di Fulvio Scaglione
Per la sesta domenica consecutiva le strade di Minsk, capitale della Bielorussia, hanno assistito alle manifestazioni pacifiche degli oppositori e all’intervento, spesso brutale, delle forze di sicurezza che il presidente Lukashenko lancia contro i cortei che inalberano la bandiera bianco-rosso-bianca. Le letture che in Occidente si danno di questa crisi sono quasi sempre inutilmente arzigogolate. E lo sono sia quelle di chi segue le proteste con simpatia sia quelle di chi, invece, le osteggia. Non è vero che la crisi della Bielorussia ricorda quella della Polonia degli anni Ottanta o quella dell’Ucraina dell’Euromaidan del 2014. Per una ragione molto semplice: non c’è, nelle proteste di Minsk, quel marcato tono anti-sovietico o anti-russo che ha caratterizzato gli eventi di Danzica e di Kiev.