Dopo i colloqui di settembre tra Vladimir Putin e Alexander Lukashenko, la leadership russa ha intrapreso una serie di misure per salvare l’economia dell’altra parte dell’ipotetico Stato unitario di Russia e Bielorussia. In particolare, è stato deciso di fornire al Governo bielorusso prestiti per 1,5 miliardi di dollari, di cui 0,5 miliardi sono già stati stanziati tramite il Fondo eurasiatico per la stabilizzazione e lo sviluppo come “denaro lungo”, sull’arco di cinque anni. Il restante miliardo di dollari verrà fornito come prestito tra Stati, e un provvedimento in merito è stato firmato dal primo ministro Mikhail Mishustin. L’assistenza finanziaria arriverà in due rate: 500 milioni di dollari nel 2020 e altrettanti nel 2021. Allo stesso tempo, il debito sarà calcolato in rubli, il che è doppiamente vantaggioso per Minsk data la svalutazione della valuta russa.
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di Fulvio Scaglione Di quale Russia stiamo parlando? D’ora in poi bisognerà premettere questa domanda a qualunque cosa si voglia dire o scrivere. Perché è chiaro che la Russia degli hacker onnipotenti, quelli che penetrano come fosse burro anche i segreti del Pentagono o dell’agenzia atomica degli Usa (i quali proprio indietro come tecnologia non sono, e poi sono anni che la menano con ‘sti hacker, avranno pur preso qualche precauzione), non s’accoppia bene con quella degli avvelenatori fessi. Ma fessi assai, visto che non riescono a far fuori né un vecchio doppiogiochista inutile e ininfluente come Skripal né un furbone come Navalnyj, ci mettono la firma (l’uso del noviciok, una specie di neon con la scritta “è stato il Cremlino”) e se non basta la raccontano pure al telefono.
di Maksim Spiridonov EdTech (il mercato delle tecnologie educative) è entrato nel 2020 con il massimo grado di entusiasmo. I clamorosi successi commerciali dei leader del settore, i grandi investimenti e lo shopping di aziende EdTech da parte delle grandi corporation – tutto questo aveva stimolato i manager delle startup e gli investitori. Il Barometro dell’Educazione Online mostrava che nel 2019 sono apparse sul mercato russo tante nuove scuole online quante ne erano nate nei dieci anni precedenti. Mai prima, a mia memoria, l’educazione e l’istruzione avevano avuto un così forte profumo di denaro.
Se ci si basa solo sulla retorica, la posizione della Russia in Bielorussia dopo lo scoppio delle proteste per le elezioni presidenziali sembra positiva. Le testate giornalistiche pro-regime hanno elogiato la Russia come un alleato affidabile disposto a sostenere la Bielorussia in un momento difficile, e così ha fatto lo stesso Lukashenko. Anche i leader dell’opposizione parlano abbastanza calorosamente di Mosca, nella speranza che sia neutrale, addirittura di sostegno, in caso di cacciata di Lukashenko. Gli ultimi sondaggi, tuttavia, suggeriscono che l’opinione dei bielorussi sulla Russia è plasmata da qualcosa di più della semplice retorica dei politici. Il sostegno di Mosca a Lukashenko è già costato la simpatia di parte della popolazione e il sentimento filo-russo è sempre più associato al sostegno al regime.
di Paul Goble La recente scomparsa dell’importante sessuologo russo sovietico Lev Shcheglov ha spinto un commentatore di Mosca ad affermare che furono i commenti dello studioso sulla sessualità a dare ai russi la sensazione di poter controllare i propri corpi e quindi controllare le anche le proprie vite . Di conseguenza, dice Dmitry Gubin, i russi non pensavano più che lo Stato potesse o dovesse controllare tutto. E così, incoraggiati da Shcheglov e altri ad adottare un approccio più indipendente alla loro sessualità, hanno pensato di avere il diritto di avere un approccio più libero anche ad altre cose. Quel nuovo atteggiamento, espresso nel famoso motto dell’era sovietica “in URSS non c’è sesso perché il Governo non vuole parlarne”, ha spinto le persone a credere che avrebbero dovuto avere il controllo di molte più cose relative alla loro vita. Proprio il genere di atteggiamento che il regime non poteva tollerare.