di Giuseppe Gaglliano – Le definizioni di terrorismo di stato fornite dagli esperti internazionali convergono su alcuni elementi chiave che delineano questo fenomeno. Secondo Robert Pape, il terrorismo di stato si manifesta attraverso l’uso deliberato della violenza contro civili da parte di uno Stato per ottenere obiettivi politici, economici o ideologici. Questa definizione sottolinea l’intenzionalità della violenza diretta contro civili innocenti per raggiungere scopi specifici. Noam Chomsky approfondisce questo concetto, descrivendo il terrorismo di stato come l’uso della violenza da parte di uno stato per intimidire o coartare una popolazione o un gruppo di popolazioni, al fine di ottenere conformità o sottomissione. Il focus è posto sull’intimidazione e sulla coercizione come strumenti per controllare la popolazione.
Michael Stohl amplia ulteriormente la definizione, includendo non solo l’uso diretto della violenza, ma anche il supporto e la tolleranza di atti di violenza da parte dello Stato per incutere terrore nella popolazione e influenzarne il comportamento o quello di un gruppo politico. Questo approccio mette in luce la complicità dello stato nel perpetrare o sostenere la violenza. Johan Galtung enfatizza l’aspetto sistematico del terrorismo di stato, definendolo come l’uso sistematico della violenza da parte delloStato per raggiungere obiettivi politici, economici o sociali, spesso attraverso la repressione e il controllo della popolazione. L’accento è posto sulla natura continuativa e organizzata della violenza statale.
Alex Schmid introduce un elemento di legalità nella definizione, descrivendo il terrorismo di stato come l’uso illegale della forza o della violenza da parte di uno stato contro i suoi stessi cittadini o contro i cittadini di un altro Stato, per raggiungere obiettivi politici. Questa prospettiva mette in evidenza l’illegalità e l’obiettivo politico dell’uso della forza. Infine, Bruce Hoffman definisce il terrorismo di stato come l’uso di azioni violente da parte di un governo per intimidire o coercere una popolazione o un segmento di essa per conseguire obiettivi di governo. Anche in questa definizione, l’uso della violenza per intimidire e coercere è centrale.
In sintesi, tutte queste definizioni convergono sul concetto che il terrorismo di Stato è caratterizzato dall’uso sistematico e intenzionale della violenza da parte dei governi per raggiungere obiettivi politici, economici o ideologici, attraverso l’intimidazione, la coercizione e il controllo delle popolazioni civili, spesso in modo illegale e continuativo. Secondo l’approccio metodologico di questi studiosi, Israele indubbiamente sta portando in essere un vero terrorismo di Stato che si concretizza in questi principali aspetti.
Punizioni collettive – La pratica delle punizioni collettive è ufficialmente adottata dallo Stato israeliano e si basa sul principio della responsabilità collettiva. Questa strategia prevede la sanzione di intere famiglie per i presunti crimini commessi da uno dei loro membri. Ad esempio, il 30 gennaio 2023, Netanyahu ha annunciato la revoca dei documenti di identità e delle assicurazioni sociali per le famiglie accusate di sostenere il terrorismo. Ha inoltre ordinato la demolizione delle loro abitazioni. Questa politica, documentata da Amnesty International, viola il diritto umanitario internazionale e crea un clima di terrore tra i palestinesi, che vivono costantemente con la paura di essere puniti per azioni non commesse.
Retorica di genocidio – Le minacce di genocidio sono parte integrante della retorica di alcuni alti funzionari israeliani. Il 5 novembre 2023, il ministro israeliano Amihai Eliyahu ha dichiarato che l’uso della bomba atomica contro Gaza era considerato un’opzione dal governo. Dichiarazioni simili sono state fatte in passato, creando un clima di terrore tra i palestinesi. Un altro esempio è Moshe Feiglin, fondatore del partito Zehut, che ha proposto la distruzione totale di Gaza con armi convenzionali, paragonando l’operazione ai bombardamenti di Dresda e Hiroshima. Queste minacce pubbliche mantengono i palestinesi in uno stato di costante paura per la loro sopravvivenza.
Arma della fame – Israele utilizza la fame come strumento di guerra, bloccando gli aiuti umanitari. Un tragico esempio è la “strage del pane” del 29 febbraio 2024, quando i soldati israeliani hanno sparato sui palestinesi che cercavano di raccogliere cibo dai camion degli aiuti, uccidendo almeno 115 persone. Dopo questo evento, il ministro Ben-Gvir ha dichiarato di essere contrario alla fornitura di cibo e aiuti umanitari a Gaza. Questo controllo strategico della fame deprime la popolazione e intensifica il terrore, poiché le persone devono affrontare il rischio di essere uccise mentre cercano di procurarsi il cibo necessario per sopravvivere.
Violenza sistemica sulle infrastrutture – La violenza sulle infrastrutture da parte di Israele è onnipresente e sistematica. Questo tipo di violenza non si limita a episodi isolati, ma è integrato nelle pratiche quotidiane dello Stato. Ad esempio, durante il bombardamento di Gaza, i palestinesi non hanno alcun luogo sicuro dove rifugiarsi, poiché il controllo israeliano è totale e pervasivo. Il potere infrastrutturale dello Stato si manifesta attraverso istituzioni e pratiche legittimate che esercitano un controllo regolare e capillare su tutto il territorio palestinese. Questa costante presenza della violenza statale crea un ambiente di paura perpetua, rendendo impossibile una vita normale.
Discorsi di deresponsabilizzazione – La retorica della deresponsabilizzazione è uno strumento utilizzato per spostare la colpa delle violazioni sui singoli leader piuttosto che sullo Stato israeliano. Questo discorso permette alle democrazie occidentali di evitare responsabilità per le azioni di Israele, mantenendo al contempo il supporto allo Stato israeliano. Ad esempio, la strage di Sabra e Shatila del 1982, ben prima dell’ascesa di Netanyahu, dimostra che le violazioni sistematiche dei diritti umani sono radicate nelle politiche israeliane. Attribuire tutte le colpe a Netanyahu consente all’Occidente di ignorare le proprie responsabilità e di continuare a supportare Israele nonostante le sue pratiche oppressive.
Alla luce di questi indicatori le interpretazioni degli studiosi precedenti diventano utilissimi per fornirci una griglia interpretativa efficace per leggere il modus operandi di Israele. In sintesi, le azioni di Israele possono essere considerate come terrorismo di Stato perché comportano l’uso sistematico e deliberato della violenza e dell’intimidazione contro i civili palestinesi per ottenere obiettivi politici, economici e di sicurezza. Queste azioni, che includono demolizioni di case, revoca di documenti, minacce di genocidio, blocchi umanitari e violenza infrastrutturale, creano un clima di terrore e sottomissione tra la popolazione palestinese, rispecchiando le definizioni di terrorismo di stato fornite dagli esperti.
di Giuseppe Gagliano
Bibliografia
1. Robert Pape – Dying to Win: The Strategic Logic of Suicide Terrorism (2005).
2. Noam Chomsky: Hegemony or Survival: America’s Quest for Global Dominance (2003).
3. Michael Stohl: The Politics of Terrorism (1988, edito con George A. Lopez).
4. Johan Galtung – Peace by Peaceful Means: Peace and Conflict, Development and Civilization (1996).
5. Alex Schmid – Political Terrorism: A Research Guide to Concepts, Theories, Data Bases and Literature (1984, co-autore Albert J. Jongman).
6. Bruce Hoffman – Inside Terrorism (1998).
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