anche come forza bilanciatrice tra i tre attori regionali che hanno forti interessi in Siria e strumenti per tutelarli: Iran, Turchia e Israele. Il primo un vero alleato, gli altri invece partner necessari per garantire un minimo livello di stabilità alla Siria e all’interesse russo fondamentale: un accesso sicuro al Mediterraneo Orientale tramite la base navale di Tartus, acquisita subito dopo l’intervento nella guerra civile del 2011.
Posts tagged as “Israele”
Nei giorni scorsi Lettera da Mosca ha fatto un ragionamento semplice semplice, persino scontato. Sputnik V, il vaccino russo anti-Covid che l’anno scorso (fu annunciato in agosto) era stato accolto con scetticismo dalla comunità scientifica e con ironia da molti osservatori ed espetti improvvisati, ed era stato ignorato da tutti gli altri Governi, è infine entrato nel salotto buono. Quattordici Paesi (tra cui Israele, Ungheria, Pakistan e Argentina) l’hanno acquistato o approvato. La Turchia ha stretto un accordo con la Russia per produrlo in proprio. La Germania si è fatta avanti per un progetto simile a quello turco. E la Ue, su richiesta russa, si è detta disposta ad attuare una “rolling review” (in pratica, una verifica in evoluzione) sullo Sputnik V, in vista ovviamente di una sua approvazione anche in ambito europeo. Ultimo ma non ultimo, l’ambasciatore d’Italia in Russia, Pasquale Terracciano, si è fatto vaccinare con Sputnik V e non l’ha certo nascosto.
di Fulvio Scaglione Non si vorrebbe infierire ma i fatti parlano da soli. Ricordate i broncetti e i ditini alzati quando, l’11 agosto scorso, Vladimir Putin annunciò che la Russia aveva prodotto il primo vaccino anti-Covid, battezzato Sputnik V? Giù tutti a dire che avevano fatto troppo in fretta, che non era possibile, che era una truffa. E pazienza l’Oms, che voleva vederci chiaro: è il suo mestiere. E pazienza gli scienziati, che hanno comunque dei doveri e ai quali magari non faceva piacere che un russo qualunque, magari dentro un laboratorio militare, fosse arrivato al traguardo prima di loro. Ma tutti gli altri? Finti esperti, giornalisti che di vaccini non sanno un tubo ma pontificano? Tutti belli in riga a cantare la solita canzone: che Putin è cattivo, la Russia è l’impero del male, quindi da lì non può arrivare nulla di buono. E vai con l’ironia sul nome Sputnik V, che riprende quello del primo satellite artificiale messo in orbita intorno alla Terra, dall’Urss nel 1957… Ancora il mese scorso, un autorevole quotidiano economico italiano definiva la vaccinazione di massa in Russia, in quel momento appena annunciata, “una fuga in avanti”.