Il presidente eletto degli Stati Uniti, Joseph Biden, ha visitato più volte l’URSS e la Russia nel corso della sua carriera politica, durata ormai quasi mezzo secolo. Le sue valutazioni sulla politica sovietica e russa sono cambiate con il tempo: se alla fine degli anni Settanta sosteneva la necessità di stringere contatti con Mosca, negli ultimi anni al contrario ha chiesto sanzioni e azioni assai dure contro il Cremlino. Il servizio russo della BBC ha raccolto le dichiarazioni più sorprendenti di Joe Biden sulla Russia negli ultimi quarant’anni.
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E così, un buon 42% dei russi, almeno secondo il sondaggio del Levada Center di Mosca, ha una buona opinione degli Usa, non li vede come un nemico, prova per loro una certa simpatia, tiene alto il gradimento Usa in terra di Russia. Per contro, una quota qui identica (46%) ha degli Usa un’opinione negativa.
di Fulvio Scaglione – Fyodor Lukjanov? Uno che conta! La risposta degli amici di Mosca è quasi automatica. D’altra parte, come dar loro torto? Laureatosi nel 1991 presso l’Università Lomonosov di Mosca come germanista, ha lavorato nel settore esteri di radio, televisioni e giornali. Nel 2002 è diventato direttore di Russia in Global Affairs, il più prestigioso periodico russo sulle questioni geopolitiche. E’ anche membro del Consiglio per la Politica Estera e di Difesa, un’organizzazione indipendente che raduna intellettuali, imprenditori, politici e militari, e del Russian International Affairs Council. Scrittore, ha dedicato libri e pubblicazioni, in russo e in inglese, ai rapporti tra Europa e Russia, alle relazioni transatlantiche e al ruolo internazionale della Russia dopo l’avvento alla presidenza di Vladimir Putin. A Lukjanov, quindi, ho chiesto di guardare alla sfida tra Donald Trump e Joe Biden con gli occhi di Mosca, e di raccontarci quel che si vede.
Nelle elezioni presidenziali americane del 2016, la Russia fu scelta come capro espiatorio per giustificare la sconfitta subita dal candidato del Partito Democratico. Mosca fu accusata di aver interferito nell’esito del voto attraverso la diffusione di false informazioni. Dopo le elezioni fu anche avviata un’indagine giudiziaria che peraltro si concluse senza portare prove della manipolazione. Nonostante ciò, nel 2017 e nel 2018 gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni economiche contro entità russe. Ciò ha portato all’ulteriore inasprimento di rapporti già minati dalla crisi ucraina nel 2014. Come atto di rappresaglia per la presunta ingerenza di Mosca, il Congresso degli Stati Uniti ha varato nuove sanzioni economiche. La Russia era così diventata il cattivo per eccellenza, quello da rimproverare per qualunque disgrazia, che fosse l’avvelenamento dell’ex spia Sergei Skripal nel 2018 o i presunti bombardamenti russi sui civili innocenti nella parte Est di Aleppo. La Russia era colpevole di tutto, anche quando mancavano le prove.
La centrale nucleare di Ostrovets, costruita in Bielorussia e finanziata dalla Russia, è vista nel Baltico, in Polonia e in Ucraina come un segno dell’espansionismo economico e militare del Cremlino. Ecco perché.
Nell’agosto del 2020, dopo dodici anni di lavori, sono iniziate le operazioni di avvio del primo reattore della centrale nucleare di Ostrovets. Ciò significa che la centrale diventerà operativa dal punto di vista commerciale nel primo trimestre del 2021. Da quel momento, la Bielorussia si trasformerà da importatore di elettricità in esportatore. Tutto questo, però, è solo virtuale, perché nessuno è disposto ad acquistare elettricità bielorussa. La Polonia e gli Stati baltici hanno espresso un rifiuto categorico. L’Ucraina ha capacità produttive che sono pienamente in grado di soddisfare la domanda sul mercato interno ed estero.
di Riccardo Allegri – A causa del cambiamento climatico determinato dal riscaldamento globale, il Polo Nord si è ridotto di oltre due terzi nel corso degli ultimi trentacinque anni. I ghiacci si stanno sciogliendo e le conseguenze ambientali di questo fenomeno potrebbero essere catastrofiche. Nell’immediato però, il ritiro dei ghiacci ha generato numerose opportunità per un ristretto numero di Paesi. La regione polare è molto importante dal punto di vista strategico. Durante la Guerra Fredda, i mari artici sono stati teatro di numerose operazioni di pattugliamento e spionaggio da parte delle due superpotenze mondiali, Usa e Urss. Il motivo è abbastanza logico: proprio in questa regione i due paesi arrivano quasi a toccarsi, basti pensare che gli Stati Uniti acquistarono l’Alaska proprio dalla Russia, per 7,2 milioni di dollari nel 1867.
In Russia ci si sposa molto più che altrove: 6,3 matrimoni ogni mille abitanti (e nel 2018 ancor più: 7,1 ogni mille), quando in Italia siamo al 3,2 per mille, in Francia al 3,5 e nell’Unione Europea a una media di 4,3. In Russia, però, si divorzia anche, e molto più che altrove: 4,3 divorzi ogni mille abitanti, mentre l’Irlanda è allo 0,7 per mille, la Grecia all’1, la Romania all’1,5, l’Italia all’1,53, Finlandia e Svezia al 2,43, l’Estonia al 2,47, la Lituania al 3,07 e la Lettonia al 3,1. Insomma, il 63% dei matrimoni in Russia finisce con un divorzio.