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SIRIA, RISCHI DI GUERRA PER LA RUSSIA?

Torniamo a occuparci della Siria. Il Paese rischia di deflagrare o di riprecipitare in una guerra civile su vasta scala di cui, peraltro, si avvertono da settimane le avvisaglie e che potrebbe coinvolgere anche le forze armate russe, presenti nel Paese dal 2015 e tuttora molto attive, nonostante qualche regola d’ingaggio un po’ meno elastica e qualche riduzione di uomini e mezzi. Il tutto mentre la popolazione soffre per una situazione economica disastrosa, che il Presidente Assad non riesce in alcun modo a governare, stretto tra la corruzione dei vertici politici, l’inefficienza dell’apparato burocratico e il peso delle sanzioni. L’ultimo provvedimento è stato raddoppiare i salari e ridurre i sussidi su carburanti e gasolio. Poca roba visto che il dollaro oggi vale 14 mila lire siriane, mentre prima della guerra era quotato a 52.

LETTERA E I SUOI ERRORI

Il progetto di Lettera da Mosca è stato varato più di due anni fa. In questo periodo, la Lettera ha marciato al ritmo di una ventina di notizie al giorno nei periodi di scarsità, di 30-35 nelle giornate più intense. Alla luce del sole e gratuitamente, come’è ovvio: su questo sito, sul canale Telegram, su Twitter, su Facebook. Stiamo dunque parlando di diverse migliaia di testi, foto e video, raccolti, ordinati, tradotti, commentati, redatti. In tutto questo tempo e in questa massa di materiali ci è capitato quattro volte di essere colti in errore (due nelle ultimissime settimane) e una volta di non essere colti ma di aver capito grazie a un amico di aver pubblicato una sciocchezza. Noi di Lettera non siamo nemmeno così presuntuosi da non realizzare che qualche altro pasticcio qua e là l’abbiamo di certo combinato, anche se non ce ne siamo accorti o non ce l’hanno fatto notare. Nondimeno, ci pare che la media sia piuttosto buona. Credete forse che gli organi d’informazione più grossi, potenti e seguiti possano vantare uno score più onorevole? Che le loro medie siano migliori di quella di Lettera, su un tema così controverso e complicato (soprattutto da quando è cominciata l’invasione dell’Ucraina) come la Russia, i suoi assetti di potere, l’andamento della sua economia, le operazioni militari, le reazioni dell’opinione pubblica? E sulle relazioni di tutto questo con l’Ucraina, l’Europa, gli Usa, la Cina e gli altri Paesi e gli equilibri internazionali?

“UOMINI E MUNIZIONI, I PROBLEMI DI KIEV”

Per quanto se ne parli e se ne scriva quasi ogni giorno, non è facilissimo sintetizzare in una sola cifra l’aiuto militare di Usa ed Europa all’Ucraina. Il Kiel Institute for the World Economy, che ne tiene traccia, ci dice che gli Usa, fino al 15 gennaio scorso, hanno offerto 73,1 miliardi di dollari di aiuti, e l’Unione Europea 54,9. Bisogna però distinguere ciò che è (o va in) armi, e non è aiuto finanziario o umanitario. Nel mese di dicembre 2022, per esempio, dei 40 miliardi di aiuti complessivamente stanziati, 23 erano per armamenti. Nei dodici mesi del 2022, solo in febbraio, maggio e novembre la somma degli aiuti finanziari e umanitari è stata superiore, per importo, agli aiuti militari. Mirko Mussetti, grande esperto di questioni dell’Europa dell’Est e attento osservatore delle questioni militari legate alla guerra in corso, ci aiuta a decrittare le sfumature strategiche e politiche del problema. E ci parla della “questione uomini”.

SIRIA, UN ROMPICAPO PER IL CREMLINO

di Giuseppe Gagliano       L’offerta della Siria di ripristinare le relazioni diplomatiche con i Paesi vicini ha subito un duro colpo a fine gennaio, quando la sua riammissione alla Lega Araba è stata nuovamente rinviata dal segretario generale dell’organizzazione Ahmed Aboul Gheit. Sia il Qatar sia l’Arabia Saudita sono contrari al fatto che la Siria sia autorizzata a tornare, nonostante Alexander Lavrentiev, inviato speciale del presidente russo Vladimir Putin per la Siria, abbia visitato Riyadh il 20 gennaio per difendere la causa del presidente siriano Bashar Al Assad.

IL PREZZO DELLA VITTORIA

Al momento in cui scrivo queste righe, il computo dei morti a Dnipro ha raggiunto quota 45. E prima di qualunque equivoco, va detto che la responsabilità di questa orrenda strage di civili ricade tutta sulla Russia. Sulla sua leadership politica e militare. E non ha nessuna importanza se il missile, come persino certe fonti ucraine hanno ammesso in ipotesi, non era diretto sul palazzo ma altrove, ed è stato deviato sul palazzo da un colpo della contraerea. Se lanci un’invasione, sei responsabile della guerra che ne deriva. Se lanci un missile, sei responsabile di dove cade. Altro non c’è. Detto questo, mi pare comunque incredibile che ci siano ancora così tante persone pronte a ribadire la retorica della vittoria, della “pace giusta” (che è, come ci spiegano, quella decisa dagli ucraini), in sostanza dell’umiliazione strategica della Russia attraverso la sconfitta sul campo, del naufragio della sua economia tramite le sanzioni, del crollo dei suoi assetti di potere a causa del costo della guerra e, per i più ottimisti, della disgregazione della sua unità federale. Senza che mai, nemmeno una volta, ci si interroghi su quale sia il prezzo che siamo disposti a pagare, e soprattutto a far pagare agli altri, per raggiungere questo obiettivo. Sempre ammesso che l’obiettivo sia raggiungibile.

VICINO ORIENTE, LA TELA DI MOSCA

di Pietro Pinter      Mentre continua ad infuriare la guerra in Ucraina, una regione in costante ebollizione, il Vicino Oriente, riceve grandi attenzioni da Mosca, che sta cercando sia di “mettere al sicuro” le sue posizioni sia di ridurre l’influenza angloamericana in una zona del mondo cruciale per i suoi interessi. Il primo e più importante quadrante in cui Mosca opera è quello siriano. In Siria, da anni la Russia sta cercando di facilitare la normalizzazione dei rapporti tra Damasco e i suoi vicini regionali, ponendosi come protettrice dell’integrità territoriale del Pese ma anche come forza bilanciatrice tra i tre attori regionali che hanno forti interessi in Siria e strumenti per tutelarli: Iran, Turchia e Israele. Il primo un vero alleato, gli altri invece partner necessari per garantire un minimo livello di stabilità alla Siria e all’interesse russo fondamentale: un accesso sicuro al Mediterraneo Orientale tramite la base navale di Tartus, acquisita subito dopo l’intervento nella guerra civile del 2011.

NORD STREAM: CONTRORDINE COMPAGNI!

La rivoluzione non è un pranzo di gala, diceva Mao. E tanto meno lo è una guerra. Se vai in guerra lo devi sapere. Ma noi non siamo in guerra, almeno teoricamente, e non abbiamo fatto nulla per meritarci questa stampa da Minculpop, che si è consegnata mani e piedi alla propaganda e vive di pessime veline. Prendiamo l’ultimo caso, il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 nel Mar Baltico. È stato ovviamente un sabotaggio: i sismografi degli svedesi hanno subito registrato le esplosioni e non esiste che si producano 4 falle nello stesso tempo in due gasdotti diversi. Ovviamente, la “stampa di qualità” parla subito, addirittura pochi minuti dopo i fatti, di un complotto della Russia. Con il corollario indispensabile che, se ne dubiti, se un alleato di Putin. È l’ennesimo, ridicolo contrordine compagni a cui dovremmo ubbidire.

REFERENDUM, L’ARMA TOTALE DEL CREMLINO

Chi temeva che dal discorso di Vladimir Putin uscisse una dichiarazione ufficiale di guerra all’Ucraina, ora deve preoccuparsi ancora di più. Non per la mobilitazione parziale annunciata dal Presidente e quantificata in 300 mila uomini (“Con concreta esperienza militare e secondo le specializzazioni richieste dai comandi delle forze armate”) dal ministro della Difesa Shoigu, ma per la decisione di cui questa mobilitazione è solo la conseguenza. Ovvero, la decisione di far svolgere nella Repubblica di Donetsk, in quella di Lugansk e nei territori “liberati” delle regioni di Kherson e Zaporozhye i referendum per l’annessione alla Russia.

SE PUTIN CI GUARDA NEGLI OCCHI

di Marco Bordoni     “Russia, dove stai volando, dà una risposta! Non dà risposta.” diceva a suo tempo Gogol. Non è proprio così. La risposta la dà eccome. Certo, non è una risposta che ci piace, quella di Putin. Ma il fatto che non siamo disponibili a considerarla seriamente non la rende meno chiara. Capire le intenzioni dei Russi è facile. Basta ascoltarli ed osservarli con attenzione. “Sappiamo che la disintegrazione del nostro stato è una possibilità e ne stiamo discutendo apertamente”, dice Sergej Karaganov, presidente del Consiglio di Difesa e Politica estera russo, e prosegue: “gli obiettivi [dei nostri avversari] sono cambiati: prima erano la deterrenza e il contenimento, ora il collasso della Federazione”. Il primo dato è, quindi, che le elite russe sono consapevoli della natura esistenziale dello scontro in atto.

LITUANIA E ZELENSKY DECIDONO TUTTO? ANCHE NO

Nel frenetico scambio di lettere tra la Commissione Europea e il Governo della Lituania, l’ultima proposta pare sia questa: la Ue farebbe un’eccezione alle sanzioni e permetterebbe alla Russia di continuare a rifornire l’exclave di Kaliningrad attraverso i 90 chilometri di territorio lituano tra la Bielorussia e, appunto, Kaliningrad, a patto che la Russia non aumenti il volume delle merci attualmente trasportate verso l’exclave. L’idea è che evitare, in questo modo, che il porto di Kaliningrad diventi lo strumento del Cremlino per importare ed esportare e alleviare il peso della guerra economica decretata da Usa e Ue. Il timore è invece che la Russia a un certo punto si stufi e, d’accordo con la Bielorussia, occupi il cosiddetto “corridoio di Suwalki”, interrompendo il confine di terra dei Paesi Baltici con il resto d’Europa e mettendo la Nato, nell’ipotesi più estrema, nella condizione di scegliere (per dirla brutalmente) se affrontare una guerra mondiale per difendere la Lituania (6 milioni di abitanti).