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SOCAR, LA CASSAFORTE SVIZZERA DEGLI ALIEV

È una delle compagnie petrolifere più visibili e affermate in Svizzera. In 200 distributori decorati con il logo che esibisce i colori della bandiera azera, Socar vende benzina, cioccolatini e croissant. Dalla sua filiale di Ginevra, la compagnia di Stato dell’Azerbaigian commercia la maggior parte del greggio azero sui mercati mondiali. Attività pacifiche, se non fosse che per mesi Socar è rimasta in stato di guerra.

Dall’Azerbaigian, la pagina Facebook dell’azienda ha riversato un fiume di propaganda e messaggi di odio contro l’Armenia riguardo al territorio conteso del Nagorno-Karabakh: “Fermiamo il fascismo armeno! Fermiamo l’aggressione armena! Il Karabakh appartiene all’Azerbaigian!”. Il tutto corredato da foto di soldati e carri armati, nonché da discorsi marziali dell’autocrate al potere a Baku, il presidente Ilham Aliev. È raro vedere un’azienda trasformarsi così radicalmente in uno strumento di guerra. È altrettanto raro che un’azienda statale straniera abbia legami così stretti con la Svizzera. Socar realizza nella Conferderazione tre quarti dei suoi profitti, più che che nello stesso Azerbaigian.

Nel 2019 Socar ha realizzato in Svizzera il 76% del suo fatturato annuo che ammonta a 48 miliardi di franchi (44,5 miliardi di euro). Nel 2018 era stato ancora di più: l’84%, secondo i rapporti annuali dell’azienda. La maggior parte di questo reddito è generato attraverso due filiali. La prima, Socar Energy Switzerland GmbH di Zurigo, ha rilevato le stazioni di servizio Esso in Svizzera e impiega circa 800 persone. Inoltre gestisce 56 negozi Migrolino con Migros. Più discreta, la filiale commerciale Socar Trading ha sede a Ginevra dal 2007. Impiega circa 100 persone e si definisce il più grande venditore di petrolio azero nel mondo. Il suo fatturato è stato di 36 miliardi di franchi (33,5 miliardi di euro) nel 2019. È lei che produce, secondo gli addetti ai lavori, il 95% del reddito di Socar in Svizzera.

Questi soldi poi finiscono nelle casse dello Stato a Baku. Entrambe le filiali sono di proprietà di una società madre controllata al 100% dal governo dell’Azerbaigian. Il presidente di Socar e Socar Trading a Ginevra, Rovnag Adullayev, è anche membro del Parlamento. Il suo posto a capo della compagnia statale è più che strategico, poiché lo Stato dell’Azerbaigian ricava il 57% delle sue entrate dal petrolio. Questa fortuna gli ha permesso di investire in un esercito moderno, dotato di droni turchi e missili israeliani. Dopo quarantacinque giorni di guerra, queste armi hanno permesso all’Azerbaigian di vincere contro gli armeni e di reclamare gran parte del Nagorno-Karabakh e dei territori adiacenti.

Qual è il contributo di Socar allo sforzo bellico azero? Circa il 6% del budget dell’Azerbaigian proviene direttamente dalla Socar e dalle sue filiali svizzere. È importante sottolineare che il 47% delle entrate statali proviene dal fondo petrolifero statale Sofaz. Così spiega l’economista Gubad Ibadoghlu, che gestisce un centro di riflessione critica sul regime a Baku e insegna alla Rutgers University negli Stati Uniti.

Poco si sa del rapporto tra Socar Trading e il fondo Sofaz. La filiale di Ginevra vende petrolio per il fondo? L’azienda si rifiuta di commentare. Questa opacità è tipica del settore petrolifero azero, ritiene Gubad Ibadoghlu in un recente studio. Ne risulta un alto rischio di corruzione: l’Azerbaigian è al 126 ° posto su 198 Paesi nella classifica dei Paesi più corrotti redatta da Transparency International. Nel 2017, il Paese si è persino ritirato dall’EITI, un’iniziativa che richiede ai diversi Paesi di rivelare i profitti che ricavano da materie prime come il petrolio. L’opacità regna anche all’interno di Socar, ritiene Gubad Ibadoghlu. Nel 2019, il gruppo ha registrato un profitto di soli 650 milioni di dollari – “troppo poco”, secondo l’economista, per un fatturato di 48 miliardi di dollari. Non si sa, ad esempio, a quale prezzo la società madre di Baku vende il suo petrolio alla sua filiale commerciale di Ginevra.

In confronto, i ricavi delle 200 stazioni di servizio svizzere che portano il logo Socar sono probabilmente modesti, ma nemmeno Socar Energy Switzerland li pubblica. La filiale di Zurigo è tuttavia tutt’altro che insignificante, perché è in Svizzera che Socar ha aperto le sue prime stazioni di servizio nel 2012. La Confederazione è servita da mercato di prova e l’azienda continua a diversificarsi, installando le prime stazioni di ricarica per auto elettriche. Il suo capo Edgar Bachmann la descrive come una “azienda molto svizzera” che “non ha niente a che fare con la politica”. Alla Socar di Baku, invece, si festeggiano da “eroi” i dipendenti della compagnia che sono stati arruolati nell’esercito. Alcuni collaboratori diventati combattenti hanno persino scritto con la vernice spray il nome di Socar nelle località conquistate agli armeni. Un gesto che contrasta con l’immagine di “società molto svizzera” che Socar ama coltivare.

di Markus Häfliger

Pubblicato sulla Tribune de Geneve 

 

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