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OLANDA, FESTA FINITA CON I SOLDI RUSSI

La Russia ha avviato una politica di radicale contrasto alla delocalizzazione dell’economia. Così va interpretata la recente decisione di denunciare l’accordo fiscale con l’ Olanda. Il risultato dovrebbe essere che le aziende più grandi inizieranno a pagare molte più tasse al bilancio russo e i loro profitti non andranno più dalla Russia verso Occidente. Tuttavia, ciò che sta accadendo ha anche le sue insidie. La necessità di denunciare l’accordo intergovernativo con l’ Olanda, costruito per evitare la doppia imposizione fiscale e firmato nel lontano 1996, deriva dal fatto che la parte olandese non ha accettato le condizioni proposte dalla Russia per rivedere l’accordo come è stato già fatto con Cipro, Lussemburgo e Malta. Siamo riusciti a concordare con questi Paesi di portare l’aliquota fiscale di base al 15%, mentre in precedenza era quasi pari a zero.

L’Olanda, al contrario, ha insistito per ampliare l’elenco dei redditi che dovrebbero essere tassati ad aliquote ridotte. Pertanto, alla fine dello scorso anno, il ministero delle Finanze della Federazione Russa ha avviato il processo di denuncia dell’accordo attraverso la Duma. E il relativo disegno di legge, recentemente adottato, è stato subito firmato dal presidente Putin.

Come spiegato dalle autorità russe, l’accordo con l’Olanda consente agli interessati di trasferire fondi dalla Russia, sotto forma di dividendi e interessi, pagando su di essi un’imposta del 2-3%, mentre in Russia l’aliquota per i redditi delle persone giuridiche è del 15%, del 20% per le aziende e del 15% per i soggetti non residenti. La nota esplicativa al disegno di legge afferma che nel 2017-2019 il volume dei trasferimenti dalla Russia all’Olanda è stato di circa 8,5 miliardi di euro per le persone fisiche e di 5,2 miliardi per le aziende. Su questi trasferimenti sono state trattenute tasse per meno del 3%. Dopo la risoluzione dell’accordo, che all’atto pratica interverrà a partire dal 1 gennaio 2022, le tasse dovranno essere pagate al consueto tasso russo.

La denuncia dell’accordo con l’Olanda, come spiegano gli avvocati fiscalisti Yana Lozbineva e Polina Aksenova, per le società russe significa un aumento della ritenuta alla fonte al 15% sui redditi delle persone fisiche e al 20% su quelli delle aziende senza possibilità di applicare eventuali aliquote agevolate o di compensazione delle imposte pagate in un altro Paese. In altre parole, la doppia imposizione diventa effettivamente possibile. Come parte degli accordi rivisti con Malta, Cipro e Lussemburgo, aggiungono gli avvocati, ci sono stati alcuni vantaggi su dividendi e interessi (rispettivamente 5% e 15%), ma la cerchia dei loro potenziali utenti è stata notevolmente ristretta.

I Paesi Bassi hanno già espresso la loro disponibilità a battersi per preservare l’accordo. “Sebbene la cancellazione dell’accordo sia un passo nella direzione sbagliata, non pensiamo che sia irreversibile. Sia l’Olanda sia la Federazione Russa trarrebbero grande beneficio da un trattato sulla doppia imposizione ben funzionante. Pertanto, continueremo i nostri sforzi per stabilire un dialogo e risolvere il problema entro la fine dell’anno”, ha scritto il ministero delle Finanze olandese in una letteraria membri del Parlamento.

di Mikhail Kuvirko

Pubblicato su Vzglyad

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