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AVDEEVKA E DNIPRO, LA GUERRA DELLE OFFENSIVE

di Pietro Pinter – Nel Sud dell’Ucraina sta iniziando la stagione delle piogge, presto la rasputitsa – la trasformazione del terreno in fango tipica della regione – renderà impraticabili manovre su larga scala nel paesaggio prevalentemente agricolo che caratterizza le zone dello Zhaporozhye, dove la fallita offensiva estiva ucraina ha concentrato le sue forze. Sarà ancora possibile ottenere successi tattici, ma gli obiettivi strategici andranno posticipati all’inverno o alla tarda primavera. Questo non significa, però, che nel resto dell’Ucraina si smetterà di combattere durante l’autunno. Con la deintensificazione dell’offensiva ucraina, la Russia ha lanciato una sua controffensiva dagli obiettivi piuttosto modesti: migliorare marginalmente le posizioni dalla giuntura tra Donetsk e Zhaporozhye al confine russo con l’oblast’ di Kharkov e assediare Avdeevka.


I punti focali di questa controffensiva sono due. Il primo è raggiungere il fiume Oskol nell’oblast’ di Kharkov, dalla cui riva i russi si erano dovuti ritirare dopo l’offensiva ucraina che ha riportato Izyum e Lyman sotto il controllo di Kiev e spinto il Cremlino a dichiarare la mobilitazione parziale. In particolare la città di Kupyansk, all’estremo Nord del fronte. Il secondo è quello di “stringere il cappio” attorno alla città di Avdeevka, un abitato da 30mila abitanti (pre 2022) a pochissimi chilometri da Donetsk. Avdeevka è una roccaforte ucraina dal forte valore sia
militare sia simbolico: è proprio qui che nel 2017 inizia l'”anno dell’attacco” ucraino annunciato
solennemente dal senatore americano Linsday Graham. Dopo che il Parlamento ucraino aveva stabilito per decreto a gennaio la necessità di riconquistare militarmente i territori sotto controllo separatista, gli ucraini lanciano una limitata offensiva su un fronte altresì congelato, volta a prendere il controllo della zona grigia che permetteva di controllare le linee di comunicazione intorno alla città di Donetsk. È qui che di fatto muoiono gli accordi di Minsk siglati due anni prima: ad aprile infatti Kiev metterà fine all’Anti Terrorist Operation nel Donbass per sostituirla con una task force militare con il preciso mandato di riconquistare i territori; mentre nello stesso mese gli USA consegnano i primi sistemi javelin alle forze armate ucraine.

Dopo la battaglia di inizio 2017 – che si conclude con un nulla di fatto, probabilmente grazie ad un
intervento diretto di elementi delle forze armate russe – Avdeevka viene pesantemente fortificata, e trasformata nel labirinto di trincee, posizioni difensive in cemento armato, telecamere e mine che è oggi. La linea del fronte si muove a malapena nell’anno e mezzo di guerra su larga scala – cosa che accomuna gran parte delle zone altamente fortificate dopo il 2014 – e la città rimane un utile piazzaforte delle forze armate ucraine, da cui è possibile colpire regolarmente le linee logistiche russe nei pressi di Donetsk nonché la capitale stessa dell’oblast’, minandone la possibilità di diventare l’epicentro economico e politico dei nuovi territori russi.

Qui la controffensiva ha già ottenuto dei limitati successi – non senza perdite – raggiungendo (o a seconda delle fonti, sorpassando) la linea ferroviaria a Nord della città (che fino ad oggi veniva ancora usata dalle forze ucraine rifornire la città) e una seconda strada che da Sud collega la città alle retrovie ucraine. Agli ucraini rimane solamente una strada asfaltata – attraverso Orlivka a Nord-Ovest dell’abitato – per rifornire la città: passare dai campi fangosi in autunno potrebbe rivelarsi impraticabile o estremamente costoso in termini di mezzi. Per gli ucraini ad Avdeevka rischia di ripetersi una condizione di accerchiamento parziale che è stata fatale in molte battaglie dal 2014 ad oggi, come l’aeroporto di Donetsk, Ilovaisk, Debaltsevo e in ultimo Bakhmut. Il valore simbolico dell’obiettivo – riportando alla mente la fortezza di Verdun – rende politicamente difficile la ritirata, ma la presenza di una sola via di rifornimento sotto il controllo di fuoco russo da 2/3 lati – si pensi alla “strada della vita/morte” di Bakhmut – rende militarmente onerosa la permanenza, causando perdite persino superiori a quelle dell’attaccante a seconda dei casi, senza la garanzia che questa non si trasformi comunque in ritirata, settimane o mesi dopo. Va sottolineato che le forze ucraine non si trovano ancora in questa posizione, e hanno la possibilità di evitare questo dilemma. Il margine di errore però è minimo, i russi sono a un villaggio di distanza dal controllare di fatto la città.

Detto ciò, non è del tutto vero che le possibilità offensive dell’Ucraina siano esaurite con l’offensiva nello Zhaporozhye. Anche Kiev sembra essersi riorientata su obiettivi più modesti: si intensificano le operazioni nel labirinto di fiumi, isole, paludi, ponti e penisole che è il delta del Dnipro. Qui le forze ucraine puntano a rafforzare la propria posizione sotto il Ponte Antonov, e possibilmente a stabilire nuove teste di ponte sulla riva controllata dalla Russia, prendere il controllo di isole fluviali al momento all’interno della “zona grigia”. Da diverse settimane il fronte fluviale è tornato ad essere attivo, con raid ucraini e massicci bombardamenti russi contro le concentrazioni di truppe sulla riva destra: la nuova morfologia del territorio – dopo che il crollo della diga di Nova Khakovka ha spazzato via prevalentemente le postazioni russe – offre nuove opportunità per il comando ucraino, senza la necessità di impiegare grosse manovre
corazzate rese sempre più difficili dalle perdite di questa estate. Se ne potrà riparlare – da entrambi i lati – quando il terreno si congelerà in inverno. Posto che a congelarsi, nel frattempo, non sia la guerra stessa[8].

di Pietro Pinter

fondatore e curatore del canale Telegram Inimicizie

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