L’accoltellamento del governatore della regione di Murmansk, Andrej Chibis, non è un caso unico nella storia della Russia contemporanea. Anzi, ci sono stati quattro attentati alla vita di governatori. Il 18 ottobre del 2002, a Mosca, sul centralissimo Novy Arbat, il governatore della regione di Magadan, Valentin Tsvetkov, fu ucciso vicino all’ufficio della rappresentanza regionale. L’assassino, che aspettava accanto al portone, sparò a Tsvetkov alla testa, uccidendolo sul colpo. Quattro imputati furono poi condannati a pene da 9 a 13,5 anni di carcere. Tsvetkov aveva 54 anni.
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di Pietro Pinter La presenza ai vertici politici – nella fattispecie al ministero della Difesa, con Sergey Shoigu e alla vicepresidenza della Duma con Sholban Kara Ooh – di due nativi della piccola Repubblica di Tuva, uno dei soggetti federali più poveri della Federazione Russa, ci porta a fare alcune considerazioni sul ruolo delle minoranze etniche nell’architettura dello Stato russo. L’impero russo è notevolmente ridotto rispetto ai fasti zaristi e sovietici. Sembrano ormai lontani, anche se non lo sono, i tempi in cui l’Asia Centrale, i Paesi baltici, l’Europa orientale e il Caucaso facevano parte di un’unica entità politica, con centro a Mosca, imperniata sull’heartland e sul popolo russi.