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SE PUTIN CI GUARDA NEGLI OCCHI

di Marco Bordoni     “Russia, dove stai volando, dà una risposta! Non dà risposta.” diceva a suo tempo Gogol. Non è proprio così. La risposta la dà eccome. Certo, non è una risposta che ci piace, quella di Putin. Ma il fatto che non siamo disponibili a considerarla seriamente non la rende meno chiara. Capire le intenzioni dei Russi è facile. Basta ascoltarli ed osservarli con attenzione. “Sappiamo che la disintegrazione del nostro stato è una possibilità e ne stiamo discutendo apertamente”, dice Sergej Karaganov, presidente del Consiglio di Difesa e Politica estera russo, e prosegue: “gli obiettivi [dei nostri avversari] sono cambiati: prima erano la deterrenza e il contenimento, ora il collasso della Federazione”. Il primo dato è, quindi, che le elite russe sono consapevoli della natura esistenziale dello scontro in atto.

Il voto e l’ossessione di Putin

È noto a tutti che Vladimir Putin non è arrivato in grandissimo spolvero al voto (si tratta di rinnovare i 450 seggi della Duma ed eleggere 12 governatori regionali) che la Russia ha affrontato in questi giorni. Gli indizi del nervosismo del Presidente sono evidenti, dalla misteriosa “vacanza” di quattro giorni trascorsa con il ministro della Difesa Shoigu in una località segreta della Siberia all’autoisolamento deciso dopo che, secondo le informazioni ufficiali, molti membri del suo staff sono risultati affetti da Covid. Curioso sistema di difesa (e il vaccino? e i tamponi? e i controlli?) che fa il paio con la vaccinazione, che Putin fece senza mostrarsi e senza rivelare con quale vaccino. E poi ci sono i segnali di qualche smottamento nella cosiddetta “verticale del potere”, cioè in quella struttura centralizzata di gestione del Paese che è stata forse il più vero e significativo successo di Putin. Prima del voto sono stati innumerevoli gli alti funzionari che, nelle diverse regioni, sono stati silurati con la classica accusa di corruzione. E ci sono personaggi fino a ieri importanti che paiono caduti in profonda disgrazia: per esempio Dmitrij Medvedev, già premier e Presidente, in teoria capo del partito putiniano Russia Unita ma del tutto assente dalla campagna elettorale.

RUSSIA E UCRAINA, LE CRISI PARALLELE (2)

(2. continua)

La nomina di Mikhail Mishustin a primo ministro è un esempio perfetto. Ingegnere informatico, Mishustin ha cominciato la propria carriera a Mosca, nei primi anni Novanta, nel Club Internazionale del Computer, organizzazione che cercava di mettere in contatto le aziende tecnologiche occidentali con gli esperti e i funzionari statali russi. Mishustin coltivava rapporti con i manager di colossi come Intel, Hewlett-Packard, IBM, Motorola, Apple, e nel 1997 ebbe anche occasione di incontrare Bill Gates durante un forum organizzato a Mosca dal Club di cui era intanto diventato vice-presidente. Poi, come si sa, l’ingresso nell’apparato fiscale e la scalata fino al vertice, posizione consolidata con i risultati: Mishustin ha informatizzato il sistema e l’ha trasformato, da quel baraccone corrotto che era, in una struttura moderna e funzionante. Tra il 2014 e il 2018 la riscossione dell’Iva è cresciuta del 64%.