Riassumendo: il presidente ucraino Zelens’kyj, dopo aver partecipato all’Assemblea generale dell’Onu, si reca in visita ufficiale in Canada. Qui viene accompagnato in Parlamento dal premier Trudeau. Nell’aula gremita e partecipe, il presidente del Parlamento canadese, tal Anthony Rota, fa loro una bella sorpresa: presenta Yaroslav Gunka, 98 anni, ucraino naturalizzato canadese, come un eroe che durante la seconda guerra mondiale ha combattuto i russi. Uragano di applausi dai parlamentari, entusiastici saluti da parte di Zelens’kyj e Trudeau. Peccato che poi salti fuori che il buon Gunka era un ufficiale della Divisione Galizia delle SS, responsabile di molte stragi di ebrei ucraini e polacchi. Mezzo mondo protesta, organizzazioni ebraiche in prima fila. Rota si dimette. In sostanza, una colossale figura di m… Però attenzione: siamo tutti, ormai, un po’ canadesi.
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Chi ama la Russia, anche questa Russia. Chi la vorrebbe al posto che merita, ovvero parte dell’Europa e attore importante nel mondo. Chi ha realmente a cuore le sue sorti. Chiunque non sia preda dei furori ideologici e conservi un minimo di buon senso riconoscerà una cosa: la chiusura di Memorial, decretata ieri dalla Corte Suprema russa, è un’ingiustizia clamorosa. Peggio, è un errore colossale. Tanto più perché avviene in un clima già segnato dalla continua serie di arresti di collaboratori di Aleksey Navalny (a sua volta in carcere a Vladimir), dalla chiusura di altre Ong (Ovd-Info, pochi giorni fa), dal continuo inserimento nella lista degli “agenti stranieri” di organizzazioni e agenzie di stampa varie. Ieri Aleksandr Bastrykin, capo del Comitato investigativo federale, ha detto che l’Occidente conduce una “guerra ibrida” ai danni della Russia, producendo film e videogiochi che vogliono indurre la gioventù russa a disprezzare la patria. Sappiamo bene quale formidabile macchina da propaganda sia Hollywood, ma è normale che il primo investigatore di Russia si abbandoni a una tale inutile e malinconica lamentazione?
di Andrey Kolesnikov Sono passati quasi sessant’anni da quando il corpo imbalsamato di Yosip Stalin fu segretamente rimosso dalla teca nel mausoleo sulla Piazza Rossa e sepolto sotto le mura del Cremlino. Eppure il dittatore sovietico, responsabile della morte di milioni di sovietici, si rifiuta di rimanere morto e sepolto. Nel maggio 2021, il 56% dei russi intervistati dal Levada Center concordava sul fatto che Stalin fosse “un grande leader”, il doppio rispetto al 2016, quando la stalinizzazione della coscienza di massa era già una chiara tendenza da diversi anni. Il guaio è che il pantheon degli dei sovietici è obsoleto da prima dei giorni della perestrojka, ma non è stato sostituito da nuovi eroi. C’è sempre il presidente Vladimir Putin, certo, ma anche lui ha perso metà del suo fascino come grande figura storica negli ultimi anni: nel 2017, il 32% dei russi intervistati considerava il Presidente la figura più importante della storia russa, lassù con il poeta Alexander Pushkin, e superato solo da Stalin. Ora, con il 15%, è solo tra i primi cinque, dietro a Pietro il Grande e appena davanti a Yury Gagarin, il primo uomo nello spazio.