E così, un buon 42% dei russi, almeno secondo il sondaggio del Levada Center di Mosca, ha una buona opinione degli Usa, non li vede come un nemico, prova per loro una certa simpatia, tiene alto il gradimento Usa in terra di Russia. Per contro, una quota qui identica (46%) ha degli Usa un’opinione negativa.
Lo si potrebbe definire un buon pareggio. E anche la dimostrazione che, come dice il politologo Fyodor Lukjanov nella nostra intervista, la “questione americana” è tuttora centrale in Russia. Non solo nell’azione politica del Cremlino e della classe dirigente ma anche nell’immaginario popolare dei russi, del gospodin Ivan Ivanov.. Forse fin troppo.
Come si vede dai dati, il gradimento Usa in Russia è andato crescendo negli ultimissimi anni. Tutto merito di Donald Trump, il Presidente venuto dalla Tv e trasformato nella“marionetta di Putin” come da sempre lo definiscono i militanti del Partito Democratico? Può essere. Ma può essere anche il contrario, visto che con la presidenza Trump rapporti tra Usa e Russia sono in generale peggiorati, le sanzioni decise dagli Usa contro il Cremlino si sono moltiplicate e aggravate, le azioni di contrasto nello spazio ex-sovietico (dall’Ucraina alla Bielorussia, dalla Moldavia alla Georgia, con o senza elezioni) si sono fatte sempre più frequenti e la Nato a trazione americana è diventata nell’Europa dell’Est sempre più presente e grintosa.
Ma forse la politica non c’entra proprio niente e questa permanente simpatia per il Grande Nemico ha ragioni più profonde, antropologiche. A partire da quella che tanti intellettuali e poeti, da Vladimir Majakovskij a Eduard Limonov, hanno spesso intuito e messo in risalto: russi e americani si somigliano più di quanto a entrambi piaccia ammettere. Una realtà che, e non può essere nascosta, forse è meglio accettare. Come fa, appunto, il 42% dei russi.
Fulvio Scaglione
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