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SANZIONI, L’EFFETTO SU PENSIONI E SALARI

di Georgii Stepanov      Così è successo: il presidente Joe Biden ha firmato il decreto sull’introduzione di nuove sanzioni contro la Russia. In particolare, gli Stati Uniti vietano alle proprie società di acquistare direttamente debito russo. Secondo gli esperti che abbiamo intervistato, questo non promette nulla di buono. Con un alto grado di probabilità, dovremo affrontare un crollo del rublo, un’accelerazione dell’inflazione, un aumento dei prezzi al consumo e tagli alla spesa di bilancio nella sfera sociale.

A partire dal 14 giugno, le istituzioni finanziarie americane non potranno acquistare titoli di Stato dalla Banca centrale della Federazione russa, dal ministero delle finanze e dal Fondo nazionale di previdenza. A prima vista, la minaccia che incombe sul debito sovrano della Federazione Russa sembra essere molto lontana dalla vita quotidiana delle persone. In realtà, tra queste due cose c’è una relazione diretta, in questo caso molto drammatica. Le sanzioni colpiranno inevitabilmente la maggior parte della popolazione, i redditi reali, i salari e le pensioni. “Stiamo parlando del mercato federale dei prestiti obbligazionari (OFZ), cioè del mercato del debito statale”, spiega Artem Deev, capo del dipartimento analitico di AMarkets: “Lo Stato ha sempre bisogno di soldi, in particolare, per ricostituire il bilancio. E uno dei modi per ottenerli è prendere in prestito emettendo. I prestiti obbligazionari dello Stato russo vengono acquistati da banche e società russe ma anche da società straniere, che sperano di ricavarne un profitto”.

Ovviamente, sostiene l’esperto, le banche nazionali possono sostituire gli investitori esteri ma in questo caso il contesto complessivo degli investimenti si deteriorerà in modo drastico: sia il ministero delle Finanze sia l’economia russa nel complesso sperimenteranno una carenza di fondi. I tassi di cambio del dollaro e dell’euro aumenteranno e, di conseguenza, anche i prezzi al consumo. Il ministero delle Finanze avrà difficoltà a ripianare il deficit di bilancio, il che, a sua volta, porterà a una riduzione della spesa pubblica e degli ammortizzatori sociali.

“Tra gli investitori esteri, sul mercato delle obbligazioni russe, la presenza americana è sempre stata prevalente”, dice l’economista Igor Nikolaev: “Ora lo Stato russo riceverà da loro meno risorse finanziarie, e quindi avrà meno strumenti per adempiere ai propri obblighi sociali, cioè per i trasferimenti alla Cassa pensione e agli stipendi del settore pubblico. Il Governo ha da poco promesso di indicizzare le pensioni a un tasso significativamente più alto dell’inflazione, e ora questo impegno viene inevitabilmente messo in discussione”. D’ora in poi, secondo Nikolayev, i soldi che non arriveranno più allo Stato dovranno essere presi in prestito all’interno del Paese, presso le banche nazionali, il che vuol dire che ci saranno meno fondi per gli investimenti produttivi”.

Per il cittadino comune, le conseguenze delle sanzioni statunitensi si manifesteranno soprattutto nella caduta del tasso di cambio del rublo, sostiene Natalia Milchakova, vice capo della IAC Alpari. L’unica domanda è quanto sarà grave la caduta. Forse la valuta russa arriverà a 78-79 rubli per un dollaro e a 93-94 rubli per un euro. Naturalmente, un’altra potente conseguenza sarà il calo dei redditi reali dei cittadini, un processo ormai in corso dal 2015 senza soluzione di continuità. Milchakova ricorda inoltre che fino a poco tempo fa agli investitori americani era vietato partecipare al collocamento iniziale di eurobond russi, ovvero titoli di Stato denominati in valute estere. Ora il divieto ha colpito anche le obbligazioni in rubli. Il volume di questo mercato, all’inizio di aprile 2021, era di circa 14 trilioni di rubli. Gli investitori stranieri (principalmente dagli Usa e dal Regno Unito) possedevano quasi il 20% degli OFZ per un importo totale di circa 2.8 trilioni di rubli.

“Tali sanzioni riguardano principalmente il tasso di cambio della valuta nazionale. Più sono dure ed estese, più debole è il rublo e, di conseguenza, più basso è il reddito delle persone, più costosi sono i beni nei negozi, compreso i generi alimentari, e peggiore è la loro qualità”, dice Sergey Dorzdov, analista di UNIVER Capital. “Se non c’è afflusso di denaro dall’estero, se non ci sono investimenti, il rublo nella migliore delle ipotesi si ferma, nel peggiore cessa di esistere”.

di Georgii Stepanov

Pubblicato da MK RU

 

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