di Fulvio Scaglione
“Il lancio di Nord Stream 2 minaccia la continuità delle forniture di gas naturale alla Polonia. È anche molto probabile che inneschi un aumento dei prezzi, a danno dei consumatori polacchi. Il completamento del progetto aumenta la dipendenza dal gas russo: non solo per la Polonia, ma anche per altri Paesi europei. È inverosimile che delle corporation occidentali non lo capiscano e partecipino a un’impresa che non soltanto disturba la competizione nel mercato, ma costituisce pure una minaccia per la sicurezza energetica europea“. Con queste motivazioni, e a dispetto del fatto che Finlandia, Svezia, Danimarca e Germania (ovvero i Paesi per le cui acque territoriali il gasdotto dovrebbe passare) abbiano dato l’assenso, Tomasz Chrostny, presidente dell’Ufficio per la Concorrenza e la Protezione dei consumatori della Polonia, ha inflitto una multa record a Gazprom.
Il colosso russo del gas dovrebbe pagare 7,6 miliardi di dollari, mentre 61 miliardi di dollari ciascuna dovrebbero versare le aziende tedesche Uniper e Wintershall, la francese Engie, l’austriaca Omv e l’anglo-olandese Dutch Shell. Per loro, che hanno partecipato al finanziamento del Nord Stream 2, anche l’ordine di ritirarsi dal progetto entro un mese.
I rapporti tra Russia e Polonia non sono idilliaci, si sa. Ma nell’offensiva polacca, attivissima sulla Bielorussia, sul “caso Navalnyj” e sul gasdotto russo, c’è molto più di una rivalità internazionale. Il vero messaggio, nel caso Nord Stream 2 come negli altri casi, è rivolto all’Europa. La Polonia, approfittando anche della debolezza e della irresolutezza strategica dei vertici di Bruxelles, cerca di proporsi come Paese locomotiva della Ue, sfruttando l’appoggio degli Usa e la posizione strategicamente determinante nella geografia europea.
La diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico quale fattore di maggior sicurezza vale, come argomento, solo se si hanno intenzioni politicamente o economicamente (per non dire militarmente) aggressive. La Polonia del recente boom economico dipendeva dalla Russia per circa il 50% delle forniture di gas naturale, e non pare essere stata granché danneggiata.
Il fatto è che la Polonia ha ben altri obiettivi. In primo luogo, intende proteggere se stessa proteggendo l’importanza strategica dell’Ucraina come territorio di transito dei gasdotti. Se il Nord Stream 2, passando sotto il Mar Baltico, entrasse in funzione, l’Ucraina perderebbe un sacco di soldi (3 miliardi l’anno di diritti di transito, secondo l’accordo valido cinque siglato nel dicembre 2019) ma, soprattutto, perderebbe tutto il suo significato geo-strategico. l’Europa si troverebbe con un fardello in più e la Russia, garantitasi la Crimea, perderebbe ogni interesse a investire risorse ed energie per tenere a bada l’ex Repubblica sovietica.
Ma soprattutto, la Polonia cerca di bloccare il Nord Stream 2 perché nutre l’ambizione di diventare a sua volta un attore decisivo in Europa nel mercato delle risorse energetiche. Negli ultimi anni, il Governo polacco ha molto incentivato la produzione energetica nazionale, sia sul fronte delle risorse “tradizionali” sia sul fronte delle rinnovabili. Poi ha portato da 5 a 7,5 miliardi di metri cubi l’anno la capacità del terminale per il gas liquido di Swinouiscie e ha siglato importanti accordi di lungo periodo con aziende americane per la fornitura, appunto, di gas liquido. Importanti accordi per la fornitura di gas naturale, infine, sono stati stretti dalla Polish Oil and Gas Company con aziende degli Usa, del Qatar e della Norvegia.
L’architrave del progetto polacco, però, è il gasdotto del Baltico, che dovrebbe convogliare il gas del Mare del Nord, attraverso la Danimarca, verso uno hub distributivo sistemato appunto in Polonia. I lavori dovrebbero concludersi nel 2022, anni in cui, guarda combinazione, scade il contratto della Polonia con Gazprom. E il gasdotto dovrebbe avere una portata di 10 miliardi di metri cubi, quanto basterebbe per sostituire completamente le forniture russe.
Sommando tutte le forniture ipotizzate, la Polonia potrebbe affrancarsi dai fornitori russi e proporsi, anzi, come fornitore “amico” per i Paesi dell’Est europeo, in primo luogo il Gruppo di Visegrad. Conquistando così, anche, un enorme potere contrattuale nei confronti di Bruxelles e dell’intera Ue. Perché tutto questo possa succedere, però, è necessario che il progetto Nord Stream 2 non vada mai in porto. Appunto.
Fulvio Scaglione
I problemi dappertutto. Speriamo che passi anche questo presto.
Se riusciamo a passare questo anno in qualche modo sarebbe meglio. La situazione di guerre in tanti parti del mondo.