Nel frenetico scambio di lettere tra la Commissione Europea e il Governo della Lituania, l’ultima proposta pare sia questa: la Ue farebbe un’eccezione alle sanzioni e permetterebbe alla Russia di continuare a rifornire l’exclave di Kaliningrad attraverso i 90 chilometri di territorio lituano tra la Bielorussia e, appunto, Kaliningrad, a patto che la Russia non aumenti il volume delle merci attualmente trasportate verso l’exclave. L’idea è che evitare, in questo modo, che il porto di Kaliningrad diventi lo strumento del Cremlino per importare ed esportare e alleviare il peso della guerra economica decretata da Usa e Ue. Il timore è invece che la Russia a un certo punto si stufi e, d’accordo con la Bielorussia, occupi il cosiddetto “corridoio di Suwalki”, interrompendo il confine di terra dei Paesi Baltici con il resto d’Europa e mettendo la Nato, nell’ipotesi più estrema, nella condizione di scegliere (per dirla brutalmente) se affrontare una guerra mondiale per difendere la Lituania (6 milioni di abitanti).
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Giusto trent’anni fa, il 17 marzo del 1991, l’URSS chiedeva ai propri cittadini, tramite referendum, se era ancora desiderata o no, se doveva continuare a vivere o morire. Era il Vsesojuznyj referendum o sochranenii SSSR, il Referendum dell’intera Urss sulla conservazione dell’URSS, già dal nome un assurdo storico mica male.
Tra Russia e Lituania può scoppiare una grave crisi diplomatica. Tutto a causa di un tenente e dei fatti del 13 gennaio 1991. Nel marzo del 1990, infatti, il Parlamento lituano aveva proclamato l’indipendenza. Dopo vari tentativi di bloccare il processo e far rientrare la crisi, Mikhail Gorbaciov rivolse (10 gennaio 1991) un ultimatum affinché Vilnius riconoscesse la sovranità sovietica, minacciando un intervento militare. Nei giorni successivi la popolazione lituana cominciò a raccogliersi intorno alla sede della televisione e del Parlamento finché il 13 gennaio le truppe e i corpi speciali sovietici, appoggiati da mezzi corazzati, passarono all’attacco. Nelle operazioni per disperdere la folla morirono 13 persone e altre 140 furono ferite. Uno dei carri armati sovietici era comandato, appunto, dal ventiduenne tenente Yuriy Mel’.