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Posts published in “Editoriali”

REFERENDUM, L’ARMA TOTALE DEL CREMLINO

Chi temeva che dal discorso di Vladimir Putin uscisse una dichiarazione ufficiale di guerra all’Ucraina, ora deve preoccuparsi ancora di più. Non per la mobilitazione parziale annunciata dal Presidente e quantificata in 300 mila uomini (“Con concreta esperienza militare e secondo le specializzazioni richieste dai comandi delle forze armate”) dal ministro della Difesa Shoigu, ma per la decisione di cui questa mobilitazione è solo la conseguenza. Ovvero, la decisione di far svolgere nella Repubblica di Donetsk, in quella di Lugansk e nei territori “liberati” delle regioni di Kherson e Zaporozhye i referendum per l’annessione alla Russia.

GUERRA IN RETE, VINCE L’UCRAINA

Non c’è mai voluto molto per farsi dare, con disprezzo, del “putiniano”. A me è bastato scrivere, in anni passati, che Vladimir Putin godeva in patria di un consenso reale (oltre, ovviamente, a quello costruito dal sistema), cosa che era lapalissiana già allora ma che col tempo è apparsa evidente. E che la Russia, nel confronto con l’Occidente e con gli Usa in particolare, aveva dei torti ma non tutti i torti. Ovviamente con il 24 febbraio tutto è cambiato. Ma l’ossessione per i putiniani, per la propaganda del Cremlino, per l’azione di quinte, seste e settime colonne della causa russa no. Anzi, è cresciuta in misura esponenziale. La cosa non cessa di stupirmi. Tutta la stampa nazionale e internazionale è compattamente schierata con l’Ucraina. Idem per le Tv, statali o private. La Rete: sono su Twitter e cerco di seguire il più possibile, ma la proporzione dei tweet che visualizzo è di uno a dieci almeno. Uno filorusso per dieci filoucraini.

IL RAPPORTO AMNESTY E I TRE PORCELLINI

Il rapporto di Amnesty International che ha fatto tanto infuriare i trinariciuti nostrani alla fin fine è un quasi banale esercizio di giornalismo, quel giornalismo che così tanto manca alla narrazione della guerra nata dall’invasione russa dell’Ucraina. A differenza di quanto sostiene il presidente Zelensky, nel Rapporto non c’è alcun tentativo di “spostare le responsabilità” né di mettere sullo stesso piano in contendenti. Nel Rapporto, per esempio, si parla esplicitamente dell’uso di bombe a grappolo (vietate dal diritto internazionale) da parte della Russia, ed è solo un esempio.

ZELENSKY, ADDIO AL CERCHIO MAGICO

“Ho decido di rimuovere dall’incarico il procuratore generale (Iryna Venediktova, n.d.r.) e il capo del servizio di sicurezza SBU (Igor Bakanov, n.d.r.) dell’Ucraina. Fino a oggi sono stati registrati 651 procedimenti penali per alto tradimento a carico di collaboratori della Procura degli organismi d’indagine e di altre forze dell’ordine. In 198 casi le persone interessate sono state raggiunte da un avviso di garanzia. In particolare, 60 collaboratori della Procura e dell’SBU sono rimasti nei territori occupati e lavorano contro il nostro Stato”. Quindi è questa, nelle parole dello stesso presidente Zelensky, la colpa che la Venediktova e Bakanov devono scontare. I due sono ora nel limbo, tra l’accusa di incapacità e quella di complicità in tradimento.

LITUANIA E ZELENSKY DECIDONO TUTTO? ANCHE NO

Nel frenetico scambio di lettere tra la Commissione Europea e il Governo della Lituania, l’ultima proposta pare sia questa: la Ue farebbe un’eccezione alle sanzioni e permetterebbe alla Russia di continuare a rifornire l’exclave di Kaliningrad attraverso i 90 chilometri di territorio lituano tra la Bielorussia e, appunto, Kaliningrad, a patto che la Russia non aumenti il volume delle merci attualmente trasportate verso l’exclave. L’idea è che evitare, in questo modo, che il porto di Kaliningrad diventi lo strumento del Cremlino per importare ed esportare e alleviare il peso della guerra economica decretata da Usa e Ue. Il timore è invece che la Russia a un certo punto si stufi e, d’accordo con la Bielorussia, occupi il cosiddetto “corridoio di Suwalki”, interrompendo il confine di terra dei Paesi Baltici con il resto d’Europa e mettendo la Nato, nell’ipotesi più estrema, nella condizione di scegliere (per dirla brutalmente) se affrontare una guerra mondiale per difendere la Lituania (6 milioni di abitanti).

LISTE DI PUTINIANI E VERI PROBLEMI

Chiedo scusa a tutti quelli coinvolti ma le varie e ormai famose “liste dei putiniani”, al netto delle miserie giornalistiche, sono una vera fregnaccia. Ci sono, per quanto riguarda l’informazione e la propaganda, problemi ben più seri di cui occuparsi. Faccio una premessa personale: ho scritto spesso, fino alla vigilia dell’invasione russa in Ucraina, che non ci sarebbe stata alcuna guerra. Era l’epoca in cui moltissimi, me appunto incluso, pensavano (io ancora lo penso) che una guerra sarebbe stata (anche) contro gli interessi della Russia e che per questo un leader razionale e cinico come Vladimir Putin non l’avrebbe intrapresa.  Lo scrivevo in settimane in cui a dirlo e ripeterlo, oltre a tantissimi ucraini e russi, c’erano anche osservatori più o meno insigni e, per fare solo un paio di nomi, leader politici come Macron (“Non ci sarà alcuna escalation militare”, disse il presidente francese dopo la visita a Mosca) e Volodymyr Zelensky. Previsione sbagliatissima, come si vede.

GUERRA IN UCRAINA, REALTA’ E SOGNI

L’intera classe politica occidentale, da Joe Biden a Mario Draghi, dalla ministra tedesca della Difesa Baerbock (che a tratti pare essere il vero cancelliere) al premier polacco Morawiecki, è impegnata a ripetere ogni giorno, più volte al giorno, che la Russia deve essere sconfitta in Ucraina. Per la verità nelle ultime settimane c’è stato uno slittamento linguistico significativo: da “la Russia deve essere sconfitta” si è passati a “la Russia non deve vincere”, che forse è l’indice di una più cauta pretesa. Chissà. Però, anche quando ci fossimo ripetuti per l’ennesima volta ciò che tutti sappiamo ( ovvero che il cattivo, qui, è la Russia, l’invasore è il Cremlino, gli occupanti le truppe russe), ancora non potremmo sottrarci al confronto con la realtà dei fatti. Che in sintesi oggi dicono questo: dopo più di tre mesi di guerra la Russia non dà segni di volersi fermare; le sanzioni più massicce della storia (che come dice Draghi, si faranno sentire in estate…) non hanno ancora convinto la classe politica russa a cambiare linea; il territorio ucraino “occupato”, che era il 7% (tra Crimea e Repubbliche del Donbass) prima del 24 febbraio, ora è il 20%, e forse sarà di più nelle prossime settimane; e l’esercito ucraino, pur riorganizzato, rinforzato (nel 2021 Zelensky ha dedicato il 4,1% del Più alle forze armate), addestrato dagli ufficiali occidentali e armato (quasi) in ogni modo da mezzo mondo, in questa fase pare alle strette.

UCRAINA: I VOLONTARI, L’EROE E IL MAGNATE

La Russia è l’aggressore e l’Ucraina l’aggredito. L’Europa si sente minacciata, se non altro dalle conseguenze delle azioni del Cremlino. La Russia stessa si sta avvitando in una spirale di azione e reazione che recide una serie di legami con l’Occidente (economici, politici, culturali) in un trauma di portata storica. E stiamo parlando di una Russia che, pur essendo un Paese dalla natura duale (europea e asiatica insieme), ospita il 60% della popolazione nella parte non a caso detta “Russia europea”. Tante altre cose si potrebbero dire ma su queste credo sia possibile ipotizzare un’ampia convergenza.

OPERAZIONE SPECIALE, NELLA TESTA DEI RUSSI

Il VTsIOM, ovvero il Centro panrusso per lo studio della pubblica opinione, ha appena pubblicato un sondaggio svolto a Mosca, la capitale. Tema, ovviamente: la “operazione speciale”, ovvero la guerra, in Ucraina. Risultati: il 58% dei moscoviti approva la “operazione speciale”, con un incremento dei “sì” del 4% nell’ultimo mese. Il 55% ritiene che ora si debba andare avanti e proseguire nel conflitto (più 8% nell’ultimo mese). Il 52%, anche se potesse, non vorrebbe tornare indietro nel tempo e annullare l’invasione. Il 72% è convinto che il Governo saprà trovare le giuste misure per rispondere alle sanzioni economiche occidentali.

LA NOTTE CHE CALA SULLA RUSSIA

di Fulvio Scaglione        Cala su Mosca e su tutta la Russia una notte buia e cattiva che lacera l’animo di tutti coloro che hanno amato e amano questo grande Paese. La Duma ha approvato all’unanimità un provvedimento che porta a 15 anni di prigione la pena per chi diffonde “false informazioni” sulle spedizioni militari. E in modo agghiacciante e sinistro Sholban Kara Ooh, vice presidente della Camera bassa del Parlamento, grande sostenitore del provvedimento, ricorda che “i nostri padri, quando si facevano prendere dal panico al fronte, venivano fucilati sul posto”. Prima di lui, anche l’ex riformista e liberale Dmitrij Medvedev, già primo ministro e Presidente, aveva evocato il ritorno della pena di morte , in Russia eliminata dal 1996.