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KURAEV, IL PRETE-BLOGGER CHE DENUNCIAVA LA LOBBY GAY

Kirill, patriarca di Mosca e di tutta la Russia ha approvato la riduzione allo stato laicale del protodiacono Andrey Kuraev, ma ha imposto una moratoria sull’emissione del relativo decreto per dare a Kuraev il tempo e il modo di rivedere le sue opinioni. “Approvo la decisione con cui il Tribunale diocesano ha bandito il protodiacono Andrei Kuraev dal servizio sacerdotale, con riserva di espulsione dal sacerdozio. Questa decisione entrerà in vigore dopo l’emissione del decreto di riduzione allo stato laicale del protodiacono Andrei Kuraev. Gli si offre questo tipo perché possa ripensare alla sua posizione e tornare sulla retta via della Chiesa che a suo tempo aveva scelto”, dice la risoluzione patriarcale pubblicata domenica sul sito della diocesi della città di Mosca.

La storia di Andrey Kuraev e dei suoi contrasti con la gerarchia ortodossa sta facendo molto rumore in Russia. Kuraev è diventato una figura assai nota grazie a un blog sui temi della politica e della religione in cui venivano espresse opinioni molto nette e, appunto, non sempre in linea con le posizioni ufficiali. Il tutto “aggravato” dal fatto che Kuraev, oltre a un curriculum di teologo e di filosofo di tutto rispetto (si è laureato presso l’Accademia Teologica di Mosca e presso l’Istituto di Filosofia dell’Accademia delle Scienze) è stato anche rettore dell’Università Ortodossa Russa, sita nel cuore di Moca.

L’ultimo casus belli, quello che ha spinto a intervenire il Patriarca, è quello degli “insulti” rivolti da Kuraev, sul suo blog, all’arciprete Alexander Ageikin, morto il 21 aprile 2020 a soli 48 anni, non si sa se per una malattia pre-esistente o per il Coronavirus da cui era stato contagiato. Ad Ageikin il protodiacono-blogger aveva dedicato otto articoli, il più benevolo dei quali lo definiva “un carrierista”. Il giorno della morte di Ageikin, Kuraev era stato intervistato alla radio. Alla richiesta di commentare la notizia, aveva detto: “Ora devo portare un orsacchiotto di peluche a mio nipote, questa cosa mi interessa assai più di quell’altra”.

In realtà, Kuraev si era da tempo esposto con dichiarazioni e prese di posizione che contrastavano con la linea ufficiale della Chiesa e anche con certe strategie politiche del Cremlino che il patriarca Kirill si sforzava di appoggiare. Il tema più caldo era il rapporto con le altre confessioni religiose. Già nel 2004, dopo la strage di Beslan, aveva scritto un libro controverso, e ripreso anche dalla stampa internazionale,  sui rapporti con l’islam, chiedendo ai musulmani di distanziarsi dall’estremismo armato o prendersene la responsabilità. Nel Natale del 2005 aveva organizzato un picchetto davanti alla cattedrale cattolica di Mosca, all’insegna dello slogan “Il Natale russo è il 7 gennaio” e “La Chiesa ortodossa russa è fedele”. Nel 2006 aveva organizzato altre proteste contro i concerti della cantante Madonna. Nel 2013, infine dopo l’attentato alla Maratona di Boston, aveva destato altre polemiche attaccando i musulmani e scrivendo che “guarda caso, i due attentatori sono musulmani e daghestani”.

Ma ciò ha destato più scandalo e, forse, più ha compromesso la sua posizione è stato il fatto che per lunghi anni Kuraev abbia bombardato di critiche i vertici della sua Chiesa, parlando dell’esistenza di una potente lobby gay al suo interno e dell’indifferenza o complicità dei vertici rispetto a carriere troppo rapide o privilegi troppo evidenti. Tema che gli ha procurato molto pubblico ma di certo non ha fatto crescere il numero dei simpatizzanti tra i suoi confratelli. Ora è arrivata la resa dei conti. A poco è servito l’appello che lo stesso Kuraev, nel suo famoso blog, ha pubblicato in gennaio, chiedendo al Tribunale diocesano di tornare sui propri passi. Ora tocca lui. La scelta è drastica: pentirsi o andarsene.

Lettera da Mosca

 

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