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LA PREVALENZA DEL CRETINO

Anche a distanza di tanti anni, La prevalenza del cretino, l’immortale breviario che Fruttero e Lucentini pubblicarono nel 1985, resta una guida sicura per orientarsi nelle cose del mondo. Ancor più quando si tratta di libri e di intellettuali. La vicenda si svolge negli Usa. Masha Gessen, 56 anni, è un’intellettuale di passaporto russo e statunitense, nata a Mosca in una famiglia ebraica trasferitasi negli Usa all’inizio degli anni Sessanta. Lei ha lavorato a lungo in Russia come giornalista e, anche, come attivista dei diritti LGBT. Ha scritto libri sulla Russia, tutti ispirati a una critica radicale di Vladimir Putin e del putinismo. Siede anche nel consiglio direttivo del Pen America, notissima organizzazione per la difesa della cultura e della libertà di espressione, da cui però ieri si è dimessa.

È successo questo. A un dibattito erano stati invitati sia i russi Ilia Veniavkin (giornalista e storico) e Anna Nemzer (scrittrice) sia gli scrittori ucraini Artem Chapeye (pseudonimo di Anton Vasilyovich Vodyanyi) e Artem Chekh, che peraltro combattono al fronte. Gli ucraini hanno protestato, il Pen America ha cassato i russi, la Gessen si è dimessa. La cosa straordinaria  è che gli scrittori russi sono dissidenti, due che in segno di protesta hanno lasciato la Russia subito dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina. Si ripete, d’altra parte, il copione del Nobel per la Pace 2022, che fu assegnato al dissidente e prigioniero politico bielorusso Ales Bialatski, all’organizzazione russa Memorial (di recente bloccata in Russia) e al Centro per le libertà civili dell’Ucraina. Anche allo Mykhailo Podoljak, uno dei consiglieri di fiducia del presidente Zelens’kyj scrisse che “il Comitato per il Nobel ha una concezione interessante della parola pace se i rappresentanti di due Paesi che hanno attaccato un terzo ricevono il Premio Nobel insieme. Né le organizzazioni russe né quelle bielorusse sono state in grado di organizzare la resistenza alla guerra. Il Nobel di quest’anno è fantastico”. Un’idea demenziale, visto che il dissidente bielorusso e Memorial erano sicuramente contrari alla guerra di Putin. Ancor più se pensiamo ad altre guerre contemporanee: al bando tutti i tedeschi a causa di Hitler, tutti i vietnamiti negli Usa (o in Viet Nam o in Iraq tutti gli americani), tutti i francesi e gli inglesi in Libia, e così via?

Questo trionfo del cretino va avanti dal giorno dell’invasione. Prima abbiamo punito tutti gli oligarchi perché, si diceva, hanno fatto i soldi all’ombra di Putin. Ammesso che sia così (ed è una grossolana generalizzazione), nessuno che abbia provato a dire: al posto di sequestragli le banche e i conti, perché non proviamo a staccarli da Putin, a tirarli dalla nostra parte? Chissà quante cose potrebbero raccontarci… Nessuno che abbia pensato: se li bastoniamo a prescindere, non è che si schierano ancor più con il Cremlino? Poi abbiamo di fatto sospeso la concessione dei visti. E pazienza se rinunciamo ai quattrini dei turisti (anche se mostrar loro come si vive da noi, cosa che a loro piace molto, magari avrebbe avuto qualche effetto positivo). Il problema è che così teniamo alla larga anche migliaia di giovani (sono stati sospesi quasi tutti i visti per ragioni di studio), che sono i più critici rispetto al putinismo e ai quali avremmo potuto mostrare tutti i vantaggi della democrazia e del libero scambio delle idee e delle conoscenze. E con loro migliaia di tecnici (per esempio del settore informatico) e di ricercatori che non volevano proprio fare la guerra e sono usciti ugualmente dalla Russia, per andare soprattutto in Georgia, Kazakhstan e Israele. Non è un comportamento cretino?

Poi abbiamo cominciato a prendercela con gli artisti. Il pianista no, la ballerina nemmeno, e perché poi scegliere il Boris Godunov per la prima della Scala, anche se si tratta del capolavoro assoluto di Modest Musorgskij, compositore morto nel 1881?

Criminalizzare un intero popolo perché, dicono gli ucraini come Podoljak, non ha saputo fermare la guerra decisa al Cremlino, è una sublime idiozia: perché, allora, non criminalizzare tutti gli italiani che non seppero fermare le guerre di Mussolini? Anche le idiozie, però, necessitano di distinguo. Agli ucraini, invasi dalla Russia e impegnati in una guerra crudele e distruttiva, è concesso dire qualunque cosa. Possiamo criticare questa o quella delle cose che dicono, pensare che non abbiamo ragione su questo o quel punto, ma non possiamo negar loro il diritto di pensarla come vogliono in un momento atroce della loro storia.

È a noi che non sono concesse certe idiozie. A noi che ci ripetiamo un giorno sì e l’altro anche, perché ci piace crederlo, che non siamo in guerra, nemmeno contro la Russia. Che, diciamo, non ce l’abbiamo con il popolo russo ma solo con chi lo comanda. Che descriviamo la Russia come una ferrea dittatura ma chiediamo ai suoi cittadini di immolarsi, come se niente fosse. E che addirittura speriamo che prima o poi qualche sommovimento interno scuota le mura del Cremlino e cambi i suoi occupanti. Cioè, speriamo in una rivolta mentre picchiamo sui potenziali rivoltosi. La prevalenza del cretino.

Lettera da Mosca

 

 

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